Un occhio su Venere

All’interno del sistema solare, Venere è il secondo pianeta distante dal Sole, ed ha una brillantezza tale da esser definito Stella della Sera o Stella del Mattino, poiché molto visibile subito dopo il tramonto o prima dell’alba. Inizialmente gli Egizi, che così lo chiamavano, vi individuarono due pianeti diversi. Oggetto naturalmente più luminoso del cielo notturno oltre alla Luna, è poco visibile durante il giorno, perché oscurato dalla luce del Sole.


Venere manifesta caratteristiche molto simili alla Terra, tanto da esser definito suo pianeta gemello. A contrario della Terra, è però privo di satelliti e ha un campo magnetico molto debole. Quello che è certo è tuttavia la presenza di una atmosfera, formata nella quasi totalità da biossido di carbonio e circa il 3% di azoto.

Venere - Monte Maat ritratto dalla sonda Magellano - NASA

Il fitto strato di gas serra e nuvole di acido solforico da cui è ricoperta l’atmosfera del pianeta ha impedito di penetrare la visibilità della sua superficie per molto tempo, alimentando discussioni sulle sue caratteristiche. I segreti del pianeta più caldo del sistema solare furono così rivelati solo intorno al 1990 – ’91, quando, grazie alla sonda Magellano, si riuscì a mappare buona parte del pianeta. Si scoprì in quell’occasione che Venere presentava una grossa superficie vulcanica, accompagnata dalla presenza di zolfo nell’aria, ma del tutto priva di fenomeni lavici.

Una delle differenze sostanziali rispetto alla Terra, era però la totale assenza di Tettonica a placche, dovuta forse alla differente composizione della litosfera e del mantello venusiani.

Venere è un pianeta retrogrado, poiché durante la sua rivoluzione intorno al Sole gira a contrario rispetto al moto degli altri corpi celesti, e cioè in senso orario, impiegando, per compiere il giro, 225 delle giornate terrestri. La sua rotazione è ancora più lenta e un giorno venusiano è pari ai nostri 243 giorni. La durata del suo giorno è così più lunga rispetto a quella dell’anno.

Congiunzione Venere-Giove, Fonte NASA - John Mueller

Nel firmamento, Venere assume l’aspetto di una lucentissima stella dal colore giallo biancastro. Essendo uno dei corpi celesti più luminosi nel cielo, fin dall’antichità ha avuto un impatto significativo sulla cultura umana.

L’uomo ha elaborato spesso storie fantastiche sul pianeta, rapportandosi, nel quotidiano, all’andamento dei suoi cicli. Spesso si parla del transito di Venere, che avviene quando il pianeta passa tra il Sole e la Terra, oscurando una piccola parte della stella e diventando visibile contro il disco solare. Il fenomeno, rarissimo, è apparso utile per valutare le distanze Terra – Sole e per studiare l’atmosfera di Venere. In quei casi, il pianeta appare come un piccolo neo nero che muove intorno al disco infuocato; il suo transito ha una durata di qualche ora e può essere paragonato al fenomeno dell’eclissi. Nonostante ciò, il diametro della Luna è molto inferiore rispetto a quello di Venere; il pianeta sembra più piccolo solo perché rispetto al satellite, è tanto più lontano dalla Terra e viaggia lentamente intorno al Sole.

Il transito di Venere si verifica secondo uno schema che si ripete ogni 243 anni, con coppie di transiti che avvengono a otto anni di distanza l’uno dall’altro e separati da vuoti di 121,5 anni e 105,5 anni. La periodicità è in riflesso del fatto che i periodi orbitali di Terra e Venere si chiudano a 8:13 e 243:395.

Transito di Venere 5 e 6 giugno 2012 - fonte NASA

L’8 giugno 2004, ebbe luogo l’ultimo transito. Il prossimo è imminente, tra il 5 e 6 giugno 2012. I successivi, saranno rispettivamente nel mese di dicembre 2117 e dicembre 2125. Nel rispetto della periodicità, il transito avviene sempre nel mese di giugno e in quello di dicembre. Il passaggio che avrà luogo a breve è fondamentale, poiché è difficile che chi è nato negli ultimi anni possa assistere al quello successivo, ma anche perché le strumentazioni di cui disponiamo sono tecnicamente più raffinate rispetto al precedente transito di 8 anni fa. Oggi il telescopio Hubble si appresta a rivolgersi verso la Luna, catturando la luce solare riflessa e la parte opaca rappresentata dall’atmosfera di Venere, e in questo lanciando una nuova modalità di ricerca che, se andrà a buon fine, sarà messa in atto per lo studio di altri corpi celesti.

Nell’allineamento di pianeti previsto per quest’anno, il transito di Venere sarà visibile ad occhio nudo, con le stesse precauzioni da adottare in un’eclissi di Sole. Nello scorso mese di aprile, è stato invece possibile vedere, nel firmamento notturno, un avvicinamento – solo prospettico – tra Venere e Giove, che li ha mostrati molto vicini alla Terra. Nello stesso periodo, Venere transitava nelle Pleiadi, dette anche Sette Sorelle.

Il transito di Venere del 2004 fu perfettamente visibile da alcune zone della Terra, tra cui Israele.

Il 5 e 6 giugno, il transito sarà visibile in nord America e Oceano Pacifico, soprattutto dalle Hawaii, dall’Alaska, e da alcune isole del Pacifico centrale. Anche in Europa e parte dell’Asia si assisterà al passaggio del pianeta sul Sole in via prospettica, ma solo verso la fine del fenomeno.

Il passaggio inizierà alle 22:09 UTC del 5 giugno e terminerà alle 4,49 UTC del giorno successivo. La regione con osservazione migliore nelle prime ore sarà il nord America.

Molte spedizioni organizzate per l’evento hanno incluso la medesima tappa per il 20 maggio, giorno dell’eclissi anulare di Sole, che rende omaggio all’attrattiva del sito archeologico maya del centro America.

I mille volti di Venere. - Perché il ruolo di Venere è così decisivo nelle azioni umane?

Il calendario maya

L’orbita eccentrica di Venere non è mai stata agevole nell’individuarne i movimenti, che si palesano in tutta la loro fugacità. Eppure vi fu un popolo che più di altri ci riuscì, con calcoli astronomici talmente precisi da rasentare la perfezione: i Maya. 

La datazione del loro calendario coincide con la nascita mitica della loro civiltà, fissata idealmente nell’agosto 3114 a.C. (coincidente con l'esilio di Thoth/Ningishzidda) e si conclude con il 21 dicembre 2012. Si tratta di una data ufficialmente accettata, nonostante le versioni dei ricercatori siano numerose. È risaputo che l’antico popolo avesse bene a mente l’andamento dei corpi celesti; ciò nonostante alcuni studiosi ritengono che il ciclo di Venere fosse loro sconosciuto in tutta la sua interezza, anche se nel Codice di Dresda ben sei pagine siano dedicate al pianeta.

Il calendario religioso maya era basato sui movimenti di Venere e sulle sue fasi, che venivano calcolate per valutare il momento propizio ad eventuali guerre. In alcune pagine del codice è mostrata l’osservazione di Venere: il pianeta assumeva un significato diverso a seconda del giorno.

Codice Dresda - le fasi di Venere - Fonte www.bibliotecapleyades.net

Il popolo mesoamericano aveva una tale preparazione astronomica da prevedere cosa sarebbe accaduto nel corso di migliaia anni, e la stessa eclissi dell’11 agosto 1999 fu individuata – 5 mila anni prima – con soli 33 secondi di ritardo. Oltre alla rappresentazione ciclica del tempo, che aveva fatto realizzare una serie di calendari impeccabili, l’antica civiltà si rifaceva alla piramide di Kukulkan nello Yucatan, costruita secondo una raffinata serie di calcoli matematici che la rendeva un immenso calendario tridimensionale. 

I 90 gradini per ogni lato, aggiunti ai quattro poco più alti e a quello in sommità, arrivano ai 365 che evocano i giorni del nostro calendario gregoriano. La piramide fu orientata in modo tale che, nel giorno dell’equinozio di primavera – il 21 marzo – lungo la scalinata nord, i raggi del Sole formassero un serpente che scendeva a terra, a congiungere il corpo con la testa, procedendo verso il regno degli inferi.

Anche i bassorilievi del tempio di Palenque, mostrano una lastra di pietra che funge da chiusura di una cripta funeraria. La stessa evoca un uomo, accovacciato nella posizione di un astronauta adagiato su un sedile e con un respiratore attaccato, ai comandi di pilotaggio. 

Proprio questa, come molte altre informazioni, fa pensare ai Maya galattici, provenienti dallo spazio, dotati di profonde conoscenze verso il nostro universo, che venivano sulla Terra ad annunciarci qualcosa, tra cui la data dell’Apocalisse, prevista il 21 dicembre 2012. Il frutto dei loro calcoli astronomici era finalizzato al fatto che le loro conoscenze, rappresentate sui bassorilievi, potessero trasferirsi a noi, passando inalterate attraverso i secoli, per consegnarci un messaggio di speranza da trasmettere a tutta l’umanità.

I Maya incarnavano Venere nella forma del loro dio Kukulkan, noto anche come Gukumatz e Quetzalcoatl in altre zone del Messico; tracciavano il ciclo di Venere, ma pur conoscendone la traiettoria, in quel codice, per loro al pari di una Bibbia, sembra che non menzionassero il transito davanti al Sole. Raffiguravano solo sé stessi nell’atto di osservarlo. Malgrado ciò, le tavole dell’almanacco mostrano il pianeta come il più determinante nelle decisioni da intraprendere.

Spesso si parla – impropriamente – di profezie Maya. Una di queste sembra essere legata proprio a Venere. Il preciso allineamento Sole-Venere-Terra del prossimo 5 giugno sembra evocare ancora una volta l’associazione che l’antico popolo faceva tra il passaggio del pianeta e contestuali eventi nefasti come alluvioni, guerre e disastri di ogni tipo. 

Secondo un’altra tradizione, sembra che proprio il 5 giugno si concluda un ciclo di 52 anni, derivante dall’incrocio tra il calendario civile Haab e quello sacro Tzolkin, e questo farebbe temere per le sorti dell’umanità, in fase di passaggio verso una nuova epoca. Secondo alcune fonti, gli accadimenti previsti per il 21 dicembre 2012 sarebbero retrodatabili al prossimo 5 giugno. 

In particolare l’archeologa Maria Longhena ha avanzato l’ipotesi che il prossimo passaggio di Venere anticiperebbe la data della fine del calendario maya, in questa tesi rifacendosi anche alla stele di Portughero – il Monumento 6 di Macuspana – nella quale è visibile l’iscrizione “la discesa dal cielo di un essere soprannaturale, il quale porterà…”; purtroppo il resto della stele è illeggibile.

Le incisioni ritrovate sulla lastra di Tortughero nel 1958 sembrano però smentire anche la data sulla presunta fine del mondo. Intanto, non si parla affatto del prossimo 5 – 6 giugno; né del 21 dicembre, ma del 23 dicembre 2012. Inoltre, la data è ripetuta talmente tante volte da rendere imprescindibile il fatto che possa comunque avere un significato importante. 

Dal punto di vista cronologico, è utile notare che la mancata corrispondenza rispetto alla data a cui siamo abituati, il 21 dicembre, è dovuta ad una discrepanza originaria rispetto alla datazione d’inizio dell’epoca maya da parte di diversi studiosi. Senza volerci addentrare nelle dinamiche di questa, possiamo dire con certezza, riportando quanto definito dal ricercatore Stefano Panizza, che le datazioni sull’inizio della civiltà maya e sull’Era in corso, l’ultima delle cinque di 5125 anni, conosciuta anche come Età dell’Oro, sono circa 21. 

Quelle al momento ritenute più valide sono la cosiddetta correlazione di Goodman-Martinez-Thompson, che fissa la data d’inizio dell’Era attuale all’11 agosto 3114 a.C. e quella, altrettanto valida, elaborata da Linda Schele e David Freidel, decodificatori dei codici maya, del 13 agosto 3114 a.C.

Xultun, Guatemala. Al momento è il più antico calendario maya ritrovato - Foto Tyrone Turner - National Geographic

Come è controversa la datazione d’inizio del calendario, sembra oltremodo difficile stabilirne la fine. Quello che è certo è che il calendario maya non termini a dicembre 2012, come testimoniato di recente dal ritrovamento di un antico calendario in Guatemala. Nella foresta pluviale di Xultun è stato appena rinvenuto un grande complesso di rovine maya; in una delle stanze, la parete recante un calendario basato sulle fasi lunari di 13 anni, determinerebbe il computo temporale di altri 6 mila anni dopo il 2012.

Dunque: contestualmente al prossimo transito di Venere, non sembra essere prevista alcuna fine del mondo. Oltretutto, i Maya vedevano il pianeta – anche – come la Stella del Mattino, associabile all’antico Serpente Piumato, il dio benevolo della fertilità e della medicina, capace di indicare ai nativi il momento per la semina e il raccolto. Stando alle ipotesi della Longhena, le enormi calamità che potrebbero colpire la Terra in quel preciso giorno, sarebbero state, per logica, da collegare a tutte le date passate in cui si sia verificato il transito; e ciò non è accaduto.

Da cosa, allora, trae spunto questa visione di una Venere nefasta?

Ev Cochran, autore di “The many faces of Venus – The planet Venus in ancient myth and religion” sostiene che da tempo immemorabile il pianeta Venere ha affascinato gli osservatori del cielo terrestre, e ovunque le culture hanno assegnato al pianeta un ruolo di primo piano nelle tradizioni mitologiche e nei rituali religiosi. Agli albori della storia documentata, i sacerdoti sumeri composero degli inni in onore di quell’astro che veneravano con il nome di dea Inanna. 

Immaginario, questo, difficilmente conciliabile con quello attuale che si ha del pianeta. In Mesoamerica, l’osservazione e la sua venerazione era simile ad un’ossessione collettiva, perché il suo ciclo era portatore di disastri. Per gli Aztechi e per i Maya il suo stesso sorgere era l’occasione di inquietanti presagi, caratterizzati da paura e isteria. Nel tentativo di propiziarsi Venere, gli Aztechi proponevano sacrifici umani.

Secondo il manoscritto di Serna, un rapporto missionario del Messico centrale databile intorno al periodo della dominazione spagnola, gli indigeni mesoamericani, oltre al Sole, dedicavano sacrifici a Venere più che a qualunque altro pianeta. Questo era spiegabile seguendo il filo di una leggenda.

Gli Aztechi avevano una divinità, chiamata indifferentemente Topilzin o Quetzalcoatl, la stessa che dai Maya sarebbe stata chiamata Kukulkan in epoca post-classica. Alla sua morte, Quetzalcoatl di trasformò in quell’astro splendente che è Venere, lasciando questo mondo ma promettendo di ritornarvi. 

La divinità di Kukulkan sarebbe poi stata introdotta dai Maya, o addirittura dai Toltechi – a cui molti attribuiscono realmente la redazione del calendario – che prima di loro furono influenzati a Chichen Itza dalle popolazioni dello Yucatan del nord. Diego Friar de la Landa, vescovo che tentò di canonizzare il popolo maya, aveva parlato già nel 1566 di un signore chiamato Cuculcan, di origine occidentale e venerato come un dio. Sembra che i riferimenti a Kukulkan si collochino però intorno al 1200, mentre Venere fu ritenuto importante nel mito Maya molto prima. Sole e Venere furono adottati come simboli di autorità reale da parte degli Stati gerarchici già in pieno periodo pre-classico.

Sulla facciata del tempio di Cerros, eretto almeno nel 50 a.C., compaiono delle maschere di giaguaro. I noti ricercatori maya Schele e Freidel sono concordi nello stabilire che se le maschere più in basso rappresentano il Sole ad ogni orizzonte, quelle superiori simboleggiano Venere, ritratta come Stella del Mattino e della Sera. Nel periodo classico, tra il 200 e il 900 d.C., Venere e il Sole furono identificati con Hun AHAW e Yax Balam, i gemelli eroi che sconfissero i Signori degli Inferi durante il gioco alla pelota, rendendo così possibile la creazione del mondo attuale.

La loro storia, rimasta inalterata nella mitologia maya e trasmessa dal Popol Vuh, li rinomina come Hunaphu e Xbalanque.

Codice Dresda, tabella con le apparizioni di Venere - Fonte www.bibliotecapleyades.net

Ernst Forstemann scoprì che in una delle tavole le apparizioni di Venere erano indicate con delle cifre che, nella loro totalità, portavano a 584, vicinissimo al periodo sinodico medio del pianeta, che è pari a 583,92 giorni. Le suddivisioni riportate nella tavola erano così certamente destinate a segnalare le 4 principali apparizioni di Venere: visibilità come Stella del Mattino, l’invisibilità alla congiunzione superiore, visibilità come Stella della Sera, e invisibilità alla congiunzione inferiore.

In conclusione, anche se Kukulkan fu il dio più strettamente associato a Venere in epoca post-classica, nella fitta serie di immagini proposte dal codice di Dresda, Venere rappresenterebbe, agli occhi dei Maya, non un solo dio, ma una complessa serie di divinità, incarnate a seconda dei momenti. La loro raffigurazione trova spazio nelle tabelle rappresentative delle sue apparizioni, che seguono l’andamento ciclico del pianeta, in accordo con i cicli della Luna.

Così Venere diventa la Stella del Mattino, con il suo sorgere eliaco insieme al Sole, ma diventa anche nefasta a seconda del giorno in cui sorgeva. Lo Tzolkin, il calendario sacro e cerimoniale adottato dai Maya prevedeva infatti che ogni giorno avesse un proprio nome, ed un significato particolare. Nel periodo formato da 13 mesi di 20 giorni ciascuno, per un totale di 260 che corrispondevano alla gestazione umana, era possibile individuare, secondo un preciso schema, le fasi di Venere, cosicché si potessero raccordare le azioni degli uomini ai ritmi dell’universo. 

Argomentazione, questa, che ritroviamo nel codice di Dresda. Nella parte sinistra della tavola sono indicati i giorni e le apparizioni di Venere. Nella parte destra le immagini del pianeta. La sua apparizione assumeva allora un significato diverso, più o meno in armonia con il giorno, e in base a ciò corrispondente ad una certa divinità. Venere diventava così gioiosa o nefasta a seconda che – in base a quanto indicato dal calendario – lo fosse il giorno in cui si mostrava nel cielo.

Se volessimo – ipoteticamente – capire la gioiosità di Venere nel corso del transito del 5 e 6 giugno, non dovremmo far altro che consultare lo Tzolkin e scoprire cosa i Maya avevano previsto per quei due giorni. Tra l’altro, le tavole del loro almanacco, il Codice di Dresda – per chi riesca ad interpretarle – sono liberamente consultabili al link 


Wayland's Smithy, Ashbury – Wiltshire - 9.8.2005

Il ricercatore Pier Giorgio Caria, in una bella intervista al programma El Portal di Radio Mantra sostiene che per i Maya il 20 maggio 2012 avrebbe rappresentato un nuovo “punto zero”, il punto da cui partire per una diversa comprensione delle coscienze. 

L’eclissi di Sole evoca, nell’antica concezione Maya, solo un inizio; ma non è un caso che nello stesso giorno avvengano sia un’eclissi che un allineamento di pianeti. Dopo 16 giorni dall’eclissi di Sole, con il transito di Venere del 6 giugno, si chiude un ciclo e inizia un vero e proprio cambio energetico. Un mutamento dell’energia universale del pianeta già anticipatoci da due pittogrammi: quello del 9 agosto del 2005 e quello del 21 luglio 2011.

Silbury Hill, Est Kennett - 21.7.2011

Nel primo riscopriamo il cielo del 20 maggio 2012 e l’eclissi anulare di Sole; i cerchi sembrano in realtà piuttosto simili, ma nel secondo, oltre alla stessa eclissi, è visibile un allineamento galattico di vasta portata, comprendente Pleiadi, Sole, Luna e Terra con il centro della galassia. Una spiegazione precisa, che confronta anche i due cerchi nel grano, è al link http://www.youtube.com/watch?v=qYIep_EQ6kM

In questo video, la teoria della Langhena sembrerebbe trovare spazio in relazione al fatto che l’allineamento previsto per fine anno sia del tutto errato, trovando invece la giusta collocazione proprio il prossimo 20 maggio 2012. Se così fosse, non sarebbe un solo ciclo a chiudersi, e si renderebbe necessaria la rivisitazione di molte date, compresa quella dell’agosto 3114 a.C.

I due cerchi a confronto

Per quanto si voglia prender distanza tanto dalla creazione “non umana” dei cerchi nel grano, quanto da leggende mitologiche o teorie che non hanno ancora nulla di “scientifico”, il contenuto di entrambi i pittogrammi induce a riflettere su come i Maya difficilmente sbagliassero la previsione degli allineamenti galattici.

Il transito di Venere, esaminato in questo contesto, è solo indicativo di come stia per chiudersi uno dei tanti cicli previsti dal loro calendario.

Fonti di riferimento:










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Mondo Tempo Reale è il blog che dal 2010 vi racconta le notizie più incredibili, strane, curiose e divertenti: fatti imbarazzanti, ladri imbranati, prodotti assurdi, ricerche scientifiche decisamente insolite.
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