L'ormone degli uccelli viaggiatori

Studiando il beccafico, gli scienziati hanno scoperto come gli uccelli si rendono conto di essere pronti per riprendere la migrazione. Fotografia di Vogelartinfo, Wikimedia Commons, Licenza GFDL 1.2 
Durante la migrazione molti volatili si fermano nei siti di stop over, dove si rifocillano e recuperano le energie. Ma come fanno a sapere quando sono pronti per riprendere il viaggio?

Durante la migrazione molte specie di uccelli si fermano nei siti di stop over, tappe intermedie dove hanno la possibilità di riposarsi prima di riprendere il viaggio. Ma cosa fa capire loro che sono pronti per ripartire, dopo aver mangiato e ristabilito le riserve di grasso?

Finora la risposta era sconosciuta, ma secondo un nuovo studio coordinato da Leonida Fusani, Direttore dell’Istituto Konrad Lorenz per l’Etologia di Vienna e docente alle Università di Vienna e Ferrara, la durata di questa sosta è determinata dall’ormone grelina: quando le riserve di grasso sono sufficienti, comunica all’uccello che c’è abbastanza “carburante” per ripartire.

La scoperta è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences of America ed è stata possibile grazie agli studi condotti sul beccafico (Sylvia borin), un piccolo passeriforme che in Italia nidifica lungo tutto l’arco alpino e ogni anno compie lunghe migrazioni per svernare in Africa.

Lavorando al Centro di Ricerca sulla Migrazione dell’isola di Ponza -al quale abbiamo dedicato un reportage su queste pagine- Fusani e colleghi hanno scoperto che i beccafichi con maggiori scorte di grasso sottocutaneo avevano livelli più elevati di grelina, mentre gli esemplari più “magri” ne avevano livelli molto inferiori; la concentrazione dell’ormone era una sorta di specchio delle condizioni degli uccelli. Quando in un secondo esperimento gli scienziati hanno somministrato la grelina ai beccafichi, hanno scoperto qualcosa che non si aspettavano: a sortire maggior effetto è stata la forma non acilata dell’ormone, ritenuta a lungo quella inattiva.

“Normalmente la forma acilata è considerata quella attiva, che lega il recettore, al punto che inizialmente pensavamo di usare la forma non acilata come sostanza di controllo per valutare l’effetto dell’ormone” racconta Fusani a National Geographic Italia. “Invece abbiamo scoperto che è quella con l’azione più intensa e che probabilmente agisce su meccanismi che ancora non conosciamo”. La grelina non acilata può infatti attraversare la barriera emato-encefalica, la struttura che protegge il sistema nervoso regolando le sostanze chimiche in ingresso e uscita dal cervello.

I beccafichi cui veniva somministrata mangiavano di meno e aumentavano l’inquietudine migratoria, un comportamento che si osserva solo nei periodi di migrazione ed è molto facile da riconoscere: gli uccelli sbattono le ali stando fermi, puntano verso l’alto con la testa, in un pattern di movimenti molto chiaro e ormai noto ai ricercatori.

In vari studi, in passato, la grelina non acilata non aveva mostrato effetti importanti. Forse per una differenza d’azione tra le varie specie, il che “non ci stupisce”, dice Fusani. “In mammiferi e uccelli uno stesso ormone può avere l’effetto opposto, inducendo appetito nei primi e inibendolo nei secondi. Succede abbastanza spesso. Un altro aspetto interessante è che il nostro è il primo studio sulla grelina condotto su uccelli non domestici. Ormai ne conosciamo più di 10.000 specie, ma quello che sapevamo dell’ormone arrivava da ricerche su polli, quaglie, anatre, mentre riguardo alle specie selvatiche si sapeva poco o niente. Ora la nostra prospettiva sulle migrazioni è molto più ampia”.

Fusani e i colleghi lavorano con i beccafichi da molti anni, ma ora hanno la conferma che quanto osservato in gabbia, usando strumenti di registrazione, corrisponde piuttosto fedelmente a quello che succede in natura agli uccelli migratori. Gli animali grassi fanno stop over più brevi, mentre quelli magri si fermano più a lungo in luoghi come Ponza, perché hanno bisogno di mangiare. Devono recuperare le energie e il grasso perduti durante il viaggio, fino a quando la grelina comunica loro che il momento di riprendere il viaggio è arrivato.

“I fattori che regolano la decisione se fermarsi o ripartire sono molti, ma la grelina è all’inizio della cascata”, conferma Fusani. “In passato avevamo scoperto che anche la melatonina influenza il meccanismo e crediamo che i due sistemi interagiscano tra loro. Ma è la grelina a dare l’ok per la partenza, forse aumentando le funzioni metaboliche e il metabolismo di base”.

Secondo gli scienziati, queste nuove conoscenze potrebbero avere risvolti interessanti anche negli studi umani su obesità e sindromi metaboliche. Non esiste infatti alcun mammifero capace di raddoppiare il proprio peso in un paio di settimane, sfruttando i depositi di grasso in un momento preciso, come fanno gli uccelli migratori, per poi tornare in breve tempo al peso normale e riuscire a mantenerlo. “Tra i problemi più incisivi nell’obesità c’è che per chi perde peso è difficile mantenerlo, ed è uno degli aspetti più dipendenti da uno scompenso fisiologico-metabolico”, spiega Fusani. “Per capire i meccanismi alla base del problema, un modello che va incontro a simili modifiche ma poi torna al suo peso normale -e lo mantiene- può essere molto utile”.

Guardando lo studio dalla prospettiva opposta, possiamo anche pensare che animali con livelli bassi di grelina siano incentivati a fermarsi nei siti di stop over, perché l’ormone dice all’uccello “fermati, non hai abbastanza riserve per proseguire”. Tuttavia non è stato ancora testato sperimentalmente e questo “è uno dei limiti della ricerca endocrinologica”, dice Fusani, “perché non puoi togliere l’ormone, dunque non puoi mai dimostrare qual è il suo non-effetto”.

Il prossimo passo per i ricercatori sarà cercare di capire quali sono le interazioni tra la via metabolica della grelina e quella della melatonina. “Ora che sappiamo che sono coinvolte entrambe vorremmo capire meglio quali sono gli effetti diretti sul metabolismo”, conclude Fusani, “in modo da studiare i fenomeni fisiologici che accompagnano quello comportamentale, ovvero l’aumento dell’inquietudine migratoria e la maggior assunzione di cibo”.

Lo studio è stato condotto in collaborazione con l'Istituto Max Planck per l'Ornitologia di Seewiesen (Germania), con il National Cardiovascular Center Research Institute giapponese e con la Swedish University of Agricultural Sciences.

http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2017/02/15/news/uccelli_migrazioni_ormone_grelina-3423428/

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