Ebola: il contagio si allarga

L'epidemia non accenna a rallentare e colpisce anche i medici. L'Oms invita a intensificare gli sforzi
Operatori di Medici senza frontiere con le tute protettive.|STRINGER/REUTERS

Non si ferma l'epidemia di ebola nell'Africa occidentale. È infatti dei giorni scorsi la notizia del primo decesso in Nigeria: un quarantenne è morto nella capitale, Lagos, alcuni giorni dopo esservi giunto con un volo aereo proveniente dalla Liberia. L'ospedale in cui era ricoverato è stato immediatamente chiuso e sottoposto a bonifica. Ma l'allerta è altissimo, anche perché non tutti i passeggeri del volo su cui viaggiava l'uomo sono stati rintracciati, e il rischio di contagio è elevato.


Sheikh Umar Khan, medico della Sierra Leone deceduto martedì. | REUTERS

MEDICI A RISCHIO. Intanto, l'epidemia continua a mietere vittime in Guinea – dove ha avuto origine – in Sierra Leone e in Liberia. Il bilancio provvisorio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità parla di 672 morti e almeno 1.200 contagiati, ma i numeri crescono di giorno in giorno. Il personale sanitario è particolarmente a rischio. Le tute, le maschere e i guanti protettivi non sono bastati a salvare il medico trentanovenne Sheikh Umar Khan, una eroe nazionale in Sierra Leone, deceduto martedì dopo che nei mesi scorsi si era preso cura di oltre 100 pazienti e aveva addestrato decine di colleghi. La stessa sorte è toccata a Samuel Brisbane, che assisteva i malati nell'ospedale di Monrovia (Liberia), mentre fra i contagiati figurano anche un medico statunitense e una sua collaboratrice.

MENO LETALE, PIÙ CONTAGIOSA. Solitamente circoscritte e di breve durata, le epidemie di ebola che si sono succedute periodicamente dalla metà degli anni Settanta non avevano mai raggiunto le grandi città, e il numero delle vittime si era sempre fermato sotto quota 450. Quella in corso ha un tasso di mortalità più basso (attorno al 60 per cento, contro picchi del 90 per cento registrati in passato), ma questo è in parte all'origine della sua corsa inarrestabile. Infatti, chi non ha più sintomi è rimandato a casa, ma continua a essere contagioso per un certo periodo (per questo, per esempio, si consiglia a chi è dimesso dai centri di cura di astenersi dai rapporti sessuali per alcune settimane).
Dopo un sopralluogo nelle aree colpite, avvenuto fra il 21 e il 25 luglio, l'Oms ha invitato i Paesi colpiti a rafforzare le misure per fermare la malattia, coinvolgendo anche rappresentanti della società civile. L'obiettivo è far giungere alla popolazione informazioni chiare e precise su come proteggersi e sulla necessità di recarsi in ospedale se si sospetta di essere stati contagiati, prima ancora che si manifestino i sintomi.
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