Il polso del pianeta



FOTOGALLERIA I nuovi strumenti ipertecnologici per l’osservazione dal cielo non guariranno la Terra. Ma potranno fornirci una diagnosi precisa dei suoi molti malanni


Le acque della piena annuale inondano il Delta dell'Okavango, nel Botswana, in un'immagine ripresa dalla Stazione Spaziale Internazionale. Osservando il pianeta da quote elevate si rivelano dettagli nascosti del suo metabolismo.
Fotografia NASA

La vista dal finestrino era già sconfortante di per sé. Sorvolando le foreste di sequoie giganti della California con il suo aereo da ricerca, Greg Asner poteva constatare a occhio nudo le conseguenze di quattro anni di siccità. Ma ciò che mostravano gli schermi del suo laboratorio aereo era ancora più allarmante. A tratti la foresta appariva di un colore rosso brillante, un indicatore di forte stress.

Le immagini digitali provenivano da un nuovo sistema di scansione 3-D che Asner, ecologo alla Carnegie Institution for Science, aveva appena installato sul suo turboelica. I due laser dello scanner individuavano gli alberi in dettaglio da una quota di 2.100 metri, mentre la coppia di spettrometri, uno dei quali prodotto dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, registrava centinaia di lunghezze d’onda della luce solare riflessa, dal visibile all’infrarosso, rivelando dettagliate “firme” chimiche che permettono di identificare la specie di ciascun albero e mostrano persino quanta acqua ha assorbito: un indicatore fondamentale dello stato di salute. La legenda in falsi colori scelta da Anser quel giorno mostrava gli alberi assetati di un colore rosso brillante.

Per quanto inquietanti, queste immagini rappresentano uno strumento nuovo e potente per osservare il nostro pianeta. “Il sistema produce mappe che, in un singolo sorvolo, forniscono più informazioni su un ecosistema di quante si potrebbero ottenere in una vita di lavoro a terra”, ha scritto in seguito Asner. E il suo Carnegie Airborne Observatory non è che la punta di diamante di una tendenza in pieno sviluppo.

Oggi, mezzo secolo dopo quelle immagini un po’ sfuocate di nubi turbinanti trasmesse dal primo satellite meteorologico che sorvolava l’Atlantico settentrionale, i sensori avanzati rappresentano per gli studiosi del clima ciò che gli scanner diagnostici hanno rappresentato per i medici: strumenti sempre più sofisticati per tenere sotto controllo gli indicatori vitali del pianeta Terra. Nel 2014 e nella prima parte del 2015 la Nasa ha lanciato cinque grandi missioni per l’osservazione della Terra (inclusi due nuovi strumenti installati sulla Stazione Spaziale Internazionale), portando a 19 il proprio totale. Ma anche le agenzie spaziali di Brasile, Cina, Europa e altre nazioni hanno investito in ricerche analoghe.

«Non c’è dubbio che ci troviamo nell’età dell’oro del telerilevamento», dichiara Michael Freilich, direttore della divisione Scienze della Terra della Nasa.
Le notizie fornite da tutti questi occhi celesti, in effetti, non sono positive. Ci rivelano un mondo in preda a rapidi cambiamenti, dalla fusione dei ghiacci alla riduzione delle foreste pluviali, all’innalzamento del livello del mare, e così via. Ma in un’epoca in cui l’impatto dell’uomo sulla Terra è senza precedenti, i sensori di nuova generazione offrono opportunità inedite per valutarlo e comprenderlo: non è una cura per i malanni che affliggono il nostro pianeta, ma almeno ci permette una diagnosi più accurata. Già solo questo potrebbe rappresentare un motivo di speranza.


Sonde terrestri
Gli indicatori vitali della Terra vengono monitorati da un numero crescente di satelliti in orbita. Dieci delle principali missioni coordinate dalla NASA (descritte sotto), orbitano intorno al nostro pianeta circa 16 volte al giorno, acquisendo dati su clima, meteorologia e disastri naturali.

Immagine: Monica Serrano, Ngm; Tony Schick. Fonti: Steven E. Platnick E Claire L. Parkinson, Nasa Goddard Space Flight Center

L’acqua è il sangue della Terra. Ora, per la prima volta, il telerilevamento fornisce agli scienziati la possibilità di monitorarla nei vari stadi del suo ciclo naturale per prevedere siccità, lanciare allarmi in caso di imminenti inondazioni, proteggere le riserve di acqua potabile e favorire l’agricoltura.

La crisi idrica ha trasformato la California in una sorta di laboratorio per i progetti di telerilevamento. Negli ultimi tre anni un gruppo di ricercatori della Nasa sotto la direzione di Tom Painter ha sorvolato il Parco nazionale di Yosemite con un aereo carico di strumentazione scientifica per monitorare la copertura nevosa che alimenta l’Hetch Hetchy Reservoir, la principale fonte idrica di San Francisco.
L’aereo di Painter, battezzato Airborne Snow Observatory, aveva una dotazione di sensori simile a quella di Greg Asner: un laser scanner Lidar per misurare la profondità della neve e uno spettrometro per analizzarne le proprietà. Il Lidar funziona come un radar, ma utilizza un fascio laser: la distanza dell’aereo dalla superficie viene determinata in base al tempo che la luce riflessa impiega nel tragitto di andata e ritorno. Confrontando la topografia di una zona coperta di neve con quella della stessa area rilevata d’estate, in assenza di neve, Painter e il suo gruppo hanno potuto determinare a più riprese la quantità esatta di neve presente nei 1.200 chilometri quadrati del bacino idrografico. Contemporaneamente, lo spettrometro misurava le dimensioni dei cristalli di neve e la quantità di polvere depositata sulla superficie, due parametri che influenzano la velocità di fusione della neve sotto il sole primaverile.

Painter ha in programma l’applicazione delle stesse tecnologie ad altre regioni montuose del mondo nelle quali le riserve di acqua derivante dalla fusione della neve sono a rischio, come i bacini idrografici dell’Indo e del Gange nell’Himalaya. «Entro la fine del decennio, quasi due miliardi di persone dovranno confrontarsi con le conseguenze dei cambiamenti nella copertura nevosa», spiega. «È uno degli aspetti più macroscopici del cambiamento climatico».

La diminuzione della quantità d’acqua che alimenta i fiumi e i bacini artificiali della California ha spinto gli agricoltori ad attingerne di più dai pozzi per irrigare i campi, e il risultato è che si sono abbassati i livelli delle falde. Le autorità statali monitorano le riserve d’acqua nel sottosuolo mediante sensori introdotti manualmente nei pozzi. Ma un gruppo di scienziati diretto da Jay Famiglietti, idrologo dell’Università della California a Irvine e del Jpl, ha iniziato a lavorare con una coppia di satelliti denominati Grace (Gravity Recovery and Climate Experiment) per “pesare” dallo spazio l’acqua contenuta nel suolo californiano. In pratica, i satelliti misurano come i cambiamenti dell’attrazione gravitazionale terrestre modificano la quota dei satelliti stessi e la distanza tra di essi; i due Grace sono in grado di misurare la distanza reciproca con la precisione di un micrometro. L’anno successivo alla prima misurazione, dopo che gli agricoltori avranno pompato acqua dal sottosuolo, l’attrazione gravitazionale sul primo satellite risulterà leggermente ridotta e il sistema Grace sarà in grado di evidenziare anche questo minimo cambiamento.
L’impoverimento delle falde acquifere, che rappresentano almeno un terzo delle risorse d’acqua dell’umanità, è diventato un pericolo globale, spiega Famiglietti. I dati di Grace mostrano che in oltre metà dei maggiori acquiferi del mondo, specialmente nella Penisola Arabica, in India, in Pakistan e nel Nordafrica, la quantità d’acqua prelevata è superiore a quella che reintegra le riserve.

Dall’inizio della siccità in California, nel 2011, nella Central Valley il pompaggio dell’acqua sotterranea ha causato anche un altro problema: in alcune zone il livello del suolo si sta abbassando. Tom Farr, geologo del Jpl, ha mappato la subsidenza della regione utilizzando i dati radar di un satellite canadese. La tecnica da lui impiegata, sviluppata originariamente per lo studio dei terremoti, permette di rilevare deformazioni del suolo di soli 2,5-5 centimetri. Le mappe di Farr indicano che in vari punti la subsidenza della Central Valley è stata pari a circa 30 centimetri all’anno. Una di queste zone corrisponde a una piccola diga vicino alla città di Los Banos utilizzata per la distribuzione di acqua alle aziende agricole circostanti.

«Sapevamo che c’era un problema perché l’acqua aveva cominciato a tracimare ai lati della diga», dice Cannon Michael, presidente di un’azienda agricola locale. «Ma solo i dati da satellite ci hanno permesso di capire quanto fosse grave la situazione». Grazie al satellite è stato possibile rilevare che si erano formate due conche, due zone di subsidenza su un totale di 9.300 chilometri quadrati di terreno agricolo, tali da minacciare dighe, ponti, canali, condutture e scolmatori: infrastrutture del valore di milioni di dollari. Alla fine del 2014 il governatore della California Jerry Brown ha firmato la prima legge statale che introduce graduali restrizioni sull’estrazione di acqua dal sottosuolo.


Nessuno può vedere meglio degli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale come l'uomo abbia trasformato la Terra e sconfitto la notte. Fotografia NASA

Con l’accumularsi di prove concrete dei molti malanni della Terra - dall’innalzamento delle temperature all’acidificazione dei mari, dalla deforestazione ai fenomeni meteorologici estremi - la Nasa ha dato priorità alle missioni il cui obiettivo è proprio far fronte agli impatti antropici. Uno dei satelliti più recenti, l’osservatorio SMAP (Soil Moisture Active Passive), del costo di 916 milioni di dollari, è stato lanciato lo scorso gennaio. Il radar di Smap è progettato per misurare l’umidità contenuta nel suolo analizzando gli echi degli impulsi di onde radio molto corte riflessi dalla superficie terrestre, mentre il radiometro di bordo registra la radiazione emessa dal suolo stesso. Nel mese di luglio il radar attivo ha cessato di trasmettere dati, ma il radiometro passivo funziona ancora perfettamente. Le mappe ottenute grazie a esso saranno di aiuto nella previsione di siccità, inondazioni, resa dei raccolti e carestie.

«Se avessimo avuto i dati SMAP nel 2012, avremmo potuto facilmente prevedere la grande siccità del Midwest che ha colto tanti di sorpresa», afferma Narendra N. Das, ricercatore del Jpl. Pochi si aspettavano la perdita di circa 30 miliardi di dollari nei raccolti registrata durante quell’estate a seguito di una “siccità lampo”: un’improvvisa ondata di calore associata a un’umidità insolitamente bassa. «I dati di Smap avrebbero segnalato che il suolo della regione era carente di umidità e che, in assenza di piogge, era probabile la perdita dei raccolti», spiega Das. Disponendo di questa informazione, gli agricoltori avrebbero potuto prevedere in anticipo una stagione sfavorevole e prendere contromisure.

Il cambiamento climatico sta anche aumentando la frequenza di precipitazioni di intensità estrema, e SMAP può essere di aiuto nel prevedere i rischi a esse collegati. Per esempio può rilevare quando il suolo è così saturo d’acqua da far ritenere imminente uno smottamento o un’esondazione. Ma la scarsità d’acqua è una minaccia più pervasiva e duratura. In assenza di umidità nel suolo, lo stato di salute dell’ambiente peggiora, come è accaduto in California, determinando ondate di calore, siccità e incendi. «Per il suolo l’umidità è come il sudore per l’uomo», spiega Das. «Quando evapora, provoca un raffreddamento. Ma se il suolo è privo di umidità, la superficie si riscalda, come accade a noi nel caso di un colpo di calore».

Nonostante tutti questi attentati al suo benessere, finora il nostro pianeta ha dimostrato una notevole capacità di incassare i colpi. Mari, foreste e praterie continuano ad assorbire circa metà dei circa 37 miliardi di tonnellate di anidride carbonica riversati ogni anno nell’atmosfera dalle attività umane. Ma nessuno è in grado di prevedere quando arriveremo al punto di saturazione. Fino a poco fa non era disponibile alcuno strumento che permettesse di misurare il flusso del carbonio in entrata e in uscita da questi serbatoi naturali.

La situazione è cambiata nel luglio 2014, quando la Nasa ha lanciato la sonda Orbiting Carbon Observatory-2. Progettata per “osservare il respiro della Terra”, OCO-2 è in grado di misurare con precisione - fino a una molecola su un milione - la quantità di CO2 assorbita o rilasciata nell’atmosfera in qualsiasi regione del mondo. Le prime mappe globali che utilizzano i dati di OCO-2 mostrano pennacchi di CO2 che si innalzano sull’Australia settentrionale, l’Africa meridionale e il Brasile orientale, dove le foreste vengono incendiate per ricavare terreni agricoli.

Greg Asner e la sua équipe hanno anche tentato di capire dove vada a finire tutto il carbonio. Prima di sorvolare le foreste della California, hanno dedicato anni allo studio di 720 mila chilometri quadrati di foresta in Perù per calcolarne il contenuto in carbonio. All’epoca il Perù era in trattativa con partner internazionali riguardo alla possibilità di proteggere le sue foreste pluviali. Asner dimostrò che le aree forestali a maggior rischio da attività quali l’abbattimento degli alberi, l’agricoltura e la ricerca di gas naturale e petrolio erano quelle che contenevano più carbonio: circa 6 miliardi di tonnellate. La conservazione di queste aree avrebbe “sigillato” queste ingenti quantità di carbonio, sostenne Asner, oltre a proteggere innumerevoli specie animali e vegetali. Alla fine del 2014 il governo norvegese si è impegnato a stanziare fino a 300 milioni di dollari per prevenire la deforestazione in Perù.

Nei prossimi anni la Nasa ha in programma cinque nuove missioni per lo studio del ciclo dell’acqua, degli uragani e del cambiamento climatico. Strumenti più piccoli per il monitoraggio della Terra, chiamati CubeSats - alcuni così piccoli da stare nel palmo di una mano - verranno portati nello spazio nel corso di altre missioni. Per scienziati come Asner è evidente che si tratta di una questione impellente. «La Terra è in un momento di rapido cambiamento», dice. «E molti cambiamenti non possono essere compresi a fondo con gli attuali strumenti scientifici».

Nel prossimo decennio potrebbe entrare in funzione il primo spettrometro per immagini - simile a quelli usati da Asner e Painter - in orbita terrestre. «Abbiamo studiato Giove, Saturno e Marte con spettrometri orbitanti, ma non abbiamo ancora realizzato un programma analogo per il nostro pianeta», osserva Painter. Un simile strumento ci mostrerebbe qualcosa di stupefacente: riusciremo a vedere e a identificare singoli alberi dallo spazio. E saremo costretti a guardare anche la foresta nella sua interezza: noi esseri umani e la nostra tecnologia siamo la sola speranza per curare i mali che abbiamo provocato.


Foreste
CHE COS’È
Il Carnegie Airborne Observatory ha realizzato questa immagine di una foresta pluviale a Panama con un dispositivo laser scanner LIDAR, che individua la forma degli alberi, e uno spettrometro che ne analizza la composizione chimica.
COSA CI DICE
Questa tecnica ha permesso a Greg Asner della Carnegie Institution e alla sua équipe di identificare i singoli alberi a partire dalla loro "firma" chimica e di determinare il loro stato di salute da una quota di 2.100 metri. Gli alberi che appaiono rossastri in questa immagine (i colori sono arbitrari) crescono più in fretta e assorbono più CO2.
Immagine: Gregory Asner, Carnegie Institution for Science


Acqua
CHE COS’È
L'immagine mostra il fiume Tambopata nel Perù orientale ed è stata ottenuta con il LIDAR - un dispositivo per la telemetria laser che funziona come un radar - a bordo del Carnegie Airborne Observatory.
COSA CI DICE
L'area raffigurata è ricoperta da foresta pluviale. Alcuni impulsi emessi dal LIDAR penetrano la volta arborea e vengono riflessi dal suolo, rivelando in dettaglio la topografia - il rosso corrisponde a una quota pochi metri più elevata rispetto al blu - e canali fluviali oggi in secca che hanno modellato la foresta e contribuito alla sua biodiversità.
Immagine: Gregory Asner, Carnegie Institution for Science


CHE COS’È
Una mappa della CO2 atmosferica sui continenti realizzata dal satellite OCO-2 della NASA nel giugno 2015. La media globale è di 400 parti per milione; il rosso indica una concentrazione maggiore, il verde una minore.
COSA CI DICE
Foreste e mari hanno rallentato il riscaldamento globale sequestrando parte della CO2 prodotta dall'uomo. OCO-2 rivelerà esattamente dove va la CO2 e a che velocità il pianeta potrebbe riscaldarsi in futuro.
Mappa: Ngm. Fonte: NASA/Jpl


Suolo
CHE COS’È
Il satellite Aqua della NASA ha realizzato queste immagini della California e del Nevada nello spettro della luce visibile il 27 marzo 2010 (a sinistra) - l'ultimo anno in cui si sono avute nevicate nella norma - e il 29 marzo 2015 (a destra).
COSA CI DICE
Dopo quattro anni di siccità, la copertura nevosa della Sierra Nevada - una riserva d'acqua essenziale per la California - è ridotta al 5% della media storica. La neve è pressoché scomparsa dal Nevada. E a ovest della Sierra, nella Central Valley, buona parte dei fertili terreni agricoli è lasciata a riposo e appare in colore marrone.
Immagine NASA

http://www.nationalgeographic.it/

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Mondo Tempo Reale è il blog che dal 2010 vi racconta le notizie più incredibili, strane, curiose e divertenti: fatti imbarazzanti, ladri imbranati, prodotti assurdi, ricerche scientifiche decisamente insolite.
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