In che modo state affrontando la fine del consumismo?

Molti anni fa si pensava che in futuro avremmo lavorato di meno, che il tempo libero a disposizione sarebbe stato maggiore e ciò avrebbe di conseguenza apportato un miglioramento alla qualità della nostra vita.

Coloro che avevano presagito un futuro così roseo, resterebbero oggi sbalorditi dinnanzi ad una simile involuzione, che tristemente affligge la vita dell’uomo contemporaneo. Oggi lavoriamo molto di più e siamo più stressati dei nostri genitori e dei nostri nonni. Camminiamo velocemente, comunichiamo in modo essenziale e dormiamo meno delle generazioni che ci hanno preceduto.

I giorni volano via velocemente e spesso non ne conserviamo nemmeno la memoria. Nonostante lo sviluppo della tecnologia, che avrebbe dovuto aiutarci a risparmiare tempo, il potersi dedicare alle nostre passioni è diventato un lusso per pochi privilegiati. Guadagniamo meno dei nostri genitori e ci lamentiamo continuamente della vita che conduciamo.
L’argomento di discussione più diffuso riguarda la crescita, vista come un obiettivo irrinunciabile. Basta infatti sfogliare un giornale o accendere la televisione, per sentire il solito disco rotto che parla con tono mesto di “calo di consumi”, come se si trattasse di una notizia catastrofica. Che cosa ha di così apocalittico una constatazione del genere? Perché nessuno dice che proprio una delle cause principali dell’imbarbarimento della nostra società, deriva dal consumismo?

Alexis de Tocqueville, nel 1835, aveva profetizzato una subdola dittatura che avrebbe dominato il mondo: «Se cerco d’immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla di innumerevoli uomini uguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri». Inquietante profezia che, sfortunatamente, si è avverata e che oggi, a causa di una grave crisi economica, mostra agli osservatori più acuti l’insostenibilità del nostro sistema economico-sociale.

Questi studiosi, ritengono sia giunto il momento di comprendere che la società dei consumi gioca un ruolo decisivo nell’infelicità umana e che il consumismo è ormai al collasso. Sorge spontanea una domanda: cosa ha provocato nell’uomo questa necessità cronica di acquistare continuamente sempre più cose, realizzate appositamente per durare poco e per passare di moda in breve tempo?

Siamo stati e siamo (oggi un po’ meno di ieri… solo perché i salari sono più bassi) dei consumatori infelici e poche sono state le voci ribelli riguardo a questo sistema. Gli stessi partiti politici, che siano di destra, di sinistra, che si facciano chiamare “movimenti” per far credere agli ingenui di essere “diversi dagli altri”, sono da tempo asserviti al potere economico e sarebbe perciò stupido meravigliarsi di fronte al crescente disinteresse verso la politica.

Che le masse siano facilmente manipolabili non è affatto una recente scoperta. Basta studiare la storia per rendersi conto di quanto sia semplice controllarle, anche in periodi di non belligeranza e di democrazia. Chiediamoci allora cosa sia il consumismo e in che modo si sia impossessato della nostra vita.

Il consumismo è un comportamento volto ad aumentare l’acquisizione di beni di consumo individuale, molto al di là dei bisogni primari dei fruitori. Tale fenomeno non ha origini molto antiche: in passato infatti contrassegnava solo una parte dei ceti sociali. Già alla fine dell’Ottocento, Thorstein Bunde Veblen, noto economista e sociologo statunitense, aveva individuato nei ceti ricchi la tendenza ad accumulare beni di consumo “appariscenti”, acquistati non in funzione del loro intrinseco valore, ma con lo scopo di esibire la ricchezza del proprietario.
Consumismo al collasso
Con il passare del tempo, questo tipo di consumismo è andato ad estendersi anche al ceto medio e ad una parte delle classi popolari: un prodotto costoso viene usato come strumento finalizzato ad alludere ad una reale o presunta superiorità economica e sociale. L’avvento della televisione e di altri mezzi di comunicazione di massa, hanno completato l’opera manipolativa, facendo crescere in modo elevato, il numero di persone di qualsiasi ceto sociale che intravede nello sviluppo dei propri consumi, non solo un mezzo per impossessarsi di status symbols, quanto soprattutto una finalità da rincorrere nel convincimento, attuato in maniera più o meno subdola dai mass media, che certi beni superflui siano necessari.

Uno dei più moderni esempi di falso bisogno creato dalla società dei consumi, è costituito dal cellulare: indubbiamente uno strumento di comunicazione molto utile in caso di emergenza oppure per chi svolge una professione ove sia prevista la necessità di essere sempre reperibili. In una società in cui il benessere e la sicurezza dell’uomo dovrebbero essere al centro degli interessi dei governanti, si sarebbe provveduto a fornire ogni abitante del pianeta di uno strumento così utile.

Così come si sarebbe provveduto a fornire tutti di una casa e di tanti altri oggetti e servizi che rappresentano veri bisogni per l’essere umano. Ma questo è un altro discorso che investe l’egoismo umano e si andrebbe fuori tema. Torniamo al discorso del telefonino: un’invenzione indubbiamente straordinaria, che, tuttavia, se fosse stato dato a tutti, avrebbe significato un guadagno esiguo per chi li produceva e, soprattutto, non sarebbe diventato un oggetto di consumo e quindi di dipendenza.

E allora via con la produzione di telefonini sempre più sofisticati e con innumerevoli funzioni di cui non abbiamo alcun bisogno. File interminabili per essere i primi a possedere l’ultimo modello di telefonino, soprattutto se il costo è abbastanza elevato, pur di sfoggiarlo continuamente con colleghi e amici, o presunti tali. E chi non ha alcuna intenzione di uniformarsi alla massa, viene considerato un ‘alieno’ oppure un semplice ‘perdente’ che non può disporre della quantità di denaro necessaria per tale acquisto.

Siamo veramente caduti in basso nel seguire bovinamente un consumismo che di certo non ha migliorato la nostra vita, visto l’aumento delle ore di lavoro, dello stress, della depressione e del consumo di psicofarmaci. Nei miei contatti quotidiani ho potuto constatare, infatti, che la maggioranza della gente parla solo ed esclusivamente di soldi che non bastano mai, di debiti da pagare e di mutui da estinguere.
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Un’altra domanda sorge spontanea: per quale ragione si continua a parlare di crescita dei consumi, quando si è pienamente consapevoli che l’ambiente non può sopportare più questo sfrenato consumismo? La risposta è molto semplice e si chiama neoliberismo. Presentato come una dottrina politica e adottato dai governi di tutto il mondo, il neoliberismo è riuscito, anche attraverso la politica e i mass media, a far sì che il nuovo vangelo fosse proprio il consumismo. Ed è riuscito anche a stimolare uno degli istinti più bassi e deleteri dell’essere umano: l’avidità.

A tal proposito consiglio, per chi non l’avesse visto, la visione del film di Oliver Stone: “Wall Street, il denaro non dorme mai”, di cui riporto una citazione molto significativa. Nel film, Il cinico Gordon Gekko, interpretato da Michael Douglas, tiene una lezione di economia all’università, parlando anche di avidità:
«Qualcuno mi ha ricordato qualche sera fa che una volta ho detto “l’avidità è giusta”… a quanto pare è diventata legge. Perché, vedete, è l’avidità che spinge il mio amico barista a comprare 3 case che non può permettersi, senza dare l’anticipo; ed è l’avidità che spinge i vostri genitori a chiedere un mutuo di 250,000$ sulla casa che ne vale 200. E con quei 50 correre al centro commerciale a comprare la TV al plasma, l’ultimo cellulare, il computer e già che ci sono anche un Suv. E perché non anche la seconda casa, in effetti conviene… È chiaro come il sole, basta fare un po’ di attenzione: la madre di ogni male di oggi è la speculazione, il debito indotto. In conclusione, il vero nemico è il prestito, è ora di riconoscere che è un biglietto sicuro per la bancarotta, senza ritorno. È sistemico, maligno, ed è globale come il cancro.»
Subiamo oggi un martellamento continuo da parte dei mass media, e quindi dei nostri governanti assoggettati alla finanza, che ci dice che si deve acquistare per far crescere l’economia e evitare che molti uomini restino senza lavoro. Sembra, dunque, di essere entrati in un circolo vizioso senza uscita.

E adesso che il potere di acquisto è crollato, dopo anni e anni di pubblicità che spingevano i consumatori a possedere sempre di più e a circondarsi di oggetti inutili, ci si accorge, come per incanto, che quel sistema è crollato e con esso il consumismo. Prima di quanto pensiamo, anche il più incallito consumatore capirà che dobbiamo essere pronti a vivere con serenità una decrescita, che sicuramente migliorerà i rapporti umani e l’ambiente.

Volenti o nolenti, dobbiamo disintossicarci da questa droga, soprattutto per lasciare ai posteri un ambiente non dico incontaminato, visto che ormai il danno è stato fatto, ma almeno un po’ migliore di quello che abbiamo oggi. Non sarà facile, ma bisogna almeno essere pronti a combattere quella mentalità che hanno cercato di inculcarci e che ha convinto i più a nutrire insoddisfazioni per ciò che possiedono, e far loro desiderare oggetti che non hanno.

“Troppe persone spendono soldi che non hanno guadagnato, per comprare cose che non vogliono, per impressionare persone che non amano”. Così Will Rogers aveva ben sintetizzato una delle caratteristiche umane più masochiste e disastrose. Prendiamo invece esempio dal piccolo regno del Buthan, per intraprendere un percorso innovativo e resistere ad un’informazione che ci parla sempre di felicità intesa come crescita economica. Tale paese ha adottato un nuovo strumento volto a misurare il successo economico di uno stato, prendendo come riferimento la percezione che hanno gli abitanti della loro vita e della salubrità dell’ambiente.

Fine del consumismo
Sicuramente i magnati dell’economia cercheranno di ostacolare in tutti i modi possibili tale processo, ma prima o poi noi consumatori capiremo che lo shopping spudorato di un tempo sarà solo un ricordo, anche perché mancano le risorse ambientali necessarie per sostenere quell’obsoleto sistema e stile di vita. Per evitare il trauma che seguirà la caduta del consumismo, è quindi meglio esser pronti. I cambiamenti non avvengono mai in modo indolore.

E voi, in che modo state affrontando la fine del consumismo? Credendo forse ciecamente a chi promette il ritorno di shopping spensierato, pensionamenti anticipati e nascita di nuovi posti di lavoro? Oppure già da tempo avete modificato il vostro stile di vita con serenità? O, meglio ancora, non siete mai stati vittime del consumismo sfrenato?

http://www.fisicaquantistica.it/miscellanea/l-inizio-della-fine-del-consumismo

Mondo Tempo Reale

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Mondo Tempo Reale è il blog che dal 2010 vi racconta le notizie più incredibili, strane, curiose e divertenti: fatti imbarazzanti, ladri imbranati, prodotti assurdi, ricerche scientifiche decisamente insolite.
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