La scogliera corallina pugliese è specifica del Mediterraneo



Nulla più dell'idea di una barriera corallina richiama alla mente mari caldi, trasparenti e poco profondi, ricchissimi di moltitudini di forme di vita colorata. Ma i coralli sono in realtà distribuiti in tutti i mari e a tutte le profondità e contano migliaia di specie differenti. Se quindi ci aspettiamo di andare in vacanza in Puglia la prossima estate armati di pinne, maschera e manuale di riconoscimento dei pesci pagliaccio potremmo rimanere delusi, perché l'importanza della recente scoperta del team dell'Università degli Studi di Bari guidato da Giuseppe Corriero, direttore del dipartimento di Biologia dell'Ateneo Barese, è altrove.



Tutti i coralli hanno uno scheletro di carbonato di calcio che protegge e riveste un animale chiamato polipo che, nelle specie coloniali, costruisce il suo involucro su quello dei suoi predecessori, edificando nel tempo strutture anche imponenti come le barriere e le scogliere coralline. Nei mari tropicali le scogliere coralline sono prevalentemente formate da diverse specie di coralli e altri invertebrati con gusci calcarei e si trovano in acque poco profonde per consentire la simbiosi con un tipo di alghe unicellulari dette zooxantelle, che forniscono cibo al corallo.

Nel Mediterraneo tuttavia tutto questo di solito non accade: il principale substrato calcareo di origine biologica, detto coralligeno, è formato solo in piccola parte da coralli come le madrepore, mentre il resto viene edificato da vegetali come alghe rosse calcaree, coadiuvate da invertebrati sessili come altri cnidari, anellidi e briozoi.

"I blocchi di scogliera corallina individuati a Monopoli dai robot teleguidati sottomarini", spiega a National Geographic Italia Carlotta Nonnis Marzano, ricercatrice del dipartimento di Biologia di Bari e tra gli autori dello studio, "sono prevalentemente formati da due specie di madrepore, Phyllangia americana mouchezii e Polycyathus muellerae cementate da vermi tubicoli, che fanno da substrato per altri organismi sessili, proprio come avviene ai tropici. Questi blocchi tuttavia si trovano nella zona mesofotica, dove arriva poca luce, tra i 30 e i 55 metri, e le analisi condotte hanno rivelato che i polipi delle madrepore sono privi di zooxantelle, quindi devono procurarsi il cibo attivamente".

Questo, secondo i ricercatori, è probabilmente dovuto alla particolarità dell'ecosistema del basso Adriatico. "Mentre ai tropici le acque sono limpidissime perché povere di nutrienti", chiarisce Nonnis Marzano, "in Adriatico le acque sono piuttosto torbide, a causa delle particelle organiche e del sedimento immessi dal Po e da altri fiumi. Questo da un lato per i polipi è un problema, perché l'eccesso di particolato può ostruire l'apertura della cavità gastrica dell'animale ostacolandone la nutrizione, ma dall'altro fornisce abbondanza di cibo e li rende indipendenti dalle zooxantelle".

La costa adriatica pugliese, priva di grandi fiumi che immettano sedimenti in mare e con correnti da nord che trasportano il materiale organico, si è rivelata dunque il giusto compromesso tra limpidezza e abbondanza di cibo e un ambiente ideale per le madrepore. "Sorprendentemente", aggiunge la ricercatrice, "in ore e ore di video visionato per studiare questi blocchi alti anche oltre due metri, non abbiamo visto nessun rifiuto di plastica. Queste acque sono ancora del tutto prive di rifiuti di grosse dimensioni, a dispetto di quello che succede altrove. Associate alla scogliera corallina abbiamo censito 153 specie sessili, senza contare quelle in grado di muoversi che non erano obiettivo di questa ricerca. Certo non diversificata e colorata come la barriera corallina australiana, ma indubbiamente ricchissima e unica per queste sue peculiari caratteristiche. Queste scogliere coralline offrono, oltre a un substrato ideale e a un rifugio per numerose specie, anche un altro vantaggio alla biodiversità: rovinano le reti a strascico, per cui i pescatori se ne tengono lontani".

Non è ancora chiaro quanto si estenda questa scogliera corallina, secondo i ricercatori potrebbe essere lunga centinaia di chilometri, da Bari a Otranto. Sembra incredibile che queste strutture che, è bene ribadirlo, sono antiche e autoctone e non derivano da una importazione recente da altri mari, siano passate sinora inosservate. Questo è principalmente dovuto alla profondità delle acque in cui si trovano, che richiede sub esperti o tecnologie recentissime. E' quindi possibile che formazioni analoghe, edificate da madrepore e non da alghe calcaree, si trovino in altre zone del Mediterraneo ancora non esplorate dai biologi marini che si occupano di invertebrati. Ma è anche possibile che siamo di fronte a formazioni uniche del basso Adriatico. Quel che è certo è che questa costa andrebbe protetta, sia per preservarne la biodiversità, sia per prevenire l'impatto antropico.

http://www.nationalgeographic.it/ambiente/habitat/2019/03/14/news/la_scogliera_corallina_pugliese_e_specifica_del_mediterraneo-4335278/

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