Etruria, direttore di banca confessa



Non mancheranno di suscitare clamore le confessioni di un direttore di Banca Etruria, che ha svelato che una delle procedure più consuete presso l’istituto di credito era quella di vendere dei bond truffa ai clienti che venivano reclutati nelle case di cura e negli ospedali: persone in evidenti condizioni di debolezza e di fragilità, quindi, su cui si puntava per ottenere guadagni. La confessione è stata raccolta dal quotidiano Repubblica ed è stata resa da un direttore di una filiale del centro Italia, di cui non è stato diffuso il nome. Ebbene, secondo tali dichiarazioni i dipendenti della banca avevano diritto ad un premio in denaro a seconda del numero di obbligazioni secondarie che erano in grado di piazzare e vendere ogni settimana.

Ovviamente, a fronte di un incentivo di questo tipo, era cominciata una sorta di caccia all’uomo quasi senza pietà, diretta in modo particolare verso i correntisti più anziani che, come detto, venivano incontrati negli ospedali o nelle case di cura. Spesso, inoltre, li si inseguiva per fingere di incontrarli in maniera casuale. Insomma, le strategie e le procedure erano diverse, ma l’obiettivo era uno solo: quello di truffarli. Sì, perché tutti i dipendenti erano pienamente consapevoli di quel che facevano e tutti erano a conoscenza del fatto che i bond avrebbero avuto l’effetto di rovinare i clienti e di compromettere in maniera seria la loro situazione patrimoniale. Un quadro a tinte davvero fosche, quindi, emerge dalle dichiarazioni rese dal direttore intervistato da Repubblica: un quadro che, per altro, mette in evidenza come le responsabilità di comportamenti tanto gravi e disgustosi non siano da attribuire solo a poche persone, ma ad un gran numero di dipendenti, che ha messo da parte la propria etica e la propria moralità allo scopo di trarre un vantaggio economico consistente



Il direttore intervistato ha spiegato di avere tentato di salvare il maggior numero possibile di correntisti, svelando a molti clienti il trucco e consigliando loro di fare riferimento ad un’associazione di consumatori, in modo particolare dopo che i commissari di Etruria, la scorsa estate, si erano resi conto che i Mifid, cioè i questionari fatti firmare ai clienti, erano stati truccati e il gioco era diventato ancora più sporco. Infatti, dopo quella scoperta i commissari non avevano messo una toppa alla situazione, ma avevano peggiorato le cose facendo firmare di nuovo ai clienti i medesimi prodotti.

Lo stesso direttore di banca si è reso, in qualche modo, colpevole, visto che non ha mai detto la verità ai propri clienti: insomma, ha cercato di salvarli – o almeno questo è quello che sostiene lui – ma astenendosi dall’essere sincero, per evitare che il suo posto di lavoro fosse a rischio. In realtà, la truffa di Banca Etruria non può essere considerata una questione recente, visto che il picco delle vendite si è avuto un paio di anni fa, tra il 2012 e il 2013. Il modus operandi era semplice e truffaldino al tempo stesso: le obbligazioni subordinate venivano proposte a tutti, dalle piccole e medie imprese ai correntisti, dichiarando che il rischio che le caratterizzava era nullo.

Non solo: coloro che presentavano la richiesta di un mutuo se lo vedevano concesso ma maggiorato, con il vincolo di dover comprare i titoli. Ovviamente, le piccole e medie imprese che hanno accettato quelle condizioni oggi si trovano in una situazione di difficoltà, visto che hanno perso tutto con quei titoli. Il fatto che quasi nessuno fosse consapevole della qualità degli strumenti finanziari per cui si firmava ha reso le cose molto più semplici per i truffatori, che molto spesso compilavano in prima persona i questionari Mifid.

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