Cristiano etero si finge gay per un anno, per capire meglio gli omosessuali



Come molte persone allevate secondo la cultura cristiana conservatrice americana, Timothy Kurek di Nashville (Tennessee), aveva sempre considerato gli omosessuali dei peccatori, nel migliore dei casi da cercare di salvare: “Impari ad essere molto spaventato di Dio. La cosa più amorevole da fare con un mio amico gay sarebbe dirgli ‘Ascolta, sei un abominio e devi pentirti, per poter andare in Paradiso’. Credevo assolutamente in questo, punto e basta”. Ma poi ha fatto un”esperimento sociale”, fingendosi gay per un anno, per capire meglio quello che vivono gli omosessuali.

Da giovane Timothy era talmente devoto che quando i suoi amici di comportavano male, i loro genitori lo chiamavano per chiedergli di rimetterli sulla retta via: “Stavo al telefono anche fino alle quattro di mattina, chiedendogli di pentirsi dei propri peccati”.

Poi però, sette anni fa, una amica gli ha confidato di essere lesbica, e di come i genitori la avessero cacciata di casa quando lei aveva confessato la cosa. E lui si è sentito un fallimento come amico: “Mi sentivo come se Dio mi avesse preso a calci nello stomaco. Lei piangeva tra le mie braccia, e anziché riuscire a consolarla, mi venivano solo in mente cose per cercare di convertirla”. E ha iniziato ad avere qualche dubbio, se i “suggerimenti” che gli venissero fossero la voce di Dio, oppure semplicemente l’effetto di venti anni vissuti in una “bolla iper-conservatrice”.

Per la prima volta, Kurek si è domandato cosa si provasse veramente ad essere gay ed essere così isolati, ed ha preso una decisione coraggiosa, decidendo di voler provare in prima persona “Dovevo capire, mettermi nei loro panni. Dovevo dire alla mia famiglia, ai miei amici e al mondo che ero gay”.

Timothy ha pianificato per sei settimane il come fare il coming out, ma il tutto è successo in modo imprevisto: stava leggendo un libro sui gay quando ha iniziato a notare che la gente lo osservava. Ad un certo punto un tizio è arrivato da lui dicendogli: “Sai che è falso. Non puoi essere gay e Cristiano”. Al che, Timothy ha risposto: “Io sono gay, e amo Dio”. Quel giorno ha detto anche alla sua famiglia e ai suoi amici di essere gay. Solo ad una zia e a due amici ha confidato la realtà e la natura dell’esperimento, nel caso le cose fossero sfuggite di mano. Poi ha iniziato a frequentare locali e club gay, ed ha anche convinto un amico a fingersi il suo fidanzato: non facile per uno che era omofobico da tutta la vita.



Come prevedibile, la famiglia e gli amici non hanno preso bene la cosa, molti gli mandavano messaggi chiedendogli di pentirsi. Nel corso dell’anno ha perso il 95% dei suoi amici. “Ma ne ho fatti di nuovi”, dice Timothy. Il momento più triste forse è stato quando ha letto che la madre aveva scritto su un giornale che “avrebbe preferito scoprire che suo figlio aveva un cancro terminale, piuttosto che fosse gay”. Fortunatamente, però, nel tempo l’atteggiamento della madre è cambiato.



Alla fine dell’anno Timothy ha fatto nuovamente “coming out”, spiegando di essere in realtà etero e della natura del suo esperimento, che a quanto racconta ha rafforzato la sua fede, aggiungendo che ha imparato come la maggior parte dei cristiani non sia per nulla omofobica: “È solo una minoranza molto rumorosa che attira tutta l’attenzione”. Ora Timothy partecipa spesso a conferenza per raccontare la sua esperienza, su cui ha scritto anche un libro.

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