Il relitto della Terror è incredibilmente intatto


Per indagare i ponti inferiori dell'H.M.S. Terror, un archeologo del gruppo Parks Canada lancia un drone sottomarino in miniatura attraverso un lucernario. Immagine per gentile concessione Parks Canada, Underwater Archaeology Team

La nave della spedizione Franklin, partita a metà '800 alla ricerca del Passaggio a Nord-Ovest e affondata nell'Artico canadese (dove è stata ritrovata nel 2016) stupisce i ricercatori: ha conservato perfettamente l'attrezzatura di bordo. Forse anche delle lastre di dagherrotipo che potrebbero aiutare a capire cosa è successo alla sfortunata missione, uno dei grandi misteri della storia

Il relitto della H.M.S. Terror, una delle navi perdute della spedizione di Sir John Franklin del 1845, partita per trovare il famoso Passaggio a Nord Ovest, è sorprendentemente ben conservato. Lo affermano gli archeologi di Parks Canada, che recentemente hanno usato droni sottomarini per scrutare in profondità all'interno dello storico veliero.

“La nave è incredibilmente intatta”, ha affermato Ryan Harris, l'archeologo capo della spedizione. “Guardi il relitto e trovi difficile credere che si tratti di un naufragio di 170 anni fa. Non vedi questo genere di cose molto spesso”.

Scoperto nel 2016, nelle acque ghiacciate al largo dell'isola del Re William, nell'estremo nord del Canada, il relitto non era ancora stato studiato a fondo. Approfittando dei mari insolitamente calmi e della buona visibilità subacquea, un team di Parks Canada, in collaborazione con Inuit, all'inizio di agosto ha effettuato sette immersioni sul favoloso relitto.

Lavorando rapidamente nell'acqua gelida, i sub hanno inserito droni in miniatura, comandati a distanza, attraverso aperture nel boccaporto principale e nei lucernai delle cabine dell'equipaggio, nella mensa degli ufficiali e nella cabina del capitano. “Siamo stati in grado di esplorare 20 cabine e compartimenti, andando da una stanza all'altra. Le porte erano stranamente spalancate”, ha riferito Harris.

Ciò che hanno visto li ha stupiti e deliziati: piatti e bicchieri per la cena ancora sugli scaffali, letti e scrivanie in ordine, strumenti scientifici nei loro contenitori, con la sensazione che riviste, carte e forse anche alcune fotografie possono essere conservate sotto cumuli di sedimenti, che ricoprono buona parte degli interni.


Piatti negli scaffali di bordo, come se fossero pronti per il pasto successivo. Il limo copre gran parte degli interni del relitto, contribuendo a preservarne i manufatti. Fotografia per gentile concessione Parks Canada, Underwater Archaeology Team

“Questa copertura, insieme all'acqua fredda e all'oscurità, creano un ambiente anaerobico quasi perfetto, che è l'ideale per preservare sostanze organiche delicate come tessuti o carta”, ha sostenuto Harris. “Esiste un'altissima probabilità di trovare indumenti o documenti in buon stato, alcuni dei quali sono probabilmente ancora leggibili. Le carte arrotolate o piegate nell'armadio delle mappe del capitano, per esempio, potrebbero essere sopravvissute”.

L'unica area sottostante i ponti a cui la squadra non è stata in grado di accedere, era la camera del capitano. Apparentemente, l'ultima persona ad andarsene ha chiuso la porta. “Stranamente, era l'unica porta chiusa sulla nave e mi piacerebbe sapere cosa c'è dentro”, è stato il commento incuriosito di Harris.

Altrettanto allettante è la possibilità che possano esserci foto della spedizione che attendono di essere scoperte. È noto che la spedizione aveva un apparato dagherrotipo e supponendo che fosse stato utilizzato, le lastre di vetro potrebbero ancora essere a bordo. Per Harris, “se ci sono, è anche possibile svilupparle, come è stato fatto con reperti trovati su altri relitti. Le tecniche ci sono”.


Bottiglie di vetro intatte nella sala mensa ufficiali. La Terror sembra essersi adagiata delicatamente sul fondale. Screenshot per gentile concessione Parks Canada, Underwater Archaeology Team

La sorte che toccò alla spedizione Franklin, è uno dei grandi misteri della storia. Quello che si sa è che Sir John Franklin salpò nel maggio 1845 con un equipaggio di 133 uomini e l'obiettivo di scoprire il Passaggio a Nord Ovest, sfuggito agli esploratori per secoli.

Allora come adesso, la geopolitica era una forza trainante nell'esplorazione dell'Artico, con la Royal Navy impegnata ad assicurarsi l'agognata scorciatoia verso il Pacifico prima dei russi, che avevano le proprie aspirazioni marittime. Con questo intento, nessuna spesa venne risparmiata. A Franklin fu dato il comando di due navi all'avanguardia, Erebus e Terror, entrambe dotate di robusti scafi con rivestimento in ferro e motori a vapore, nonché delle migliori attrezzature scientifiche, cibo e scorte sufficienti per stare tre anni nell'Artico.

È stata una delle spedizioni più attrezzate e preparate a lasciare le coste britanniche. Dopo brevi soste nelle isole Orcadi ed in Groenlandia, le due navi partirono per le acque artiche del Canada, nella speranza di farsi strada attraverso un labirinto di stretti, baie e isole e, infine, raggiungere l'oceano Pacifico.

Gli ultimi che videro le navi furono gli equipaggi europei di due baleniere che incontrarono Erebus e Terror alla fine del luglio 1845, lungo la traversata dalla Groenlandia alla remota isola di Baffin, in Canada. In seguito, non furono più avvistate, membri dei due equipaggi inclusi, per anni, così che furono avviate le ricerche.

Con il passare del tempo, la scoperta di scheletri e attrezzature abbandonate, con inquietanti prove di cannibalismo, ha chiarito che la spedizione era andata incontro ad un disastro. Ma come e perché è rimasto un mistero. Una breve nota, trovata sotto un tumulo, ha fatto un po' di chiarezza storica.

Datato aprile 1848 e firmato da Francis Crozier (capitano del Terror che, da allora, aveva preso il comando della spedizione), dichiarò che le navi erano rimaste bloccate nel ghiaccio per un anno e mezzo, che 24 uomini erano già morti (tra cui Franklin) e che Crozier e gli altri sopravvissuti pianificarono di procedere a piedi, verso un remoto avamposto di commercio di pellicce, a centinaia di miglia di distanza sulla terraferma canadese. Nessuno di loro vi arrivò mai.

Ciò che ha fatto naufragare una spedizione così ben equipaggiata è ancora un mistero. Ma negli ultimi anni, sono stati scoperti i due pezzi maggiori del puzzle, ovvero le navi stesse: Erebus nel 2014, che giace a circa 11 metri di profondità al largo dell'isola del Re William, e Terror due anni dopo, trovata in una baia a circa 45 miglia di distanza e a 24 metri di profondità, in gran parte intatta.


La H.M.S. Terror e la Erebus erano navi all'avanguardia nel 1845, quando la spedizione Franklin partì dalla Gran Bretagna. Immagine di Illustrated London News, Getty

Perché le navi siano finite così distanti tra loro, quale sia affondata per prima e in che modo, sono domande a cui gli archeologi sperano di rispondere.

“Non vi è alcuna ragione ovvia per giustificare il naufragio della Terror. Non è stata stritolata dal ghiaccio e non ci sono fratture nello scafo. Eppure sembra essere affondata rapidamente e all'improvviso, posandosi delicatamente sul fondo. Cosa è successo?”, si chiede Ryan.

Trovare le risposte non sarà facile, anche con una tale quantità di manufatti. Ci sono progetti per esaminare entrambi i relitti, ma sarà un processo lento, che richiederà anni.

“Immergersi in quelle aree è estremamente difficile”, afferma Ryan. “L'acqua è molto fredda, il che rende impossibile rimanere sotto a lungo. E la stagione delle immersioni è breve: qualche settimana se sei fortunato, qualche giorno se non lo sei”.

Comunque, l'ultima stagione di ricerca sulla Terror ha già fornito alcuni indizi allettanti, che aiuteranno i ricercatori a sviluppare una cronologia del disastro.

“Abbiamo notato che l'elica della nave è ancora al suo posto”, precisa Ryan. “Sappiamo che esisteva un meccanismo per sollevarla dall'acqua durante l'inverno, in modo che lo scafo non fosse danneggiato dal ghiaccio. Quindi, il suo posizionamento suggerisce che, probabilmente, era primavera o estate quando la nave affondò, anche considerando che nessuno dei lucernai era a bordo, come sarebbe stato per proteggerli dalle nevi invernali. Senza dubbio – conclude Ryan – ci sono molte più risposte sotto i sedimenti in quelle cabine. In un modo o nell'altro, sono sicuro che arriveremo in fondo alla storia”.

http://www.nationalgeographic.it/popoli-culture/2019/08/30/news/esplorazione_relitto_terror_spedizione_franklin_passaggio_a_nord_ovest-4522232/

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