Dobbiamo chiamarlo Stato Islamico, Isis o Daesh?



L’Occidente non ha deciso come combatterlo, ma neanche come nominarlo. Dall’appellativo che gli diamo, dipende anche il ruolo che gli riconosciamo

L’Occidente non ha ancora deciso come combatterlo, ma se è per questo non sa neanche come chiamarlo. Sulle pagine di questo giornale abbiamo sempre usato il termine Isis, ma questa fetta di radicalismo islamico non ha un solo nome. Scegliere come chiamarlo non è un aspetto superfluo: saper dare un nome alle cose è il primo passo per capirle. La disputa, in questo caso, è tra chi lo chiama Stato Islamico e chi preferisce il termine Daesh.

KERRY E OBAMA DIVISI
Nel primo gruppo c’era il Dipartimento di Stato americano, che dal 2014 ha deciso di usare Islamic State of Iraq and the Levant (Isil) come nome del gruppo; nel secondo, tra gli altri, c’è il presidente Francois Hollande, che ha usato il termine Daesh parlando dei responsabili degli attentati di Parigi. Barack Obama ha sempre utilizzato il primo nome: da qualche giorno, invece, il segretario di stato John Kerry ha iniziato ad usare il termine Daesh.

STATO ISLAMICO
Quando parliamo di Stato Islamico (vale anche per le varianti Is, Isis, Isil) ci riferiamo a uno Stato a tutti gli effetti, come almeno pretende di essere quello guidato da Abu Bakr al-Baghdadi. Il cosiddetto Isis, un tempo, era una sezione irachena di al-Qaida, diventata poi Stato Islamico in Iraq, Stato Islamico dell’Iraq e della Siria e, infine, autoproclamatasi Stato Islamico. L’appiattimento del nome fino ad arrivare al semplice Stato Islamico è semplicemente un tentativo di rimuovere le particolarità geografiche, fornendo una sola entità Stato. Basti pensare che un altro modo per indicare lo Stato Islamico è al-Dawla, letteralmente «Lo Stato».

Peccato che questo Stato non abbia dei veri e propri confini omogenei, né un territorio unito. Non a caso, i nomi precedenti all’autoproclamazione voluta da Abu Bakr al-Baghdadi nel 2014 comprendono specifiche aree geografiche, come Stato Islamico in Iraq e al-Sham (termine arabo che si può tradurre con Grande Siria) o come quel Isil in cui la “L” sta per Levante, cioè potenzialmente anche i territori di Israele, Palestina, Giordania e Libano.

DAESH
Come Isis, anche Daesh è un acronimo: significa al-Dawla al-Islāmiyya fī ʿIrāq wa l-Shām, cioè “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”, o “della Grande Siria”. Apparentemente il significato è lo stesso ma l’accezione attribuita a Daesh (o Dāʿish, per essere precisi) è spesso dispregiativa, perché somiglia a un altro termine arabo che significa «portatore di discordia». Secondo il The Guardian , addirittura, la Francia avrebbe preferito il termine Daesh perché simile al francese dèche, cioè «rompere». Che il termine sia disprezzato dai seguaci di Abu Bakr al-Baghdadi è confermato anche dalle testimonianze di chi racconta di punizioni corporali per chi utilizza pubblicamente il nome Daesh.

MA QUINDI?
Decidere tra Stato Islamico e Daesh significa dare forma a quella realtà. Praticamente tutte le testate giornalistiche optano per Isis, per una questione di semplicità e di uniformità. Ma a suggerire una risposta, dopo gli attentati del 13 novembre, è stato Enrico Letta, ex premier italiano e attuale direttore dell’Istituto di studi politici di Parigi. Letta: «Smettiamola di chiamarlo Stato Islamico, sono terroristi e come tali vanno trattati #Daesh».



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