I sottomarini nucleari abbandonati. Kola: il recupero dei relitti



Se la fantasiosa storia del Capitano Borimir racconta di un ritorno alla base malinconico, l’effetto di quello storico abbandono è ben più concreto e reale. Tra il 1990 e il 1991 il problema del “cimitero dei sottomarini” diventò una vera bomba ecologica. Per capire la portata del problema, basta mettere su un motore di ricerca internet la chiave “Submarine Graveyard“, ed ecco il risultato . Quel rifugio sulla costa orientale della Russia, che al termine della guerra fredda, è diventato per anni il nascondiglio della più grande e degradata flotta di sommergibili a propulsione nucleare del mondo. Una discarica di reattori dismessi, dove da almeno 30 anni si accumulano scorie altamente radioattive. I meno pericolosi, quasi 20.000 “carichi”, sono stati affondati più o meno di proposito. Dopo anni di indifferenza, intorno al 2012, i Governi di mezza Europa vengono però informati dalla Russia di questi scarichi scellerati, contestualmente ad una palese richiesta di aiuto per lo smantellamento dei tantissimi relitti sparsi lungo chilometri di coste innevate.
L’Italia viene coinvolta in diversi di questi progetti di recupero e messa in sicurezza degli impianti nucleari. Ma lavorare nel Mar Artico non è certo un’impresa facile. Sono già molti i sottomarini inabissati perché coinvolti in fughe radioattive. Dal K-27 del 1968, all’interno del quale 9 marinai rimasero uccisi. Affondato, però, solo nel 1981, ovvero quando si esaurì il combustibile nei reattori! Stranamente furono 9 anche i morti del K-159, affondato poi nel 2003, in circostanze misteriose, proprio durante il viaggio verso il cantiere che avrebbe dovuto occuparsi della sua demolizione.
Per capire l’importanza dell’operazione di ritrovamento e stoccaggio dei reattori dispersi, quindi, basti pensare che anche i tedeschi hanno finanziato con 150 milioni di euro un gigantesco deposito di cemento nella baia di Sayda, nei pressi del cantiere/base di Murmansk. Qui trovano spazio oltre 100 container pieni di materiale nucleare contaminato, compresi ben sette reattori di sommergibili ormai dismessi. Destinazione anche del reattore della prima nave rompighiaccio nucleare della storia, la storica Lenin.


La pagina mancante di questa storia riguarda quindi la preoccupazione per quella decina di reattori agganciati a semplici boe galleggianti, ormeggiate senza dare troppo nell’occhio nella baia. Spauracchio da cui stare alla larga per tutti i battelli e le navi che transitano in zona. Una situazione di grande pericolo, al punto che tutt’oggi pare che la stessa Russia non abbia il controllo totale di ciò che è stato recuperato, ciò che è stato smaltito e ciò che deve invece ancora essere ritrovato! Si parla anche di navi cargo, utilizzante per il trasporto occulto delle scorie, mandate alla deriva o fatte colare a picco periodicamente lungo le coste siberiane.
L’ultimo capitolo – per ora – di questo racconto carico di degrado, che parla di decadenza e scellerato inquinamento delle risorse naturali dentro una grossa area geografica, incrocia ancora una volta l’Italia.
E’ infatti la gigantesca piattaforma Itarus, che dovrà occuparsi delle più complesse fasi di recupero e dello smantellamento di quel che resta dei sottomarini nucleari sovietici. Avanti e indietro lungo la tratta dall’area di stoccaggio di Sayda Bay al cantiere di Nerpa, di fronte alla penisola di Kola nel Mare di Barents. Con Murmansk e il Circolo Polare Artico come meta finale. Itarus, la cui importanza e i costi sono proporzionali alla gravità della situazione, è stato voluto e finanziato grazie all’accordo di partnership globale del G8 contro la diffusione delle armi e dei materiali di distruzione di massa. Il suo delicato compito è quello di “spazzino nucleare“. Poco romantico se vogliamo, e si pensa ai fasti e l’imponenza della Flotta del Nord, ma certamente più nobile nel gravoso impegno di impedire un disastro ecologico per troppo tempo ignorato.

http://lapaginamancante.tgcom24.it/2017/05/08/i-sottomarini-nucleari-abbandonati-kola-il-recupero-dei-relitti/

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