Il pesce cavernicolo che ha perduto gli occhi

Astyanax mexicanus, il caracide cieco delle caverne del Messico, è oggi una specie di interesse acquaristico. Fotografia di Artur Golbert, Alamy

Se vivi in una grotta cibo e ossigeno scarseggiano, perciò devi trovare il modo di risparmiare le tue energie. Ci è riuscito Astyanax mexicanus, un caracide che ha rinunciato alla vista

Se non usi qualcosa, probabilmente finirai per perderlo. In inglese si dice “use it or lose it” e sono poche le specie animali ad aver ignorato l’avvertimento in modo spettacolare come Astyanax mexicanus. Questo pesce d'acqua dolce della famiglia dei Caracidi si presenta in due varietà: quella che vive nelle grotte ha perso gli occhi e ci si trova benissimo.

Oggi un gruppo di scienziati dell'Università di Lund, in Svezia, propone una spiegazione del motivo per cui questi pesci hanno perso la vista, pur vivendo in luoghi tanto bui. Nelle grotte il cibo scarseggia, perciò gli animali devono risparmiare energie: la cecità li avvantaggia parecchio.

Nello studio, pubblicato da poco sulla rivista Science Advances, i ricercatori confrontano il costo energetico della vista di alcuni pesci ciechi in cattività con quello di altri membri della stessa specie che vivono in superficie, nei fiumi di Messico e Texas, e ci vedono benissimo. Stimando il consumo di ossigeno da parte degli occhi e delle aree del cervello deputate alla visione, si scopre che nei giovani pesci in via di sviluppo la vista richiede un dispendio energetico del 15% più elevato rispetto ai loro conspecifici ciechi.

Occhi esigenti

Damian Moran, principale firmatario della ricerca, spiega che la vista ha un costo energetico importante "per via dei neuroni e dei fotorecettori coinvolti". Proprio a causa della scarsità di cibo e ossigeno che caratterizza ambienti come le grotte, la selezione naturale “ha favorito gli individui con la vista meno sviluppata”, continua. “Qualsiasi animale che viva in condizioni di oscurità permanente e non abbia bisogno della vista per nutrirsi, o per sfuggire ai predatori, non ha davvero bisogno degli occhi o delle aree del cervello deputate alla vista”, aggiunge Moran, attualmente ricercatore al Seafod Technologies Group di Nelson, in Nuova Zelanda.

Questa nuova scoperta ha anche dimostrato che in A. mexicanus il mesencefalo, la parte del cervello deputata alla visione, significativamente più piccolo. Questi pesci onnivori compensano la mancanza di occhi mangiando praticamente tutto quello che trovano, compresi i cadaveri di altri animali e piante. I ricercatori attribuiscono la perdita della vista per risparmiare energia all’ “ipotesi del tessuto costoso”, una delle varie teorie esistenti che spiegano perché gli animali che vivono nelle grotte evolvano la cecità.

L’ipotesi del tessuto costoso “non era mai stata messa alla prova in modo diretto, o perlomeno non con una dimostrazione elegante come questa” commenta William Jeffery, biologo alla University of Mariland, College Park non coinvolto nella ricerca. Ma se il nuovo studio ne conferma la plausibilità, “allo stesso tempo non fornisce evidenze del tutto convincenti”. Ad esempio, spiega Jeffery, non sappiamo in che modo la pressione evolutiva per risparmiare energia sia riuscita a mettere fuori uso la vista di questi pesci.

Mutazioni genetiche

Alcuni studi, oltretutto, ci portano a pensare che possano esserci in gioco altri fattori. “Le ricerche genetiche mostrano come nei pesci del genere Astyanax siano circa una decina i geni legati alla vista che sono andati incontro a mutazioni. Ma nelle popolazioni che vivono nelle grotte i geni mutati non sono gli stessi, il che fa pensare che i fattori che hanno influenzato questo tipo di evoluzione siano differenti”, spiega Jeffery.

Anche Moran si dice d’accordo: “l’evoluzione è spesso il risultato di molti processi diversi, che avvengono in contemporanea”. Uno di questi, per quanto riguarda A. mexicanus, è il fenomeno noto come pleiotropia: i geni normalmente coinvolti nello sviluppo dell’occhio vengono “riassegnati” per svolgere compiti più utili a un animale che vive nelle caverne. Ad esempio lo sviluppo di un maggior numero di cellule recettrici del gusto, per riuscire a trovare il cibo al buio. Le evidenze scientifiche, spiega Moran, suggeriscono che i principali fattori coinvolti nella perdita degli occhi di A. mexicanus siano proprio la pleiotropia e la necessità di risparmiare energia. Le nuove conoscenze su questa specie, inoltre, potrebbero aiutarci a comprendere come è avvenuta la perdita degli occhi in altre specie che vivono nelle grotte, come ragni e granchi.

“Ci aspettiamo che la necessità di risparmiare energia sia comune a tutti gli animali privi di occhi che vivono nelle caverne”, conclude Moran. Molti insetti e altri invertebrati tipici di questi ambienti, tuttavia, hanno occhi molto grandi. “Se queste strutture così costose dal punto di vista energetico non sono necessarie in un ambiente buio, la nostra ipotesi è che nel corso delle generazioni finiranno per diventare sempre più piccole”. Nel frattempo A. mexicanus è sempre più diffuso tra gli appassionati di acquari: perciò chissà, magari un giorno i suoi occhi potrebbero anche ricrescere.

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