Uragani di plasma spaziale rilevati sul Polo Nord

 

Gli scienziati svelano le prime evidenze di un fenomeno noto come "uragano spaziale": osservato nel 2014, aveva un'ampiezza di 965km

Il 14 agosto 2014, si è formato un uragano sul Polo Nord. Si era in piena stagione degli uragani atlantici, ma l’occhio di questo uragano non ha toccato l’acqua, né ha compiuto un landfall. Plasma e non acqua si agitava intorno ad un centro simile ad un occhio nella ionosfera e sono piovute “precipitazioni di elettroni”. Era la prima volta che gli scienziati hanno osservato un simile evento, di cui hanno fornito i dettagli in un recente studio. L’evento quasi fuori dal mondo è stato rinominato “uragano spaziale” dagli esperti nell’articolo pubblicato su Nature Communications.

Un team, guidato da Qing-He Zhang della Shangdong University, ha utilizzato osservazioni della ionosfera e della magnetosfera, ma anche una magnetosfera in 3D per modellare l’evento. La ionosfera è uno strato superiore dell’atmosfera terrestre che inizia ad un’altitudine di circa 80km e si estende fino ad una distanza di circa 1000km sopra la superficie terrestre. I ricercatori hanno paragonato l’evento ad un uragano per via del suo “centro a flusso quasi zero e del forte flusso di plasma orizzontale circolare, shear e precipitazioni di elettroni”, sostenendo che queste caratteristiche ricordano quelle di un tipico uragano.

L’uragano spaziale osservato dagli scienziati nel 2014 era ampio 965km, circa il doppio dell’ampiezza dei tipici uragani meteorologici. Nel loro studio, i ricercatori associano gli uragani ad una forte energia e ad un trasporto di massa, descrivendo gli effetti dell’uragano spaziale come “un canale di rapido trasferimento di energia dallo spazio alla ionosfera e alla termosfera”.

“Sembra che si verifichi quando le condizioni sono tranquille. C’era pochissima attività geomagnetica e il vento solare era basso. Questo mi ricorda gli uragani”, che “hanno bisogno di venti leggeri in alto” per potersi formare, spiega David Samuhel, meteorologo e curatore del blog di astronomia per AccuWeather, autorevole centro meteorologico statunitense. Per “in alto”, Samuhel intende i 4.500-9.000 metri superiori della troposfera. I forti venti in quest’area potrebbero rallentare un uragano, mentre venti più leggeri potrebbero favorirne uno. “I forti venti in alto fondamentalmente fanno a pezzi un uragano. Servono venti leggeri, in modo che i temporali possano formarsi e ruotare intorno ad un centro senza i forti venti che li allontanano dal centro. Quando il centro si consolida, i temporali diventano sempre più forti e quindi ruotano più velocemente intorno al centro finché i forti venti in alto li separano”, spiega Samuhel. Per quanto riguarda il confronto con l’uragano spaziale, i venti in alto possono essere paragonati ai venti solari: venti solari più attivi potenzialmente reprimono gli uragani spaziali.

Mentre gli uragani che tutti conosciamo sono contenuti nella troposfera, lo studio fa notare che l’uragano spaziale si verifica nella ionosfera. Questo strato dell’atmosfera è composto da particelle cariche e reagisce ai cambiamenti delle condizioni magnetiche ed elettriche nello spazio. È anche lo stesso strato in cui si formano le aurore boreali e australi. Nell’articolo, gli esperti sostengono che il fenomeno potrebbe verificarsi anche su altri corpi celesti. “L’uragano spaziale probabilmente è un fenomeno universale, che si verifica su altri corpi magnetizzati nell’universo (i pianeti e le loro lune, ecc.). Il processo potrebbe essere importante anche per l’interazione tra i venti interstellari e altri sistema solari in tutto l’universo”, si legge nello studio.

Gli astronomi hanno già individuato eventi simili su altri pianeti, come “uragani” su Marte, Saturno e Giove, riporta l’articolo, in cui si nota che i gas solari che ruotano all’interno dell’atmosfera del sole sono noti come “tornado solari”.

Per quanto riguarda gli impatti di questi uragani spaziali, servono ulteriori studi per comprenderli. Samuhel ipotizza che potrebbero influenzare i satelliti GPS, forse alcune frequenze radio e potrebbero anche innescare aurore, che normalmente non si verificano durante questi periodi di bassa attività geomagnetica. Lo studio ipotizza che il fenomeno potrebbe portare “importanti effetti sul meteo spaziale, come disturbi alle comunicazioni radio ad alta frequenza e maggiori errori nella localizzazione radar oltre l’orizzonte, nella navigazione satellitare e nei sistemi di comunicazione”.

http://www.meteoweb.eu/2021/03/uragano-spaziale-plasma-precipitazioni-elettroni-polo-nord/1558478/

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