Datagate, Corte Ue: i dati personali di Facebook negli Usa non sono protetti

Lussemburgo invalida la decisione della Commissione europea, che si era espressa con parere favorevole alla detenzione in territorio americano delle informazioni private degli utenti del Vecchio Continente

Sulla privacy di Facebook è scontro tra la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Commissione Ue. La prima ha invalidato una decisione della seconda che riteneva sicura la conservazione negli Usa dei dati di utenti del social network residenti nel Vecchio Continente. Per Lussemburgo, infatti, "una normativa come quella statunitense che consenta alle autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata", in contrasto con i principi europei in materia di privacy.

La causa alla Corte Ue era stata intentata da un cittadino austriaco dopo il Datagate. Da qui la sentenza che invalida la decisione del 2000 della Commissione Ue, secondo la quale gli Stati Uniti garantiscono un adeguato livello di protezione dei dati personali. D'ora in poi a Facebook si potrà vietare di "conservare" negli Usa i dati degli iscritti del Vecchio Continente.

Nella sua lunga e complessa argomentazione, Lussemburgo rileva che le esigenze della sicurezza nazionale Usa "prevalgono sul regime dell'approdo sicuro" al quale sono sottoposti i dati privati dei cittadini europei trasferiti negli Usa, "cosicché le imprese americane sono tenute a disapplicare, senza limiti, le norme di tutela previste".

Facebook raccoglie su un server in Irlanda i dati degli utenti europei e da lì li trasferisce negli Usa. Di conseguenza "il regime americano dell'approdo sicuro rende così possibili ingerenze da parte delle autorità pubbliche americane nei diritti fondamentali delle persone", a detta della Corte. La Commissione, invece, stabilendo in quella sua decisione del 2000 che gli Usa garantivano un adeguato livello di tutela della privacy, ha privato le autorità nazionali di controllo dei loro poteri. Di conseguenza, spetta ora all'autorità irlandese di controllo "esaminare la denuncia" del cittadino austriaco Maximilien Schrems, "con tutta la diligenza necessaria e che a essa spetta, al termine della sua indagine, decidere se, in forza della direttiva, occorre sospendere il trasferimento dei dati degli iscritti europei a Facebook verso gli Stati Uniti perché tale Paese non offre un livello di protezione dei dati personali adeguato".

Un sistema come quello Usa - bacchetta Lussemburgo, - che "autorizza in maniera generalizzata la conservazione di tutti i dati personali di tutte le persone le cui informazioni sono trasferite dall'Unione verso gli Stati Uniti senza che sia operata alcuna differenziazione, limitazione o eccezione in funzione dell'obiettivo perseguito e senza che siano fissati criteri oggettivi intesi a circoscrivere l'accesso delle autorità pubbliche ai dati e la loro successiva utilizzazione", non si può considerare "limitato allo stretto necessario", come prevede il diritto europeo sulla privacy.

Per questo, per la Corte di giustizia Ue, "una normativa che consenta alle autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata".

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