Dalle Rune a Odino e la ricerca della Conoscenza - Similitudini con mitologia classica

Nella cultura nordica le rune contengono il segreto stesso dell’esistenza.  Ciascuna di esse rappresenta una delle fondamentali essenze della vita e del mondo.

In realtà le rune sono i simboli della più antica scrittura germanica, e il loro nome proviene da «rùn» (f. pl. rùnar), che significa «segreto», «mistero», termine che ha dato origine all’antico inglese «run» e all’alto tedesco «runa» connessi con la parola «ryna» che vuol dire «sussurrare» ma anche «fare un discorso segreto».
Storicamente la collezione di Rune più antica che si conosca è il Futhark Antico, chiamato Futhark Germanico che contiene 24 caratteri runici e prende il suo nome dal suono delle prime rune.
Esse non sono semplici segni alfabetici ma, come i geroglifici egizi che adornavano tombe e sarcofagi, le rune sono delle entità magiche vere e proprie. Esse sono incise o dipinte (talvolta col sangue o comunque con un colore che lo ricordi) dal mago-sacerdote su pietre runiche che hanno la funzione di abbellire ma anche di tramandare la sapienza nei luoghi sacri, come per la pietra runica di Noleby sulla quale si legge: « Rune dipingo, che derivano dagli dei ».
Difatti, alle Rune è attribuita un’origine divina. Sulla pietra di Sparlosa (Vastergotland, Svezia, IX sec.) è detto che esse furono fatte dagli dei e dipinte dal «cantore magicamente potente», termine con il quale si allude al sacerdote come mago (probabilmente Odino stesso) conoscitore dei segreti della vita.
Infatti Odino è la suprema divinità del panteon nordico, ma anche la più complessa e completa. Egli è un dio-creatore, un dio del «Verbo» inteso come veicolo magico per eccellenza, infatti come altri dei-creatori Odino è il sommo mago ed ha insegnato la magia agli uomini e donne che l’hanno meritato.
Esattamente come l’Ermes greco, il Mercurio romano, il Thot egizio e l’Ermete Trismegisto del Rinascimento Italiano, Odino ha una forma mutevole e indefinita, è personificazione di molteplici aspetti dell’esistenza, egli, più che un’entità materiale è un’Essenza, una Forza che pervade il cosmo e partecipa di ogni manifestazione visibile e invisibile dell’essere.
Più che un mago, Odino è la magia stessa.

Il sacrificio di Odino
Odino, è anche considerato il protettore degli uomini, dio della Sapienza e della Saggezza, sacrificatosi per rivelare all’umanità molti dei segreti della natura nascosti nelle Rune.
Egli si recò ai confini del mondo, fino all’albero Yggdrasil, il Frassino Cosmico, l’Albero dal quale, secondo la cosmogonia nordica è nata tutta la vita sulla terra.
Per questo motivo Yggdrasil custodiva dentro di sé i misteri della natura e, primo fra tutti, il segreto della Vita e ciò lo rendeva l’unico mezzo attraverso il quale giungere alla conoscenza.
Per conquistarla Odino ha dovuto superare diverse prove, tutte dal sapore iniziatico-sciamanico giungendo, così, presso la fonte del gigante Mìmir.
Situata in vicinanza della terza radice del Frassino Cosmico, quella che si protende fino a Jötunheim, la terra dei Giganti, la fonte dona la Saggezza a chi si abbeveri, tanto che il suo custode Mìmir è l’essere più saggio del mondo poiché beve alla fonte tutti i giorni attraverso il proprio corno.
Per ottenere il permesso di bere, Odino dona un suo occhio al gigante, quindi si trafigge con una lancia perché il suo sangue sgorghi ed egli germogli e si appende per i piedi a Yggradasil affinché il sacrificio di sé stesso lo conduca alla Conoscenza.
Nei miti nordici, Odino veniva chiamato “Dio degli Impiccati”. Si narra, nel canto eddico dell’Havamal, che venisse sacrificato a sè stesso secondo il rito tradizionale:
“Nove notti, ricordo, restai appeso, scosso dal vento all’albero e di lancia trafitto ed a me stesso dedicato, Odino a Odino fu immolato”.

Huggin e Munnin
Huggin e Munnim hanno il compito di sussurrare all’orecchio del dio Odino tutto quanto succede nel mondo, specialmente quanto compiono gli uomini.
Infatti questi ultimi sono le creature più crudeli della creazione, perché Odino ha regalato loro Conoscenza, ma non la Saggezza che può essere acquisita solo con l’esperienza, perciò, non essendo saggi, utilizzano male le proprie conoscenze.
Per questo motivo Odino si è ritirato nel Recinto degli dei lasciando il genere umano a sé stesso fino a che questi non acquisirà la saggezza, allora, il dio tornerà fra gli uomini.
La magia, dunque, non è il mezzo attraverso il quale il genere umano può soddisfare i propri capricci, ma un grande potere che, a volte può essere pericoloso.
In un’antica saga è infatti narrato di un giovane che intagliò delle rune al probabile scopo di far innamorare una ragazza. Egli però non era esperto, perciò le causò una malattia dalla quale ella poté guarire solo quando lo scaldo Egill bruciò le rune malvagie.
Non basta dunque conoscere le Rune, ma è necessario anche saperle interpretare, allo stesso modo, non è sufficiente possedere un potere, perché questo sia proficuo e non nocivo e distruttore è necessario saperlo adoperare con saggezza, cosa che, come dimostra la storia appena narrata, gli umani non sanno ancora fare.
Tuttavia essi non sono senza speranza. Attraverso le rune è possibile anche acquisire la saggezza, poiché la magia non è solo un potere, ma anche e specialmente un percorso iniziatico verso un sé più alto.
La magia è un mezzo, un’esperienza che, poco per volta, insegna sé stessa da sé stessa.

Le Norne
Secondi i norvegesi, le Rune sono opera delle Norne corrispondenti nella mitologia greca alle tre Parche.
Anche le Norne sono tre e, rispettivamente «Urdhr» (il Passato), «Verdhandi» (il Presente) e «Skuld» (il Futuro).
Durante il giorno le tre fate intagliano le rune su tavolette di legno, oppure intessono teli di lino o giocano tra loro mettendo in palio il destino degli uomini. Oltre che di gestire la sorte degli uomini e degli dei, hanno il compito di innaffiare le radici di Yggdrasil.
La «Predizione dell’indovina» sottolinea che le prime rune furono incise dalle Norne, perciò da esse inventate ponendo l’accento, in questo caso, la loro stretta connessione con il destino.
Difatti le rune sono anche un potente strumento divinatorio.

Anticamente erano incise su bacchette di legno, come mostrato in un’immagine da Olaus Magnus, in Historia de gentibus septentrionalibus, Romae 1555.
Col tempo, però, le bacchette lignee sulle quali erano incisi i segni divennero sempre più piccole fino a che non s’incise un solo segno grafico per bacchetta o lo si dipinse su un sassolino, dal cui lancio si traevano responsi, circa il futuro e il presente.
In tutte le epoche e in tutte le società, la divinazione ha ricoperto un ruolo importantissimo. Qui è connessa a tre fate che tessono non solo il destino umano ma, anche quello divino. Le Norne tessono il destino del cosmo intero, il suo nascere, evolversi e ripiegarsi su sé stesso nella catastrofe di Ragnarok per rigenerarsi nuovamente.
Perciò la funzione divinatoria delle rune non è da sottovalutare poiché è quella funzione che permette all’uomo di entrare in contatto con la Sapienza delle cose che le Rune contengono. La funzione divinatoria delle Rune le indica come depositarie del sapere delle epoche, come ponte fra le ere e i cicli, come entità che li trascendono e possono condurre alla trascendenza della realtà illusoria a essi soggetti che sarà distrutta con il Crepuscolo degli Dei per rinascere, rigenerata ma pur sempre illusoria, poco dopo.

L’ultimo dono di Mìmir
Secondo altre fonti Odino trovò le Rune nella Testa e nel Corno del Gigante Mimir.
Come abbiamo già detto, il gigante Mìmir era l’essere più saggio della terra, per questo motivo, Hoenir capo degli dei Vani, non prendeva alcuna decisione senza averlo prima consultato.
Perciò gli dei si convinsero che il gigante lo manipolasse, tennero consiglio, decisero di uccidere Mìmir e così fecero.
I Vani odiavano i guerrieri e per questo, inviarono la testa del gigante a Odino, appunto dio della guerra e capo degli Asi, il quale, riconoscente per il dono della saggezza ricevuto a suo tempo dal povero decapitato, imbalsamò la testa con diverse erbe e, attraverso la magia, le diede la facoltà di parlare ancora, « allora la testa di Mimir proferì suono e dal suono nacquero le Rune ed ogni cosa ».
Quindi Odino pose la testa di Mimir presso le radici di Yggdrasil e da allora ogni qualvolta deve prendere una decisione, il dio galoppa con Sleipnir, il suo cavallo ad otto zampe fino alla testa di Mimir per chiedere consiglio.
In questa storia la magia nasce dalla parola, dunque dal Verbo del Saggio, sacrificato e, unitamente ad essa tintinnano anche le Rune.
E’ qui sottolineata una triplice natura delle rune, quella magica (poiché esse nascono insieme alla magia), quella di ricettacoli di saggezza (poiché sgorgano dal verbo della saggezza) e infine quella di simboli direttamente connessi con il divino, perciò di contenitore di potere magico.
Le rune, sono, nella cultura nordica, il ricettacolo di tutta la magia esistente, di ogni potere, distruttore o generatore che sia. Esse possono portare fortuna o maledire, guarire e far ammalare, proteggere e perseguitare, donare saggezza o demenza.
Come gli dei e specialmente come Odino, esse possono tutto e il contrario di tutto, anzi, le rune vanno ben oltre gli dei.

Dalla nascita alla storia recente
L’alfabeto runico comparì per la prima volta tra le stirpi degli antichi Germani dell’Europa centrale ed orientale, intorno al I secolo a.C.,ma occorrerà aspettare sino al II Secolo d.C. per rinvenire iscrizioni runiche nella pietra. Alcune rune sono state ideate proprio da questi popoli, mentre altre sembrano derivare da altri alfabeti, come l’alfabeto greco, quello etrusco e l’alfabeto romano. In origine, le rune, ebbero esigue regole di scrittura.
Potevano essere scolpite, indifferentemente, da sinistra verso destra e da destra verso sinistra e spesso venivano capovolte. La runa ed la sua immagine speculare, avevano però lo stesso valore fonetico. Parecchie iscrizioni runiche identificano semplicemente la proprietà, le tombe, qualcosa o qualcuno. L’alfabeto runico germanico comprendeva 24 caratteri.
I primi 6 caratteri danno luogo alla parola “FUTHARK”, oggi usata per indicare le rune in generale.
Tra il V ed il VII secolo d.C., gli Angli, i Sassoni e gli Juti invasero la Britannia portandovi le rune e l’alfabeto degli Anglosassoni (Anglo-Saxon Runes) fu esteso a 32 simboli. Dal IX secolo d.C. le rune furono impiegate praticamente in ogni parte d’ Europa.
I Vichinghi portarono le rune in Islanda ed in Groenlandia. I vichinghi le utilizzarono molto per rappresentare l’unione di sangue e razza all’interno di una famiglia o clan. I secoli che seguirono si distinsero per la diffusione in Europa del cristianesimo e per l’affermarsi dell’alfabeto latino-romano e delle sue varianti, in questo modo le rune andarono pressoché in disuso.
Una versione più antica dell’alfabeto latino-romano, utilizzata nell’Inghilterra anglo-sassone durante il periodo precedente la conquista Normanna, comprendeva alcune lettere runiche come la “Þ” (thorn). All’inizio del secolo scorso, in Germania, il Nazismo ha fatto uso delle rune per le insegne militari e per la propaganda, contribuendo a promuovere la reputazione sinistra delle rune. Himmler, il capo delle SS, si interessò a lungo di “dottrine esoteriche” e fu molto affascinato dall’uso e dai significati delle Rune.
È proprio dall’unione di due Sieg (Rune della vittoria, che hanno la forma di un fulmine) che Himmler creò il simbolo delle SS. Alle SS fu dedicato un nuovo culto, che affondava le radici negli ordini dei Cavalieri e dei Templari, circondati da simbologie runiche o precristiane.

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