Nazca, le nuove linee nel deserto peruviano

Fotografia Martin Bernetti/AFP/Getty Images
Un team di ricercatori italiani ha studiato per la prima volta centinaia di geoglifi finora trascurati: avevano funzione religiosa ma anche molto pratica

Le linee di Nazca continuano a sorprendere. A circa 1500 anni dalla loro realizzazione, queste forme e disegni nel deserto del Perù meridionale non smettono di svelare nuovi dettagli sulla civiltà preincaica che li ha tracciati.

Quella dei Nazca, o Nasca, è stata una parentesi della storia: circa 900, dal 100 a.C. all'800 d.C. Una parentesi feconda. L’eredità più duratura è quella dei geoglifi: disegni sul terreno pensati per essere guardati dall’alto. Fino ad ora sono stati studiati solo con fotografie aeree. Oggi, grazie alle immagini satellitari, alcuni scienziati italiani hanno analizzato per la prima volta centinaia di geoglifi, molti dei quali non erano ancora stati scoperti. Si tratta soprattutto di linee, trapezi, triangoli, rettangoli, forme a zig-zag, motivi meandriformi e spirali. Si trovano tutte nella pampa de Atarco, una distesa desertica finora poco studiata rispetto alla pianura di Nazca, dove si trovano i geoglifi più famosi come “l’astronauta”, il colibrì e il condor (nella foto), iscritti dal 1994 nel Patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO.

Nicola Masini e Rosa Lasaponara, senior researcher rispettivamente del Cnr-Ibam (Istituto per i beni archeologici e monumentali) e Imaa (Istituto di metodologie di analisi ambientale) hanno condotto lo studio fino al dicembre scorso insieme all’archeologo Giuseppe Orefici del Cisrap (il Centro italiano studi e ricerche archeologiche precolombiane) che studia la cultura Nazca con indagini e scavi archeologici da oltre trent'anni. Le nuove linee studiate negli scorsi mesi si trovano a pochi chilometri dalla città cerimoniale di Cahuachi, la “capitale religiosa” della civiltà Nazca. Proprio questa, spiegano i ricercatori, è la chiave di lettura per dare un senso a quel migliaio di linee e forme geometriche altrimenti inspiegabili.


Immagine CNR-IBAM e CNR-IMAA
Nella Pampa de Atarco i geoglifi non assumono la forma di uomini o animali ma si sviluppano per linee o forme geometriche. In questa immagine satellitare si vede un geoglifo a zig-zag interrotto, in alcuni punti, da alcune linee verticali. In quest’area le linee sono state tracciate in diverse epoche, ecco perché in alcuni casi si sovrappongono. Nella parte inferiore dell’immagine si possono notare le tracce degli pneumatici lasciate dalla carovana del rally Dakar, che è passato da queste parti nel 2012 e nel 2013.

Le linee a zig-zag e i motivi meandriformi, simili ai “serpentoni” per smistare le code in aeroporto, erano probabilmente i percorsi che dovevano seguire i pellegrini in processione verso Cahuachi. Inoltre, spiega Masini, "diverse linee convergono verso le quattro piramidi più importanti di Cahuachi, scavate da Orefici. Pensiamo che l’idea fosse quella di creare un effetto scenografico che doveva infondere meraviglia e rispetto nei credenti”.

I sacerdoti detenevano il potere e, attraverso questi “effetti speciali”, cercavano anche di mantenerlo. Nella città cerimoniale di oltre 20 chilometri quadrati sono state realizzate circa 40 piramidi terrazzando delle colline. La maggior parte di queste sono però è ancora interrata.


Immagine CNR-IBAM e CNR-IMAA 
Su questa immagine satellitare i ricercatori del CNR hanno costruito una mappa dei geoglifi a sud di Cahuachi divisi per tipologia. Per la maggior parte sono semplici linee rette, ma ci sono anche doppie linee rette, zig-zag, spirali, U, rettangoli, trapezi, triangoli e forme irregolari.

Gli studiosi sono riusciti a dare un senso anche ad alcune forme irregolari. “Abbiamo scoperto che alcune linee seguono il percorso di antichi huaicos, tracce di antiche inondazioni” continua Masini. Gli huaicos sono un fenomeno tipicamente andino che ancora oggi tormenta il Perù: si tratta di colate di fango e detriti che dalla montagna si abbattono su città e pianure sottostanti, soprattutto nella stagione delle piogge. Spesso giungevano inaspettate perché in pianura, dove vivevano i Nazca, non pioveva mai: il fango era il risultato delle piogge che cadevano sui rilievi. “Queste lingue di terra distruggevano le oasi e provocavano enormi danni all’agricoltura”, aggiungono i due ricercatori.

Ma allora perché disegnare dei geoglifi lungo queste colate distruttive? “Nell'insieme, questi geoglifi rappresentavano un paesaggio fluviale con un chiaro riferimento all'acqua e alla fertilità. L'obiettivo era quello di mantenere un rapporto armonico con le divinità, per scongiurare questi fenomeni e altre calamità naturali”.

I geoglifi “parlano” molto spesso di acqua. E questo non sorprende, visto che sono stati disegnati su uno dei terreni più aridi e secchi al mondo. Masini e Lasaponara hanno scoperto che una spirale tracciata nel terreno si trova molto vicina ai punti in cui l’acqua, proveniente dalle montagne, tornava in superficie. Serviva, forse, a segnalare la presenza della risorgiva. L’acqua era infatti beffarda con i Nazca: “A monte, dove era impossibile coltivare, scorreva in superficie. Mentre in pianura, dove lo spazio per le attività agricole c’era, si infiltrava e spariva per la porosità del terreno. I Nazca conoscevano bene questi punti, che noi abbiamo individuato grazie alla tecnologia satellitare e alla geofisica”. E con il tempo hanno imparato a conoscere e gestire il territorio individuando aree meno esposte agli huaicos, dove fu disegnata la maggior parte delle linee, spiega Lasaponara.


Immagine CNR-IBAM e CNR-IMAA

Nel corso della campagna di ricerca sono stati fatti anche diversi rilievi aerei con droni. Le immagini ottenute hanno permesso di acquisire maggiori dettagli sulle tecniche di realizzazione dei geoglifi. Questa immagine mostra le due principali: la sottrazione di materiale e l’aggiunta di ciottoli. Nel primo caso i Nazca tracciavano le linee rimuovendo lo strato superiore di materiale, mettendo così in risalto il fondo, di colore più chiaro. Nel secondo caso le linee erano composte da ciottoli messi in fila (nell’immagine si riconoscono perché più scuri, in rilievo).

Dopo secoli passati a invocare la clemenza degli dei per intercessione dei sacerdoti, varie catastrofi naturali hanno segnato la fine di Cahuachi come città cerimoniale: un terremoto e due gigantesche inondazioni, come dimostrato dagli scavi di Orefici. “È cosi che la gente perse fiducia verso i sacerdoti e le piramidi vennero abbandonate dopo essere state coperte. Non distrutte, perché restavano comunque un luogo sacro” continuano i ricercatori del Cnr. Cahuachi ebbe così una sua seconda vita, da capitale religiosa, appannaggio dei sacerdoti, a necropoli. Circa due secoli più tardi sarebbe scomparsa l’intera civiltà Nazca, per motivi ancora non del tutto chiari.


Immagine elaborata da CNR-IBAM e IMAA 
Sulla pampa di Nazca c’è anche uno dei geoglifi più famosi in assoluto: è il cosiddetto “astronauta”. Rappresenta un uomo ma la sua somiglianza con un viaggiatore dello spazio ha originato teorie molto fantasiose sul rapporto tra i Nazca e gli alieni.

Anche senza abbracciare queste ipotesi estreme, è vero che dei Nazca sappiamo ancora molto poco, perché come altre civiltà precolombiane non hanno lasciato testimonianze scritte. Ma grazie alla ricerca svolta negli ultimi decenni, il velo sta cominciando ad alzarsi. Oggi sappiamo che le linee di Nazca non avevano nulla a che fare con l’osservazione degli astri (e no, non erano piste di atterraggio per astronavi aliene) ma erano percorsi rituali e, molto probabilmente, anche dei calendari solari.

I ricercatori hanno infatti individuato diverse linee orientate verso gli equinozi e i solstizi. Servivano, forse, per osservare il Sole e il cambio delle stagioni, per sapere quando bisognava seminare e arare il terreno. I Nazca riuscirono infatti a trasformare il loro deserto in un giardino grazie ai puquios, una rete di acquedotti che attingevano dai corsi d’acqua prima che questi si nascondessero sotto terra.

Non è un mistero, invece, il motivo per cui diversi geoglifi sono stati rovinati negli ultimi anni. Nel 2012 e nel 2013 il rally Dakar (che dal 2009 non si svolge più in Africa ma in Sudamerica) è passato proprio sulla Pampa de Atarco. “Diversi mezzi hanno calpestato le linee, in alcuni casi rovinandole. È probabile che non siano state le auto e le moto da corsa, ma i mezzi della carovana che viaggiava al loro seguito” spiegano i ricercatori. I danni però potrebbero non essere irreparabili: Lasaponara e Masini pensano che restaurare i geoglifi sia possibile. Ma per evitare nuovi guai, è necessaria una tutela maggiore. Purtroppo le linee che si trovano nella Pampa di Atarco non fanno parte del patrimonio Unesco, come i disegni che si trovano nella pampa di Nazca. Qualche segnale positivo però è arrivato: nel 2015 il governo peruviano li ha inclusi nel sistema di gestione del patrimonio culturale di Nasca e Palpa.


http://www.nationalgeographic.it/wallpaper/2017/04/06/foto/nazca_le_nuove_linee_nel_deserto_peruviano-3485155/1/

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