Anatomia di un paese sismico


Case fortemente danneggiate a Pescara del Tronto. Si notano i terreni incoerenti che sono franati durante il terremoto. Fotografia per gentile concessione INGV (Flickr)

Ogni giorno decine di microterremoti scuotono la penisola italica, punto di incontro tra la placca africana e quella europea. L’Italia è per definizione un paese sismico, ma ce ne ricordiamo solamente nelle catastrofi

Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Ma anche Campania, Friuli, Sicilia e tutte le altre. Non c’è regione d’Italia che nella storia recente sia stata risparmiata dal terremoto. Ogni giorno avvengono alcune decine di microterremoti, la maggioranza dei quali non sono avvertiti, perché di magnitudo inferiore a 2,5. Per farsi un’idea della natura altamente sismica del nostro Paese basta consultare la lista di terremoti aggiornata in tempo reale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. La lista cresce sotto i propri occhi: in un periodo di quiete come il mese di giugno 2016, la rete sismica nazionale ha contato circa 1.000 terremoti, saliti a oltre 10.000 nel mese di settembre, caratterizzato dalla sequenza sismica in Italia centrale inziata il 24 agosto. “In regioni sismicamente attive come l’Italia, la Legge di Gutenberg-Richter predice che, in una data zona e intervallo di tempo, per ogni terremoto di magnitudo 6 ce ne siano 10 di magnitudo 5, 100 di magnitudo 4 e così via” spiega Alessandro Amato, direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV.

Il numero di eventi, già di per sé impressionante, rappresenta solo una parte delle scosse: attualmente la sensibilità della rete sismica permette di rilevare solamente quelle di magnitudo superiore a 1,2. Il catalogo parametrico dei terremoti parla chiaro. “I recenti terremoti dell’Italia centrale non sono eventi sorpendenti, quello che colpisce è l’impatto che hanno sul nostro territorio” prosegue Amato. Se pur difficilmente sperimenteremo eventi colossali come quelli che colpiscono altre regioni del globo, come le Ande o l’Himalaya, in almeno nove occasioni l’Italia è stata interessata da terremoti di magnitudo superiore a 7. Il più violento risale all’11 gennaio 1693 quando la Val di Noto fu squassata da un sisma di magnitudo 7,32. Quarantacinque centri abitati della Sicilia furono ridotti in macerie, portando con sé oltre 60.000 anime. Anche nel secolo scorso si sono registrati eventi imponenti: nel 1908 due città popolose come Messina e Reggio Calabria furono colpite da un terremoto di magnitudo 7,1. In quella che è considerata, per numero di vittime, la più grave catastrofe naturale avvenuta in Europa, persero la vita tra 80 e 120 mila persone.

Tra incudine e martello

La penisola italica nasce dallo scontro tra la placca litosferica eurasiatica e quella adriatica, una porzione di Africa separatasi dal continente nel Cretaceo. La collisione tra le due placche ha segnato l’orografia del Paese, disegnando nelle regioni di contatto le catene montuose di Alpi e Appennini. “La microplacca adriatica si sposta verso Nord-est, con un movimento antiorario che è indipendente da quello della placca eurasiatica” spiega Amato. Il movimento tende a stirare e deformare gli Appennini: oltre una certa soglia, l’energia meccanica accumulata nelle faglie viene liberata, innescando il terremoto. “Non si tratta di un’unica entità ma di tante piccole faglie la cui lunghezza può misurare poche decine di chilometri. Si tratta quindi di un movimento complesso poiché le singole faglie possiedono caratteristiche proprie, quali attrito e resistenza”. Tuttavia, può succedere che alcune di queste si attivino insieme, a distanza di poche settimane o mesi, con un rilascio frammentato di energia. “Trovo infelice il termine ‘contagio sismico’, perché suggerisce l’idea di qualcosa che si propaga, come un’epidemia. Se potrebbe avere senso per gli aftershock [le scosse di assestamento che seguono il sisma principale] di certo non va bene per i terremoti avvenuti nell’Italia centrale in cui ad attivarsi sono state due diverse faglie”.


Monte Vettore: la stazione GPS per il monitoraggio delle deformazioni del suolo collocata in area epicentrale. Fotografia di INGV (Flickr)

Faglie che in alcuni casi sono osservabili anche a occhio nudo. Il terremoto del 30 ottobre ha infatti provocato un’imponente deformazione superficiale sul Monte Vettore (video a 360°, muovere il mouse mentre scorre il filmato). Uno scalino che si estende per 10 chilometri la cui altezza, in alcuni punti, supera i 50 centimetri. Ma la terra non si muove solo durante i terremoti: ogni anno la Rete Integrata Nazionale GPS registra piccoli spostamenti, dell’ordine dei millimetri. Questo movimento asismico avviene lontano dalle faglie e spinge lentamente ma inesorabilmente la penisola verso i Balcani: tra qualche milione di anni il Mare Adriatico potrebbe essere solo un ricordo. “Il ricorso alla rete GPS per monitorare i terremoti è un approccio recente, in occasione del sisma del 1997 nell’Appennino umbro-marchigiano non avevamo praticamente ancora nulla”, spiega Alessandro Amato. L’incessante progresso tecnologico ci spinge a conoscere meglio il sottosuolo e i suoi movimenti. Perché in Italia i terremoti non sono eventi eccezionali bensì coinquilini discreti ma temibili con i quali dobbiamo imparare a convivere.

http://www.nationalgeographic.it/ambiente/disastri-naturali/2016/11/16/news/anatomia_di_un_paese_sismico-3313877/

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