Domani è Natale e augurandovi Buone Feste non possiamo che completare il nostro Speciale natalizio che ci accompagna ormai da tre settimane analizzando la “culla” (di nome e di fatto) di queste festività.
Osservando attentamente la Natività, si nota la forte valenza simbolica dei personaggi che dominano la scena. Giuseppe e Maria: Giuseppe, simbolo maschile, rappresenta la responsabilità operosa, investita del compito di vigilare sul Bambino, restando in linea con la volontà divina ed in perfetta umiltà e modestia; virtù questa, sottolineata dai suoi abiti scuri (di solito marrone, il colore della terra) e dismessi. Maria, invece, è il simbolo della virtuosa e sacra maternità, archetipo femminino, mentre il suo manto azzurro riecheggia il cielo, da dove proviene il figlio divino.
Bue e asinello: Nei Vangeli di Luca e Matteo non si parla di animali presenti al momento della Natività. La loro collocazione tradizionale nel presepio sarebbe nata qualche secolo dopo: quando la Bibbia è stata tradotta dal greco al latino, nel libro di Abacuc, uno dei libri dell’Antico Testamento, la frase “in mezzo a due età”, è stata tradotta “in mezzo a due animali”.
Magi: il Vangelo di Matteo è l’unico a raccontare dei Magi, parlando di “alcuni Magi” che giunsero da Oriente a Gerusalemme (Mt 2,1); offrendo oro, incenso e mirra (Mt 2, 11). L’oro è il simbolo di scintilla divina, amore, conoscenza, sapienza e sapienzalità; l’incenso è l’essenza che nei processi alchemici purifica, usato tuttora nelle funzioni liturgiche cattoliche, mentre la mirra è la sostanza resinosa usata dagli Egizi nei processi di imbasamazione, rappresentando l’immortalità. Il Vangelo, poi, non dice i nomi dei Magi. E’ stata la religiosità popolare, forse a partire dal VIII, a chiamarli Melchiorre, Baldassarre e Gaspare. Melchiorre è il più anziano ed il suo nome deriva da Melech (re); Baldassarre deriva da Balthazar, mitico re babilonese, quasi a sugerire la sua regione di provenienza; mentre Gaspare, per i greci Galgalath, significa “signore di Saba”. Il numero 3 ha una forte valenza simbolica. Per alcuni indicherebbe le 3 razze umane, discendenti dai 3 figli di Noè: Sem, Cam e Iafet. Nell’antichità i Magi erano gli studiosi delle scienze occulte, qualcosa di simile agli scienziati che studiavano astronomia, matematica, fisica, chimica ecc. In questo caso, i Magi che vengono da Oriente rappresentano probabilmente i popoli pagani cui arriva la salvezza di Dio. Una leggenda narra che i resti mortali dei Magi furono recuperati da Sant’Elena e portati a Costantinopoli. Nei 1034, le reliquie vennero trasportate a Milano in un’arca e depositate nella Chiesa di Sant’Eustorgio, ancora oggi luogo di pellegrinaggio.
Stella cometa: la guida dei Magi è una cometa, oggetto celeste che ha d sempre attratto, sbigottito e talvolta atterrito i potenti e gli uomini. Giotto è uno di questi, quado nel 1299 gli appare la cometa di Halley e nel 1302 la dipinge sopra la capanna nei suoi celebri affreschi della cappella degli Scrovegni. Spesso le comete erano viste come ruote infuocate, spade celesti, segni del cielo, simboli di speranza, luce proveniente dall’alto. La cometa è simbolicamente la luce interiore che conduce i Magi a Colui che è fonte di quella luce. Tanti sono i Santi raffigurati con le stelle: San Bruno (con 6 stelle attorno al capo); San Domenico di Guzman (con una stella in fronte o sul capo, indice di illuminazione sapienza, nonché di prescelto); San Tommaso d’Aquino (raffigurato con una stella perché durante un periodo di malattia, mentre si trovava a Napoli, fu vista una grande stella che venne a visitarlo).
Mangiatoia e grotta: il Vangelo di Luca riferisce che, dopo la sua nascita, Gesù venne deposto in una mangiatoia, non specificando l’edificio in cui il piccolo si trovava, mentre il Vangelo di Matteo parla di una casa. L’Apocrifo Protovangelo di Giacomo dice che Gesù nacque in una grotta. La nascita nella grotta è attestata anche dall’apologeta cristiano Giustino Martire che, nel suo Dialogo con Trifone, racconta di come la Sacra Famiglia si fosse rifugiata in una grotta al di fuori della città di Betlemme, e da Origene di Alessandria che, intorno all’anno 247 d.C., scrive di una grotta nella città di Betlemme ritenuta dalla popolazione locale quale luogo di nascita di Gesù e di come quella grotta fosse stata un luogo di culto di Tammuz, divinità mesopotamica. Trovandosi all’interno della terra, la grotta è il simbolo del centro del mondo, è il luogo della nascita o della rinascita. E’ evidente il riferimento al culto mithraico e alla grotta dei Misteri di Mithra.
Angelo: il Vangelo di Luca riporta che un angelo annunciò al pastori la nascita del Salvatore. Si tende ad individuare l’angelo dei pastori con l’Arcangelo Gabriele, che aveva già annunciato la nascita di Giovanni Battista e di Gesù. Il suo nome deriva dall’ebraico Gauri’el (la forza di Dio), “Dio è forte” o anche “l’eroe di Dio”. Per i musulmani è stato il tramite attraverso cui Dio rivelò il Corano a Maometto.
Pozzo: diverse leggende natalizie si guardano bene dall’attingere l’acqua dal pozzo nella notte di Natale, ritenendo che sia contaminata da spiriti diabolici, capaci di possedere la persona che beve l’acqua.
Fontana: la donna alla fontana attiene alla figura della Madonna che, secondo varie tradizioni, avrebbe ricevuto l’Annunciazione mentre attingeva alla fonte.
Ponte: rappresenta il tramite e il limite che collega il mondo dei vivi con quello dei morti; un luogo di spaventosi incontri notturni durante il periodo natalizio.
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