I cerchi di pietra dei Neanderthal: le costruzioni più antiche


Bruniquel, nel Midi della Francia. Qui si trova la grotta con i cerchi di pietra, le più antiche costruzioni del mondo, opera dell’uomo di Neanderthal.

Le costruzioni realizzate dall’uomo di Neanderthal 176.000 anni fa nella grotta di Bruniquel sono una sensazione. I cerchi di pietra più antichi. Individuati già negli anni Novanta del secolo scorso e oggetto di accurati studi per decenni, finalmente i misteriosi cerchi della caverna francese, sono stati ufficialmente riconosciuti come una costruzione ideata e messa in opera dall’Uomo di Neanderthal, l’ominide estinto intorno a 39.000 anni fa. Quello che per centinaia di millenni era stato l’abitante indiscusso dell’Europa preda della glaciazione. Prima dell’Homo sapiens. Il cacciatore raccoglitore che aveva vissuto periodi di freddo estremo e fasi di clima straordinariamente mite in un continente vasto e libero, percorso da grandi animali come i mammut, i leoni delle caverne o gli elefanti della foresta. Insomma, avremmo a che fare con un’opera di costruzione del primo europeo in assoluto: l’uomo di Neanderthal.

L’universo sconosciuto dell’uomo di Neanderthal

Bruniquel si trova nella Francia del sud, dipartimento di Tarn e Garonna, uno splendido villaggio con poche centinaia di abitanti situato su di un’altura in pieno territorio cataro, in braccio ai Pirenei. Non si respira soltanto aria di storia, a Bruniquel. Anche la preistoria è di casa. Un’epoca remota, che affonda nel Paleolitico e ci riporta la presenza di quel cugino perduto, l’Uomo di Neanderthal. Per molto tempo si è creduto che fosse un bruto, una sorta di creatura bestiale e priva d’intelletto. Oggi sappiamo che non è così. Sono venuti alla luce sempre più reperti, in Europa e fuori dall’Europa, che hanno cambiato completamente la sua immagine.
Innanzitutto un osso ioide scoperto nella caverna di Kebara, in Israele, ha dimostrato che l’uomo di Neanderthal era in grado di parlare. Ciò significa che di certo si serviva di una lingua propria e che comunicava con gli altri individui del suo clan scambiando informazioni e impressioni. La scoperta di lisciatoi (i cosiddetti “lissoirs”) per lavorare le pelli nei ripari francesi – vedi articolo dedicato -ha dimostrato la sua abilità di artigiano che sapeva bene come rendere le pelli morbide e impermeabili e quindi si interessava probabilmente anche al proprio vestiario e comunque all’utilità di oggetti che potevano completare la costruzione di comode abitazioni. Anzi, in questo punto sembra aver preceduto l’Homo sapiens, che forse apprese l’uso dei lisciatoi proprio da lui.
Altri ritrovamenti in diversi giacimenti paleolitici, come penne d’uccello colorate e conchiglie lavorate, hanno dimostrato che l’uomo di Neanderthal aveva un suo senso estetico e sicuramente adornava il proprio corpo. La scoperta di un flauto nella grotta di Divije Babe, Slovenia occidentale, ha dimostrato che l’uomo di Neanderthal costruiva strumenti musicali e quindi faceva della musica, il che significa che la sua fantasia andava ben al di là di ciò che poteva essere il pensiero proprio della vita quotidiana. Infine è stata diffusa di recente l’incredibile scoperta fatta nella grotta di Gibraltar, Gorham Cave, in cui è stato individuato anche un esempio di arte rupestre del Neanderthal, delle linee sovrapposte incise sulla parete rocciosa e dipinte di un colore bluastro.

Veduta del villaggio di Bruniquel situato in un territorio di grande importanza per il Paleolitico. Nelle vicinanze si trova infatti anche il famoso riparo di La Madeleine.Foto: Jules-78120 CC BY SA 3.0
Bisogna aggiungere che il flauto di Divije Babe è un reperto ancora discusso, è vero, alcuni studiosi pretendono che sia opera di animali. Nelle pubblicazioni specialistiche viene fin troppo spesso addirittura ignorato. Il motivo è semplice: nel momento in cui il flauto di Divije Babe fosse riconosciuto all’unanimità come un artefatto della specie di Neanderthal, verrebbe a cadere il primato dell’Homo sapiens “musicista”. E tuttavia vi sono importanti esperimenti di laboratorio realizzati da Giuliano Bastiani – vedi articolo dedicato – che confermano l’origine umana del manufatto e l’attribuiscono all’uomo di Neanderthal.
Solo sculture e importanti pitture parietali ancora ci mancano. Queste sembrano essere, al momento, prerogative dell’Uomo sapiens. Ma vista la velocità con cui si sono avvicendate le scoperte degli ultimi anni e il crescente interesse di esperti e profani per il Paleolitico, non è detto che prossimamente non vengano alla luce anche altri aspetti dell’uomo di Neanderthal. Uno di questi è stato confermato proprio adesso con certezza: i cerchi di Bruniquel. E non sono soltanto i cerchi a risvegliare l’attenzione del mondo sul nostro cugino scomparso, ma anche e soprattutto il loro significato e le implicazioni che esso comporta.
L'immagine riproduce l'esatta posizione delle strutture di pietra (stalagmiti) di forma circolare nel contesto del giacimento paleolitico, situate nel cuore della grotta. Copyright: Image-credit-Jacques-Jaubert-et-al
L’immagine riproduce l’esatta posizione delle strutture di pietra (stalagmiti) di forma circolare nel contesto del giacimento paleolitico, situate nel cuore della grotta.Copyright: Image-credit-Jacques-Jaubert-et-al

A Bruniquel, la sensazione nel buio di una grotta

Questa costruzione enigmatica, forse il primo Stonehenge in assoluto, è fatta di stalagmiti e si trova nel sistema di grotte di Bruniquel, in una sala imponente di roccia, a una profondità di ben 336 metri dall’entrata della caverna. La datazione è sorprendente: 176.000 anni fa. Un’età che ricorda di certo L’Uomo di Altamura, lo scheletro di Neanderthal perfettamente conservato perché imprigionato in una roccia di calcare, scoperto in Italia nella grotta di Lamalunga, in Puglia Un reperto di importanza mondiale, i resti di un esponente di Neanderthal le cui fattezze sono state ricostruite di recente. Torniamo a Bruniquel. L’entrata alla caverna fu chiusa in seguito a cause naturali durante il Pleistocene e sino al 1990 nessuno vi penetrò. Per questo motivo tutto si presentò ai primi visitatori moderni completamente immutato, così com’era rimasto sin da quell’epoca lontana. Per poter accedere all’interno, avevano dovuto scavare un lungo passaggio di 30 metri nella roccia.
Nei pressi dell’entrata, gli studiosi hanno rinvenuto resti di animali, fauna e microfauna del Pleistocene e dell’Olocene. Ma sono stati subito i cerchi ad attirare la loro attenzione: due strutture circolari fatte di stalagmiti intere e a pezzi, accompagnate da tracce di numerosi focolari. Mancano le impronte di piedi umani. Le strutture circolari sono state costruite nella sala più ampia della caverna. I due cerchi maggiori sono affiancati da altre formazioni più piccole, due di esse posizionate direttamente nel centro del cerchio maggiore.
Un'immagine suggestiva all'interno della caverna di Bruniquel. I cerchi di pietra dell'uomo di Neanderthal: stalagmiti sulla pavimentazione della grotta. Image-credit- Jacques-Jaubert-et-al
Un’immagine suggestiva all’interno della caverna di Bruniquel. I cerchi di pietra dell’uomo di Neanderthal: stalagmiti sulla pavimentazione della grotta. Image-credit- Jacques-Jaubert-et-al
Complessivamente sono stati usati più di 400 pezzi di stalagmiti dal peso medio di 2, 2 tonnellate e la lunghezza da 2 a 7 metri. Le analisi degli studiosi hanno confermato che si tratta di formazioni artificiali sicuramente non opera del caso o dell’intervento di animali nella grotta, ma soltanto ed esclusivamente della mano dell’uomo. Anzi, alcune stalagmiti sono posizionate verticalmente contro le altre, in modo da rendere la struttura più stabile. Si tratta complessivamente di sei strutture, due cerchi più grandi e quattro costruzioni più piccole. In tutte e sei le strutture sono stati riscontrate tracce di focolari. Una scoperta impressionante. Il primo santuario dell’umanità?

A che servivano?

Il ritrovamento eccezionale nella caverna di Bruniquel pone pressanti interrogativi. Prima di tutto i cerchi devono aver avuto una funzione importante in seno alla comunità di Neanderthal. Ma quale? Dobbiamo ricordare la loro ubicazione: nel cuore della grotta, a 336 metri dall’entrata. Una posizione che non è tipica per la funzione abitativa. Sappiamo infatti che i siti neanderthaliani scoperti finora che presentassero caratteristiche di abitazione erano quasi tutti cavità rocciose (ripari) o ingressi di grotte. Luoghi protetti dal vento e dalle intemperie ma abbastanza aperti, in posizione elevata, orientati a sud, che permettevano una buona vista sulla vallata sottostante e quindi sui movimenti degli animali da cacciare. Evidentemente l’interno di una caverna non sarebbe stato il posto migliore per abitare con una certa comodità.
Una ricostruzione 3D dei cerchi di pietra della grotta di Bruniquel.© Muth,Mora/Archéovision/Achéotransfert/Nature
Una ricostruzione 3D dei cerchi di pietra della grotta di Bruniquel.© Muth,Mora/Archéovision/Achéotransfert/Nature
L’archeologo Jacques Joubert coordinatore del team dell’Università di Bordeaux, afferma a tale proposito:
”La scoperta dei cerchi di Bruniquel e la loro appartenenza all’uomo di Neanderthal è unica per due motivi. Innanzitutto è la prima prova dell’utilizzo di caverne profonde da parte di un ominide premoderno. Dall’altra rappresenta un passo importante per la modernità dell’uomo. Sono costituite da centinaia di stalagmiti calibrate, spezzate che sono state mosse e trasportate con intenzione nel luogo in cui si trovano attualmente.”
Dunque qual era la loro funzione? Se non facevano parte di un complesso abitativo, forse avevano un significato rituale? Se così fosse, si aprirebbe una porta sull’universo di credenze e usi dell’uomo di Neanderthal che finora è sempre rimasto segreto come un libro dai sette sigilli. La parola degli esperti a tale riguardo giunge dalla rivista „Nature“:
“Partendo da ciò che sappiamo sull’utilizzo delle caverne nel Paleolitico, potremmo pensare che questi cerchi siano la manifestazione di una sorta di comportamento rituale o simbolico. Ma forse avevano anche una funzione di uso quotidiano fino ad oggi sconosciuta.”
Su tutto pesa la domanda lasciata dall’archeologo Francesco d’Errico, direttore di ricerca del CNSR di Bordeaux, al giornalista di La Repubblica:
“Perché questi uomini si spingevano fino a trecento metri di profondità? Certo non per il cibo o per stare al sicuro. Era un rituale? E che tipo di utensili avevano? Per illuminare una grotta e lavorare per ore sotto terra non basta un tizzone, ci vogliono torce molto efficienti.”
Dunque come avevano illuminato gli uomini di Neanderthal l’immensa sala della caverna per poter costruire i loro cerchi? Che utensili avevano usato? Quali erano i rituali che queste genti praticavano nel cuore della terra? È possibile che ci troviamo di fronte alla prima costruzione sacra dell’umanità. In questo caso l’architetto non sarebbe stato un Sapiens, bensì l’esponente di una specie scomparsa, un ominide che interagì con l’Homo sapiens e che forse proprio in seguito a questa interazione finì per estinguersi. Se ne andò per sempre con tutto il suo universo di pensieri, lasciando il posto all’uomo moderno.

Fonte http://storia-controstoria.org/paleolitico/costruzioni-piu-antiche-neanderthal/

Diversi link – alcuni con video – interessanti:
Video e foto della pubblicazione originale sulla rivista scientifica Nature (doi:10.1038/nature18291)
UN VIDEO DI NATURE: http://www.nature.com/news/neanderthals-built-cave-structures-and-no-one-knows-why-1.19975
Pagina web francese con immagini e articoli:
http://caussade-speleo.com/la-grotte-de-bruniquel-un-site-archeologique-exceptionnel/
Un video in francese (7 minuti): http://videotheque.cnrs.fr/doc=4859
Un video in francese (14 minuti): https://youtu.be/0JP0NqSXZSw

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