Tra mito e leggenda. Il regno di Odino

 

A differenza della mitologia classica (che gli stessi greci e romani tramandarono per iscritto), i miti nordici vennero plasmati su carta quando per i vichinghi era già iniziato il percorso di assimilazione al cristianesimo e, in una società ormai pienamente convertita, il paganesimo era associato alla superstizione. Il termine “vichinghi” era utilizzato dai cronisti europei per indicare i popoli scandinavi che tra l’VIII secolo e la metà dell’XI esploravano mari e fiumi per commerciare o colonizzare altre terre. Questi popoli non erano dediti solo ai saccheggi, come viene raccontato negli scritti medievali e nei testi raccolti dagli storici in fasi successive: è vero che assaltavano monasteri, ma al contempo commerciavano anche in Spagna o nelle isole britanniche. A mano a mano che entravano in contatto con le società cristiane, le loro credenze ne assorbivano gli elementi culturali. Perciò appare complesso comprenderne con esattezza la visione del mondo e la religione.

I miti nordici

I miti nordici, nella forma a noi pervenuta, risalgono al XIII secolo e furono trascritti in Islanda, paese che i norreni avevano colonizzato nel IX secolo. Non si tratta delle saghe originarie raccontate dai vichinghi ma di quanto restava dell’antica mitologia nordica quattrocento anni dopo il loro arrivo nell’isola. La versione narrativa è racchiusa in due opere fondamentali che condividono lo stesso titolo, Edda, termine di origine sconosciuta e forse derivante da óthr, ovvero “poesia” in islandese antico. L’autore dell’Edda in prosa è il sacerdote islandese Snorri Sturluson (1178-1241). L’intento primario del testo, più che spiegare i miti nordici, era quello di preservare la conoscenza e l’arte poetica degli scaldi, i poeti presso le corti dei re scandinavi che nelle composizioni utilizzavano le kenningar, metafore molto elaborate. L’altra fonte narrativa principale è nota come Edda poetica ed è una raccolta di poemi mitologici ed eroici tratti da manoscritti di varie epoche, il più antico dei quali è il Codex Regius, datato intorno al XIII secolo.

Flatey Jarbok, redatto in Islanda intorno al 1390, racconta le saghe degli antichi norreni


La religione dei vichinghi

Le relazioni nella religione nordica appaiono complesse e anche i confini tra le varie divinità non sono chiari. Difatti, gli dei collegati al mare sono tre: Aegir, Rán e Njörd, così come Odino, Thor e Freyja sono legati alla guerra e alla morte. Come dimostrano i toponimi della geografia scandinava, è molto probabile che i vichinghi adorassero gli dei tramandati nei racconti della mitologia. Molti sono i nomi di luoghi derivati dal culto di Odino, come la città danese di Odense, o da Thor, come l’isola svedese di Torsö, ovvero “l’isola di Thor”. Altri luoghi hanno preso invece il nome di divinità raramente nominate negli scritti ma che, nel passato, furono di certo molto venerate, come il dio Ullr. Dalle fonti scritte, sul suo conto sappiamo solo che era un ottimo arciere e sciatore, eppure è presente in numerosi toponimi in Norvegia e in Svezia.


Ma allora la mitologia nordica è solo un’invenzione dei sacerdoti cristiani medievali, che nulla ha a che vedere con la religione dei vichinghi? Certamente no. È stato dimostrato che la data di creazione di molti poemi dell’Edda poetica è precedente alla data delle trascrizioni. In realtà, il passato pagano è sopravvissuto durante e oltre il Medioevo. Ne sono prova i testi della mistica cristiana Brigida di Svezia, del XIV secolo, che denunciava con preoccupazione questi culti e avvertiva della necessità di limitare la diffusione di storie sugli elfi, una delle specie che apparteneva al mondo mitologico scandinavo. In altri casi, le vicende note mediante la mitologia sono confermate da ritrovamenti archeologici, come ad esempio le pietre runiche. Le rune erano il sistema di scrittura utilizzato dai popoli germanici e, di conseguenza, dai vichinghi sin dall’anno 150 d.C. La maggior parte delle pietre runiche che si sono conservate risalgono all’epoca vichinga e ricordano coloro che parteciparono alle spedizioni commerciali o ai saccheggi. In molti casi presentano soltanto l’iscrizione e pochi elementi decorativi. In altri, invece, si riscontra la combinazione di simboli cristiani e pagani. Esempi dell’ultimo caso sono la pietra di Ledberg, in Svezia, o la croce di Thorwald, sull’isola di Man (tra la Gran Bretagna e l’Irlanda), che sembra rappresentino il momento del Ragnarök in cui il lupo Fenrir attacca Odino.

Il Ragnarök e il Valhalla

Reso popolare da Richard Wagner come il “crepuscolo degli dei”, il Ragnarök comprende una serie di avvenimenti raccontati da diverse fonti e poi raccolti nell’Edda poetica. Lo scontro finale, influenzato dall’apocalisse cristiana, conduce alla distruzione degli dei e alla rinascita di una nuova generazione di divinità. Il Ragnarök scatena una lotta tra creature mitologiche, tra gli dei e i guerrieri morti, scelti per il Valhalla e gli avversari, capeggiati da Loki e i giganti. Il lupo Fenrir, figlio di Loki, lotterà al suo fianco in battaglia e ucciderà Odino. L’archeologia offre ulteriori elementi della vita quotidiana dei vichinghi che, verosimilmente, confermano la credenza in elementi peculiari, come il Valhalla. Quello che potrebbe essere descritto come il paradiso norreno è immaginato come un palazzo dove, per tutto il giorno, i guerrieri caduti in combattimento e scelti da Odino, gli einherjar, si preparano a lottare. Coloro che sono morti durante lo scontro tornano in vita di notte e si uniscono ai festeggiamenti voluti dal signore dei cieli. Era proprio Odino a selezionare le migliori donne e i migliori uomini caduti in battaglia. Nella scelta degli eletti poteva contare sull’aiuto delle valchirie, dee guerriere alate che conducevano i guerrieri fino al palazzo e che, durante la festa notturna, gli servivano l’idromele.

La pietra rappresenta quella che sembra una scena del Valhalla


L’aldilà dei vichinghi

Due aspetti tangibili della religione dei vichinghi sono l’esistenza di un aldilà e di un culto funerario che comprende il rito dei sacrifici umani. Queste pratiche vengono descritte nei racconti e confermate dai ritrovamenti archeologici. Una delle fonti è opera sempre di Snorri Sturluson (l’autore dell’Edda in prosa), che riporta gli episodi in una cronaca sui re scandinavi, l’Heimskringla. Secondo il testo, Odino instaurò una legge che disponeva la cremazione dei morti insieme ai propri beni, affinché le ricchezze li accompagnassero nel Valhalla. Le ceneri dovevano essere gettate in mare oppure sepolte. Per tutti gli uomini “illustri” venivano erette tombe monumentali commemorative. E a chi dimostrava grandi qualità venivano riservati monumenti in pietra. L’altra fonte è Risala, un resoconto di viaggio di Ahmad ibn Fadlan, un viaggiatore e scrittore arabo del X secolo che, dopo un incontro con i vichinghi nel Volga, descrive dettagliatamente un rito funerario. Il viaggiatore si riferisce al defunto quasi con le stesse parole utilizzate da Snorri: in questo caso si tratta del cadavere di “un uomo illustre” che, dopo dieci giorni di celebrazioni, viene deposto su una nave insieme a parte delle sue ricchezze e a una schiava che viene violentata e uccisa. Dopo la cremazione le ceneri di entrambi vengono tumulate.

Nave funeraria di un principe variago (vichingo svedese) in terra slava, ricreata da Henryk Siemiradzki (1843-1902)


Indipendentemente dal fatto che la credenza nell’aldilà fosse legata al Valhalla o meno, il culto e la memoria funeraria sembrano essere stati fondamentali per la religione vichinga. Inoltre la devozione per le varie divinità era radicata nella natura e nel paesaggio. Le pietre runiche erette in memoria dei morti, attraverso i racconti fantastici da cui proviene il materiale mitologico scandinavo alla fine del Medioevo e all’inizio dell’Età moderna, diventeranno luoghi di incontro dei morti (in realtà dei non morti), che possono tornare per regolare i conti con i vivi o persino per risolvere questioni amorose rimaste in sospeso, come narra una composizione dell’Edda. L’archeologia dimostra che le pratiche funerarie descritte da Snorri e ibn Fadlan convivevano con riti diversi, come la sepoltura di intere navi non cremate. Altre volte, invece, le camere funerarie venivano collocate sotto tumuli circondati da pietre allineate a forma di nave, o si preferiva la semplice inumazione (sepoltura del cadavere). Queste varianti vanno comprese all’interno di un quadro religioso privo di una gerarchia stabilita.

Oltre alle differenti sepolture, esistevano con molta probabilità delle varianti nella forma di adorare gli dei, i cui nomi sono forse l’unico vestigio chiaro che ci permette di comprendere la religione dei vichinghi. Tutto il resto appartiene al mito, separato ormai dai riti originari. La mitologia nordica ci dà indizi per interpretare il passato, ma conosciamo gli antichi dei soprattutto attraverso la mediazione degli autori cristiani islandesi del XIII secolo che scrivevano sui propri avi. Le storie di Odino, Thor e Loki continuano ad affascinare, ma il significato profondo che queste divinità avevano per i popoli vichinghi e il modo in cui gli rendevano culto non sono verità storica, bensì oggetto di continua interpretazione.


https://www.storicang.it/a/tra-mito-e-leggenda-il-regno-di-odino_14629

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