Così gli oceani, sempre più caldi, sovraccaricano gli uragani



L'occhio dell'uragano Dorian visto dalla Stazione Spaziale Internazionale. Fotografia per gentile concessione NASA

Una qualsiasi tempesta non può essere automaticamente associata al cambiamento climatico, ma la tendenza globale al riscaldamento preoccupa gli scienziati

Quelle acque sempre calde che tanto piacciono ai turisti delle Bahamas hanno contribuito a dare manforte a una delle tempeste più distruttive mai viste da quelle parti.
L’uragano Dorian è rimasto sulle Bahamas per più di un giorno, dove ha infuriato con venti fino ai 300 chilometri orari, rovesciato intensi acquazzoni e inondato case e villaggi con onde di marea.
Un fenomeno che venerdì era di categoria 3 si è rapidamente intensificato fino a raggiungere, domenica 1 settembre, categoria 5. Quando è passato sulle Bahamas il lunedì sera, lo stesso sistema atmosferico che stava indirizzando la tempesta verso la Florida si è interrotto. I venti sono calati, impedendo alla tempesta di andare oltre.

La repentina crescita della mega perturbazione è stata alimentata dalle acque intorno alla Florida meridionale e alle Bahamas, come ha spiegato anche la NASA.
Fondamentalmente è stata “una gran sfortuna” dice Philip Klotzbach, un meteorologo della Colorado State University. “È successo che ci siamo trovati di fronte a un pattern insolito e, allo stesso tempo, a un uragano di grandi dimensioni”.

Il legame con il cambiamento climatico
Le tempeste disastrose che superano qualche record spesso finiscono per generare un dibattito su quanto - e se - il cambiamento climatico abbia svolto un ruolo nella loro genesi.

Sia Klotzbach che il meteorologo dell’Università di Miami Brian McNoldy dicono che collegare qualsiasi tempesta al grande cambiamento globale in corso è complicato, ed è così anche per Dorian.
Gli scienziati guardano piuttosto ai modelli per capire in che modo le tempeste stanno cambiando col passare degli anni.

Nel quarto rapporto National Climate Assessment era previsto che gli uragani potessero diventare più intensi e distruttivi man mano che il clima si surriscaldava.

Alcuni studi suggeriscono che un’atmosfera più calda potrebbe contribuire a rallentare i venti e la ricerca sta sempre più dimostrando che in presenza di temperature più alte gli uragani diventano più lenti e più ricchi di acqua. Per comprenderne il motivo è importante capire l’interazione tra acqua più calda e uragani.

Più caldi, più forti
Quando una tempesta staziona sulla terraferma, come l’uragano Harvey a Houston nel 2017 o Florence sugli stati della Carolina, nel 2018, di solito si indebolisce rapidamente perché non ha più acqua che la possa ricaricare.
“L’area delle Bahamas, in questa parte dell’anno è caldissima - dice McNoldy - e gli uragani vanno a nozze con tutto questo”. McNoldy spiega che sia la temperatura superficiale dell’oceano sia lo spessore dell'acqua calda sono due fattori che incidono in modo decisivo sulla potenza di un uragano.

Un uragano inizia come un ammasso di temporali sull’oceano. Molti partono dalla costa occidentale dell’Africa quando una corrente a getto diretta a ovest - chiamata corrente orientale africana - soffia sull’Atlantico orientale.
Il modo in cui cambiano le temperature stagionali modifica la latitudine della corrente; questo porta a venti a bassa pressione che si spostano nell’aria come onde. I venti si abbattono sull’oceano, costringendo l’acqua a evaporare e a risalire in atmosfera dove si raffredda, condensa e forma nuvole temporalesche. Si stima che l’85% dei maggiori uragani atlantici nasca al largo della costa africana.

Quando queste tempeste sono esposte a una sufficiente quantità di acqua calda e a venti che soffiano verso ovest, possono formare quella che si chiama “depressione tropicale”, nella quale aria più secca e più fredda si precipita a riempire il vuoto lasciato dall’aria calda che risale velocemente.

Nell’emisfero nord le tempeste girano in senso antiorario a causa della forza di Coriolis, che incide sul modo in cui gli oggetti si muovono sul nostro pianeta in perenne rotazione.

Posizionata su una massa di acqua calda, la depressione tropicale che alimenta la tempesta risucchia come una cannuccia altro calore e aria umida, rendendo tutto il sistema ancora più forte e condensando la bassa pressione (aria secca) al centro. Fenomeno che, se prolungato, finisce col formare il cosiddetto “occhio del ciclone”. È così che si formano le tempeste tropicali. Se la tempesta continua a succhiare altro vapore acqueo, spinge il vento verso i lati esterni del sistema, facendo sì che questo assorba altra umidità e dia origine a un loop.

Secondo la NASA, perché si possa formare un uragano la temperatura superficiale dell’oceano dev’essere di almeno 26 gradi centigradi. Una depressione tropicale viene “promossa” a uragano quando i venti raggiungono i 120 chilometri orari.

Come abbiamo visto con Dorian alle Bahamas il calore influenza il modo in cui l’uragano ruota ma sono i venti atmosferici che stabiliscono la velocità con la quale un uragano si sposterà sull’oceano. Le tempeste più calde sono anche quelle in grado di rovesciare maggiori quantità di acqua perché contengono più vapore acqueo.

Come detto, alcune delle tempeste più violente che colpiscono la East Coast degli Stati Uniti nascono sulla costa occidentale africana e viaggiano lungo l’Atlantico. Se la tempesta si imbatte in un pezzo di acqua fredda oceanica, la formazione dell’uragano può rallentare e infiacchirsi fino al punto in cui la tempesta si disperde.

Che siano riscaldate dalle normali temperature estive o dai gas serra, le acque più calde rendono un uragano più forte.
La Croce Rossa stima che alle Bahamas 13.000 case siano state distrutte o danneggiate da Dorian; onde di marea alte tra i 5 e i 7 metri hanno allagato le riserve di acqua potabile, causando grandi difficoltà di accesso all’acqua dolce adesso che la tempesta si è mossa verso nord.
I meteorologi stanno ora tenendo d’occhio la situazione per capire se l’acqua calda oceanica e le condizioni del vento saranno in grado di alimentare Dorian e portarlo oltre alle Bahamas, verso la East Coast statunitense.

http://www.nationalgeographic.it/ambiente/clima/2019/09/05/news/cosi_gli_oceani_sempre_piu_caldi_sovraccaricano_gli_uragani-4533386/

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Mondo Tempo Reale è il blog che dal 2010 vi racconta le notizie più incredibili, strane, curiose e divertenti: fatti imbarazzanti, ladri imbranati, prodotti assurdi, ricerche scientifiche decisamente insolite.
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