Il Natale e le sue Radici, La Rinascita del Sole









E’ scritto nella “Nuova Enciclopedia Cattolica” dell’Ordine Francescano (ed. 1941): “… per
 inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I Vangeli non indicano né il giorno né l’anno”; “fu assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il Sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il Dies Natalis Solis Invicti” (giorno della nascita del sole invincibile)”. Poiché è strabiliante che la principale Festività d’Occidente, diffusa e celebrata in molte parti del mondo, abbia a supporto una così vaga documentazione storica, siamo andati a ricercare, con spirito aperto al nuovo, le documentazioni relative ed abbiamo fatto scoperte sorprendenti.

IL 25 DICEMBRE NATALE DEL SOLE:
LA FESTA PIU’ “INTERCULTURALE” DELL’ANTICHITA’

La data del 25 dicembre è un giorno di festa è tra le più ricca di commistioni culturali e religiose della storia umana: nelle radici del Natale abbiamo culture e religioni provenienti dalla Siria, dall’Egitto,dalla Mesopotamia, dalla Persia, dall’Arabia e dalla stessa antica Roma.

Il 25 dicembre è la data di nascita e festeggiamento di personaggi divini precedenti la comparsa di Cristo: il Dio Horus egiziano, il Dio Mitra indo-persiano, il Dio babilonese Tammuz/Yule e Shamas; sempre il 25 dicembre veniva festeggiato l’Invictus Sol Elagabalus a Emesa e il Dio Sole Dusares/Helios a Petra. In tale data viene accreditata la nascita anche di Zarathustra e Khrisna, Dioniso, Adone, Attis, , il Dio Freyr, secoli o millenni prima di Cristo.

Alcune celebrazioni le troviamo nell’antichità addirittura in Messico ed in India. Basti pensare che in corrispondenza del nostro 25 dicembre, le popolazioni azteche e pre-azteche celebravano la nascita del Dio del Sole Huitzilopochtli e di Bacab nello Yucatan. Nell’Emisfero Sud invece, essendo le stagioni rovesciate e cadendo quindi il solstizio d’inverno in Giugno, vi era la Fiesta del Sol (Inti Raymi – 24 giugno) delle antiche popolazioni incaiche e pre-incaiche, festa ancor oggi celebrata in Perù e nella regione andina.

LE RADICI ASTRONOMICHE DEL NATALE: IL SOLSTIZIO D’INVERNO

Nell’emisfero nord, nei giorni 22-23-24 dicembre il Sole sembra fermarsi in cielo (più si è vicini all’equatore più il fenomeno è evidente): è il Solstitium (Sole fermo).

In astronomia sono quei giorni in cui il sole si ferma per invertire il proprio moto nel senso della DECLINAZIONE; è cioè il punto dove il Sole raggiunge la massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Abbiamo la notte più lunga ed il giorno più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare ed il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, a giugno quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta.

Convenzionalmente il solstizio cade il giorno 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. In poche parole il solstizio d’inverno ai tempi significava che il Sole, giunto nella fase più debole come luce e calore, non sprofondava nelle tenebre dove sembrava precipitare, ma diventava con la sua vitalità “invincibile” (invictus) sulle stesse tenebre, il Sole “rinasceva”, aveva un nuovo “natale”. Appunto il “Natale del Sole Invincibile”.

Le popolazioni antiche ben conoscevano questo fenomeno del solstizio e lo trasformarono in occasione di festa. Questa interpretazione astronomica spiega perché il 25 dicembre (e giorni adiacenti) sia una data presente in culture e paesi molto distanti tra loro, dall’India al Messico, dal nord Europa all’Etiopia.

25 DICEMBRE DEL 274 D. C.: IL PRIMO NATALE DEL SOLE

Il 25 dicembre come giorno di festa grande compare in Italia ed in Europa per la prima volta nel 274 D.C. per ordine dell’Imperatore Aureliano che fece diventare Festa Ufficiale il Natale del Sole e la volle celebrata in tutto l’Impero Romano: il Dies Natalis Solis Invicti.

L’imperatore Aureliano aveva appena concluso la riunificazione dell’Impero Romano ed era reduce dalla grande vittoria sull’ allora principale nemica dell’impero, la Regina Zebedia del Regno di Palmira. La vittoria era stata resa possibile dallo schierarsi di Emesa, città-Stato rivale, a fianco dell’esercito romano in un momento di sbandamento delle milizie; questa discesa in campo a favore dei Romani fu sostenuto dai sacerdoti di Emesa, cultori del Dio “Sol Invictus”; Aureliano all’inizio della battaglia decisiva disse di aver avuto la visione benaugurante del dio Sole di Emesa.

L’Imperatore trasferì a Roma, in segno di ringraziamento, la classe sacerdotale e il culto del Sole di Emesa ed in onore del Dio Sole Invincibile fece edificare un tempio di Stato a Roma, sulle pendici del Quirinale (Campus Agrippae, attuale piazza S. Silvestro).

All’imperatore non sfuggiva inoltre come l’adozione del culto del Sole in tutto l’Impero potesse servire a consolidare la riunificazione ed essere elemento di unità culturale. Nelle diverse forme, il culto del Sole era infatti presente in tutte le regioni dell’impero, dall’Egitto all’Anatolia, tra le popolazioni celtiche fino a quelle arabiche, tra i Greci e gli stessi Romani.

Aureliano propose il Sol Invictus di Emesa ai cultori ellenico-romani del Sole-Apollo, ai diffusissimi seguaci di Mitra, agli egiziani dei riti di Iside/Horus/Se rapide, ai siriani ed arabi dei culti di Helios/Dusares e Baalim, ai Celti della Mastruca e ai Germanici cultori della Yule, la Ruota, indubitabile simbolo del Sole.

Particolarmente solenni erano le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto: i celebranti si ritiravano in appositi santuari da dove uscivano a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole (raffigurato dagli egizi come un bambino).

La festa del Sol Invictus si affermò come la festa più importante dell’ Impero, con grande partecipazione popolare a Roma, anche perché si innestava ed andava a concludere la festa romana più antica, i Saturnali.

In questo grande pentolone di culti solari anche gli stessi culti cristiani si confondevano con i culti solari, tanto che l’imperatore Adriano scriveva nel 134 d.C.: “Gli adoratori di Serapide sono cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide chiamano se stessi Vicari di Cristo.”

Lo stesso Tertulliano (circa 160-220 d.C.), vescovo di Cartagine cristiano e Padre della Chiesa, così scriveva: “… molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e che nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia” (Ad Nationes I, 13). Sant’Agostino esortava i fratelli cristiani a non festeggiare il 25 dicembre il Sole, bensì chi aveva creato il Sole.

25 DICEMBRE DEL 330 D.C.: IL PRIMO NATALE CRISTIANO

L’Imperatore Costantino, che era, e rimase, anch’egli un cultore del Dio Sole, abbracciando la fede cristiana trasformò nel 330 la festa del Sol Invictus del 25 dicembre in Festa Cristiana. In precedenza (7 marzo 321) Costantino aveva cambiato anche il nome del primo giorno della settimana, festivo,: da Dies Solis (“il venerabile “giorno del Sole) a Dominus, (giorno del Signore).

Questi cambiamenti non furono sempre graditi, tanto che nel centro-nord Europa è rimasto l’antico nome di giorno del Sole (Sunday tra i Sassoni, Sontag tra i germanici). Nel 337 Papa Giulio I ufficializzò la data del Natale da parte della Chiesa Cattolica, come riferito da San Crisostomo nel 390:

“In questo giorno, 25 dicembre, anche la natività di Cristo fu ultimamente fissata in Roma”. Nel 354, si menziona per la prima volta in un calendario della liturgia romana la festa del 25 dicembre cristiano. Nel 461 questa scelta sarà riconfermata da Papa Leone Magno. Altri autori ecclesiastici rinviano al 354 con Papa Liberio la prima apparizione del Natale in Occidente.

La scelta della Chiesa di Roma di far coincidere la nascita di Cristo con la festa pagana più celebrata fu un tentativo di rispondere alla grande partecipazione che il culto del sole conservava tra la popolazione dell’Impero, adattandolo culto alla nuova religione.

Successivamente un’operazione del genere fu fatta anche ricorrendo alle figure dei santi per sostituire divinità o feste locali (S. Giorgio = Parilia, S. Giovanni=acqua, Assunzione = Diana.) In Africa e centro-sud America questa pratica ha preso il nome di sincretismo religioso.

Nei primi tre secoli del Cristianesimo, la nascita di Cristo aveva date diverse: 18 aprile, 29 maggio, per S. Cipriano era il 28 marzo, per S. Ippolito il 23 aprile, secondo Clemente Alessandrino il 20 maggio o il 10 gennaio o il 6 gennaio; quest’ultima data poi si affermò in oriente e da lì giunse a Roma fino al cambiamento deciso da Costantino e poi ratificato dal Papa Giulio I.

L’imperatore Giustiniano, circa duecento anni dopo, legalizzò questa data per tutto l’Occidente. Altre Chiese cristiane, come quella ortodossa, copta, armena, continuano invece a celebrarla il 6 gennaio (Epifania = Annunciazione)

All’epoca i cristiani della Mesopotamia accusarono i loro fratelli “romani” di idolatria e di adorare il Sole per aver adottato la Festa del Sole come festa della nascita di Cristo.

Anche le Chiese della Riforma, a cominciare dai Calvinisti, accusarono la Chiesa di Roma di cedimento dei cristiani al paganesimo. In effetti la dimensione pagana nel Natale durò a lungo.

Ancora centotrenta anni dopo la decisione di Costantino, nel 460, il Papa san Leone Magno sconsolato scriveva: ”E’ così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella basilica di S. Pietro, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei” (7° sermone tenuto nel Natale del 460 – XXVII-4).

Lo stesso S. Ambrogio dovette ammettere: “Cristo è il nostro nuovo Sole”. Nel 376 venne soppresso il culto di Mitra a Roma per ordine del prefetto.

Con l’editto dell’imperatore Teodosio del 392 che diede inizio alle persecuzioni contro i riti pagani (da “pagos”=villaggio”), si conclusero a Roma le ultime celebrazioni alla Dea Iside, madre di Horus (il dio Sole egiziano), e infine nel 536 con i decreti dell’Imperatore Giustiniano con cui chiudeva l’ultimo tempio ad Iside in Egitto, il Natale lentamente si affermò come festa cristiana in tutto l’impero.

PROTESTANTI E “RIFORMA”: VIETATO FESTEGGIARE IL NATALE

I protestanti della “Riforma” misero sotto accusa la scelta della Chiesa Romana di spostare il Natale al 25 dicembre, con la motivazione che fu un cedimento al paganesimo. Il cristianesimo avrebbe fatto rientrare dalla finestra culti solari di Babilonia passati ai pagani romani! Nella città di Ginevra di Calvino si poteva essere multati e persino messi in prigione per aver celebrato il Natale.

Il Parlamento Inglese proibì l’osservanza del Natale, definendola una festa pagana. Quando i cristiani puritani andarono in America, stabilirono questa stessa legge nella “Nuova Inghilterra” e il 25 dicembre del 1620 lavorarono più del solito.

Quarant’anni più tardi la Corte civile e penale del Massachussets decretò le punizioni per chiunque avesse osservato le festività natalizie: ”Chiunque venga trovato ad osservare, astenendosi dal lavoro e festeggiando, tali giorni come il cosiddetto Natale, pagherà per questa trasgressione 5 scellini”. Fino al 1800 il Natale non ebbe alcuna rilevanza nelle chiese della “Riforma”.

1. CULTI A ROMA PRIMA DEL NATALE CRISTIANO:
I CULTI SOLARI E I SATURNALI

I CULTI SOLARI

La Roma pre-cristiana già aveva un proprio antico culto solare, quello del Sol Indiges. Oltre duecento anni prima della nascita di Cristo, Roma aveva visto giungere sul proprio territori Dei e culti d’oriente.: Iside e Serapide , poi Cibale. Il Sole assumeva centralità e attualità nel Mediterraneo: Iambulo, un nabateo, nel 120-100 a.C. scrisse un romanzo dove prefigurava un utopistico nuovo ordinamento sociale, con comunanza dei beni, sotto il governo di Helios, il Sole.

I primi secoli dell’era cristiana videro riversarsi su Roma una alluvione di culti, soprattutto dall’Oriente; in linea di massima ben tollerati dagli Imperatori in quanto accettabili nell’universo politeistico della religione romana. Presero piede in particolare culti solari come quello monoteista persiano di Mitra nel II-III Secolo d.C. (che diventò il culto più concorrenziale al cristianesimo), il culto egiziano di Horus e Iside o di Serapide, il culto ellenico-orientale di Dioniso e Apollo.

Nel primo secolo d.C. scriveva Petronio “Il nostro territorio pullula di presenze divine, a tal punto che si incontra più facilmente un Dio che un uomo”.

Nel secondo secolo d.C. scriveva Celso “Molte persone anonime si aggirano dentro e fuori dei templi come volessero emettere responsi… ciascuna di esse è sempre pronta a dire: - Io sono Dio-, -Io sono Figlio di Dio-,-Sono uno Spirito Divino-“.

Il culto del Sole fin dai tempi delle campagne di Giulio Cesare in Egitto era già penetrato nell’ Impero. Cesare infatti aveva fatto trasportare a Roma non solo gli obelischi di Heliopolis e di altre città egizie, ma anche i sacerdoti del culto di Helios (uno dei nomi del Dio Sole egiziano) che trovarono subito seguaci nella capitale.

Giulio Cesare fece introdurre il calendario solare egiziano; l’anno solare egiziano (redatto dall’astronomo alessandrino Sosigene) venne successivamente adottato col nome di Calendario Giuliano, di 12 mesi come quello attuale, salvo la correzione apportata da Papa Gregorio nel 1582, che tolse 10 giorni in totale e introdusse l’anno bisestile ogni quattro anni.

In questi secoli, anche a rappresentazione delle nuove tendenze culturali e religiose solari, furono eletti numerosi imperatori cultori del Dio Sole.

L’imperatore Comodo (161-192) si fa raffigurare in compagnia di Iside e Serapide (altro nome del Dio Sole egiziano). Abbiamo la dinastia degli imperatori Severi che prima favoriscono il culto di Iside e Serapide e costruiscono il tempio più bello della città sul Quirinale (dove ancora sta un obelisco egiziano), poi favoriscono il culto di Eracle e Dioniso, infine introducono il culto del Dio Sole di Emesa (precedentemente ad Aureliano).

Con l’imperatore Caracalla si ha il passaggio dalle divinità solari egiziane a quelle siriane, e anche il massimo della “contaminazione” culturale: con lui si invoca il ”solo Dio Zeus Serapis Helios, invincibile signore del mondo”.

L’imperatore Massimino il Trace è invece cultore del Dio Sole Mitra come sembra lo fosse stato Nerone. Nel 218 divenne imperatore Elagabalus (già sacerdote del Sole ad Emesa), che si attribuì il nome del Dio Sole (El Galab = Dio Sole) e che fece costruire un tempio sul Palatino dedicato al Dio Sole Invictus siriano.

Successivamente l’imperatore Aureliano stabilì la festa del Sol Invictus, che continuò con Diocleziano ed altri fino a Costantino compreso, che fece incidere il Sole sul suo famoso Arco in Roma. In quei secoli furono fatte coniare da molti imperatori monete con l’effige del Sole e sul retro la propria, in altre monete è raffigurata Iside che allatta il Dio Sole bambino Horus.Anche le insegne militari dell’ esercito imperiale portavano i simboli del Sol Invictus. In quei secoli Roma era piena di templi e luoghi di culto delle diverse divinità solari.

Basti pensare che la Basilica di San Pietro è stata costruita sopra il tempio del Dio Sole Mitra ed ha tuttora al centro della piazza un obelisco egiziano. Ancora oggi le guide turistiche di Roma offrono escursioni nei mitrei, luoghi catacombali, santuari ricavati in ambienti sotterranei dei cultori di Mitra: le cripte dove avveniva questo culto sono state trovate in tutta Europa fino in Irlanda.

I culti di Iside ed Horus, che ebbero addirittura in Roma il loro centro nel II secolo d.C., durarono fino alla fine del IV secolo. Questo quadro dimostra la forte presenza di culti dedicati al Dio Sole dopo la nascita di Cristo e nel periodo precedente al natale Cristiano. Prima ancora della decisione di Aureliano di festeggiare il “Dies Natalis Solis Invicti” il 25 dicembre, in tale giorno ricorreva il festeggiamento per la nascita del dio Horus in Egitto, la festa del “Sol Invictus” a Emesa, del Dio Sole Dusares nel Regno di Palmira, delle divinità solari Shamas e poi Yule a Babilonia. In tale data veniva inoltre attribuita la nascita di Mitra e poi del suo profeta Zorohastro (Zarathustra).

I SATURNALI

Festività e riti dell’ antica Roma furono un continuo adattare la tradizione di Roma a quella dei popoli vinti per renderla “universale”: all’inizio abbiamo influenze latine, etrusche e sabine, poi greco-ellenistiche e orientali.

I Saturnali furono tra le feste latine più antiche dell’Impero Romano; iniziavano il 17 Dicembre e furono prolungate fino al 24 dicembre sotto l’imperatore Domiziano. Erano una festa religiosa dedicata all’antico Dio Saturno (da Satus = semina). Saturno (il Cronos greco) nella più antica leggenda era re del Lazio prima della fondazione di Roma.

Ai primordi i Saturnali erano una festa religiosa e sociale molto complessa, ben descritta da Frazier nel libro “Il ramo d’oro”: durava un lungo periodo, si ribaltavano i ruoli sociali, uno schiavo faceva il Re per tutto le feste e poi veniva sacrificato. A Saturno si dedicavano sacrifici umani fino a quando, dice la leggenda, Eracle (Ercole) passando dal Lazio, convinse gli abitanti a non sacrificare vite umane ma ad offrire in loro vece statue di argilla e ceri accesi.

Da qui iniziò l’usanza di scambiarsi doni, statue d’argilla e ceri accesi nei giorni dei Saturnali. Nella Roma degli imperatori durante questa festa le scuole restavano chiuse e permase l’usanza di scambiarsi doni (candele, noci, datteri, miele).

I Saturnali iniziavano con il rito del “lettisternio”: statue degli Dei venivano stese sui letti; si offriva poi il cibo a Giove ed a dodici dei, cibo che veniva in seguito consumato pubblicamente dai partecipanti.

Il primo giorno c’era la celebrazione religiosa con processione fino al tempio di Saturno posto alle falde del Campidoglio e si facevano sacrifici sull’Ara lì posta; si accendevano le candele e vi era un grande banchetto al quale tutti erano invitati; si facevano anche i brindisi e gli auguri. Il tutto a spese dello Stato.

Vi era l’uso di giocare a Tombola, considerata il grande gioco di Saturno: questo gioco era però caricato di sacralità in quanto serviva per predire il prossimo futuro attraverso i numeri, aveva funzioni oracolari (oggi le ritroviamo nel gioco del Lotto con le associazioni di eventi o sogni ai numeri– vedi la Smorfia). I pagani facevano la veglia per tutta la notte per attendere e salutare la nascita del Sole nuovo.

Quando giunse a Roma il culto di Dioniso, nei Saturnali si festeggiava la sua eterna giovinezza e si regalavano i suoi tre simboli: il mirto, il lauro e l’edera. Durante i Saturnali gli schiavi erano liberi e non avevano obblighi verso i loro padroni.

Per gran parte della popolazione, che svolgeva lavoro agricolo, i Saturnali annunciavano un lungo periodo di riposo in attesa della primavera.

Come possiamo notare, molte delle usanze dei Saturnali si sono conservate fino ad oggi e caratterizzano il nostro modo di festeggiare il Natale: accendere le luci (delle candele prima, elettriche oggi), il banchetto, lo scambio di doni, la celebrazione religiosa, regalarsi i ceri, i datteri, le noci e cibi dolci come il miele, fare i brindisi e gli auguri, la chiusura delle scuole, la lunga festa…

2. DIO SOLE SIRIANO: “INVICTUS SOL ELAGABALUS” DI EMESA

L’influenza siriana della città di Emesa (l’odierna Homs in Siria) sulla istituzione della Festa del Natale è stata storicamente la più significativa. L’imperatore Aureliano, che istituì il “Dies Natalis Solis Invicti” il 25 dicembre 274, si ispirò proprio al Deus Sol Invictus ed alla sua festa nella città di Emesa, festa che cadeva il 25 dicembre. Emesa diede tre imperatori a Roma.

Da Emesa l’imperatore romano Settimio Severo prese in moglie Giulia, nata dalla stirpe dei sacerdoti del Dio Sole, e portò il culto a Roma già prima di Aureliano.

Da Emesa proveniva l’imperatore Elagabalus che portò a Roma culto, sacerdoti e la sacra pietra a forma di cono con base circolare (pietra che fu riportata dopo l’uccisione dell’imperatore). Sulla pietra era scolpita un’aquila con un serpente nel becco: un simbolo del Sole. Quando fu ucciso, fu rimandata indietro la pietra sacra.

Molti particolari lasciano intendere che il culto del Sole di Emesa fosse di origine araba, di nomadi beduini: la presenza di una pietra cultuale, i nomi delle dinastie reali, l’evirazione del sommo sacerdote, il divieto di mangiare carne di maiale. Altre teorie sostengono la provenienza di questo culto dall’egiziana città di Heliopolis o dalla mesopotamica Babilonia, sempre in un epoca antecedente al 1400 a.C.

Eliodoro di Emesa scrisse nel III secolo d.C. il romanzo forse più completo di quel secolo, “Le Etiopiche” che ben descriveva questa “contaminazione” tra culti solari egiziani e siriani, arabici ed etiopi.

3. DIO SOLE INDO-PERSIANO-MESOPOTAMICO: IL CULTO DI MITRA

Il culto di Mitra è quello che ha sostanzialmente più influenzato il rito religioso del Natale e la stessa religione cristiana. Sia a Mitra/ Dio Sole sia ad un suo profeta, Zarathustra, sono accreditate le nascite il 25 dicembre, molti secoli prima della nascita di Cristo. Mitra è fatto partorire da una vergine, è denominato “il buon pastore”, aveva 12 compagni, effettuava miracoli, sepolto in una tomba è risorto dopo tre giorni e la sua resurrezione veniva celebrata ogni anno.

Il mitraismo è una religione che ha avuto il suo massimo sviluppo in Persia ma sembra sia di origine indiana. Altri storici sostengono che sia di origine mesopotamica. Del nome Mitra in Persia, Varuna in India si trovano tracce fin dal 1400 a.C. (compare nei testi sacri indiani Rig Veda) ma è possibile che questa divinità sia ancor più anteriore. Gli Ari lo tenevano in grande considerazione.

Mitra, col nome di Bel, compare anche nel 1400 a.C. tra gli Dei di Stato dell’Impero dei Mitanni in Mesopotamia, dove veniva festeggiato il 25 dicembre con la festa del Son (in babilonese Sole) invincibile: era considerato figlio del Sole e Sole egli stesso.

Zarathustra è un profeta che si ritiene nato nel 714 a.C. in Persia, combatté il politeismo dei popoli nomadi e favorì la nascita di un codice di leggi civili e morali valido per la crescente popolazione che da nomade diventava agricola e stanziale.

Propose una religione universale e monoteista basata sul “Giusto sentire, giusto parlare, giusto operare” richiamandosi all’antico culto del Dio Sole Mitra e facendolo confluire successivamente nel nuovo Dio Mazda. La sua religione è nota anche come Parsismo o Zoroastrismo ed è ancora praticata in alcune zone dell’India e della Persia. Dai suoi detti, pensieri ed insegnamenti fu scritto il libro sacro “Avesta”, già noto ad Alessandro Magno.

Si dice che nessuna religione più dello Zorohastrismo abbia affermato il valore della cultura. Questa religione avrà enormi influenze sulle successive religioni monoteiste, come l’islamismo, il cristianesimo e l’ebraismo (le famose Leggi di Mosè sono le leggi introdotte dal re di Giuda, Gioisa, nel 621 a.C. nel suo Deuteronomio, quindi postume a Zarathustra).

Con la conquista persiana di Babilonia il mitraismo entrò in relazione con le religioni mesopotamiche ed ebraiche (gli ebrei erano in esilio a Babilonia ed i persiani ne furono i liberatori).

Successivamente il culto mitriaco, ebbe una grande ripresa con l’imperatore persiano Artaserse II e nel periodo ellenistico, quando si diffuse nelle province dell’impero Romano e nella stessa Roma portato dai soldati romani che già sotto Pompeo si convertivano in massa. Il culto veniva celebrato in grotte o sotterranei; l’iniziazione prevedeva il battesimo con l’acqua santa, il pasto in comune con condivisione di pane e acqua. Al Mitraismo sono accreditati i rituali e le credenze di:

la recitazione delle preghiere
l’atto delle mani giunte
la genuflessione
confessione delle colpe che contemplavano penitenze (prima corporali, poi sostituite da lavori socialmente utili)
la confermazione (cresima),
segnarsi la fronte con le dita,
esposizione dell’ostia-disco solare sull’altare,
il sacerdozio solo maschile,
credenza nei premi e nelle pene nell’aldilà, e nel giudizio divino,
il paradiso (parola che in persiano ancor oggi vuol dire “giardino”),
l’inferno con fuoco e fiamme (non è eterno e i “cattivi” verranno restituiti al mondo nel giorno della resurrezione),
la disposizione dell’altare (il banco di pietra davanti l’Abside),
la stola,
il copricapo dei vescovi (che si chiama ancora mitria),
le vesti,
i colori,
l’uso dell’incenso,
l’aspersorio, e dei lumi accesi davanti all’altare,
la stessa architettura delle basiliche, dove si eseguivano i riti in pompa magna.

Mitra, soprannominato “Il Salvatore” salì al cielo col Carro del Sole dopo aver consumato il pasto sacro; la sua resurrezione avveniva in primavera ed i suoi sacerdoti così recitavano: “Rallegratevi, iniziati; il vostro Dio è risorto dalla morte. Le sue pene e sofferenze saranno la vostra salvezza.” (da Dupois, Origine di tutti i culti, vol.5).

Nel terzo secolo d. C. l’imperatore di Persia Ardashir, della dinastia dei Sassanidi, dopo aver riunificato l’impero, fece riscrivere in 21 libri l’ “Avesta” perduto, e fece del Mitraismo una religione di Stato; sarà di esempio per i successivi imperatori romani.

Le liturgie e litanie saranno poi mutuate dal cristianesimo, prima con i riti bizantini, poi con quelli della Chiesa Romana (Rituale Romanum); l’Avesta sarà di esempio anche a Maometto per la stesura del Corano.

I Magi erano una classe sacerdotale di questo culto e saranno fatti “entrare” nella tradizione del Natale Cristiano come annunciatori della nascita del Messia.

4. DIO SOLE EGIZIANO: IL CULTO DI HORUS, OSIRIDE E ISIDE

Il 24-25 Dicembre era festa grande nell’Egitto dell’epoca: in tale data si festeggiava la nascita del Dio Sole Bambino Horus; il culto di Horus e della madre Iside ebbe molta diffusione in Roma nei primi due secoli d.C. con templi ed Imperatori devoti. Ad Heliopolis si celebrava il 24-25 dicembre già nel 1400 a.C. la festa del Dio Sole che aveva il nome di Ra, considerato anche lui Figlio del Sole e Sole egli stesso.

Horus, il Dio Sole, era frequentemente rappresentato come un bambino con la corona solare in testa. Il Dio Sole in Egitto assunse nel corso dei millenni svariati nomi: Ra, Aton, Osiride, Serapide (nome e culto introdotto da Tolomeo nel III secolo a.C.) e Horus.

Il nome “Serapide” comparve come attributo addirittura a fianco di nomi di Imperatore romani. Interessante il culto del Dio Sole Aton, introdotto circa nel 1350 a.C., dal Faraone Amenophi IV, marito di Nefertiti, (il cui successore fu il più a noi famoso Tutankamen): fu il primo culto monoteista e universalista della storia umana ma fu spazzato via dalla rivolta dei sacerdoti politeisti.

In Egitto vi era addirittura una città dedicata al Dio Sole, la famosa Heliopolis, con una vasta classe sacerdotale dedicata al suo culto ed alla sua diffusione.

Il Colosso di Rodi (300 a. C.), una delle sette meraviglie dell’antichità, rappresentava il Dio Sole Helios e richiese 12 anni di lavoro.

I culti egiziani del Dio Sole hanno forse più di tutti influenzato il cristianesimo e lo stesso ebraismo (gli ebrei vissero per secoli in Egitto) essendo precedenti ad entrambe queste ultime religioni.

Horus è partorito da una vergine, ha avuto 12 discepoli, è stato sepolto e poi resuscitato, ha ridato vita ad un morto (El Azar us= Lazzaro), era soprannominato la verità, la luce, il messia, il buon pastore, il KRST (l’Unto). Era denominato anche fanciullo divino e Iusa, figlio prediletto.

Il padre divino di Horus era Osiride, con cui si confondeva (“Io e mio Padre siamo Uno”), mentre il padre terreno era Seb (Giuseppe); l’angelo Thot annuncia ad Iside che concepirà un figlio verginalmente. Nasce in una grotta, annunciato da una stella d’oriente, viene adorato da pastori e da tre uomini saggi che gli offrono doni. A 12 anni insegna nel tempio e poi scompare fino ai 30 anni. Horus viene poi battezzato sulle rive di un fiume da Anup (Giovanni) il battista, il quale in seguito verrà decapitato. Combatté 40 giorni nel deserto contro Set (Satana), ha compiuto numerosi miracoli e camminato sulle acque.

Con Iside ed Osiride, Horus costituiva la trinità egizia. A Luxor, su edifici risalenti al 1500 a.C. si possono vedere immagini relative all’Annunciazione e all’Immacolata Concezione di Iside.

Osiride, il padre di Horus, risale a tempi ancora più arcaici dell’antico Egitto, anch’esso rappresentava il Dio Sole: aveva oltre 200 definizioni avendo assorbito nel tempo altre divinità egiziane. Il suo culto prevedeva l’ingestione di focacce di frumento in comunione, considerate la sua “carne”, e l’elevazione al cielo dell’ostensorio.

Osiride fu dall’inizio alla fine considerato il Dio che soffrì e morì; al momento della sua morte il cielo si oscurò. Vi era in suo onore un inno che assomiglia al Padre Nostro: “O Amen, che sei nei cieli…”. Il salmo 23 della Bibbia è considerato la copia di un testo egiziano che nomina Osiride come “Buon Pastore”.

Spesso Osiride era rappresentato da un occhio racchiuso in un triangolo equilatero, immagine che si può rivedere all’interno delle Chiese cristiane. A proposito dell’Ostensorio, la cui elevazione rientrava nei rituali di Osiride, contrariamente a quanto si pensa per la liturgia cristiana, non prende il nome dall’ostia ma accade il contrario. Si chiamava ostensorio almeno un millennio prima di Cristo; ostiare corrispondeva ad un etimo egizio (e si traslò anche nel latino) e significava mostrare, far vedere, cioè mostrare il disco solare ai fedeli.

La liturgia cristiana conservò anche l’abbassamento del capo, perché nei primi riti di Osiride-Aton all’aperto, vi era l’accorgimento di abbassare la testa per non guardare il Sole evitando così il rischio di perdere la vista.

Quando i riti di Osiride-Aton furono trasferiti all’interno dei templi, i sacerdoti ricorsero ad un disco d’oro con i raggi intorno; appunto l’ostensorio, elevato in alto, ma rimase l’abitudine di abbassare il capo.

Nel culto cristiano l’ostia consacrata risale alla fine del 1400 d.C., mentre la forma dell’ostia fu stabilita dal Concilio di Trento; per spezzare i legami con il Sole pagano raffigurato nell’ostensorio.

All’inizio del 1400 san Bernardino da Siena sostituì il disco d’oro luccicante con una teca con dentro il simbolo dell’eucarestia, il pane.

Studiosi sostengono che molte storie presenti nei Vangeli si possono ritrovare molto tempo prima nel Libro di Enoch e nei testi dei monaci egiziani chiamati i “Terapeuti”, successivamente associati agli Esseni. Nei sotterranei di Roma vi è una rappresentazione di Horus allattato dalla madre vergine Iside risalente al II secolo D.C.

5. DIO SOLE BABILONESE: IL CULTO DI SHAMASH E TAMMUZ/ YULE / ISHTAR

Al 3000 a.C. risalgono le feste di celebrazione del Dio del Sole Babilonese Shamash, nel giorno corrispondente al nostro 25 dicembre.

Il Dio Sole Shamash, Utu in sumerico e Shamas in accadico, è una divinità popolare in tutta la storia della Mesopotamia; il suo nome si riferisce al Sole, ma anche alla giustizia ed alla predizione in quanto il Sole vede tutto, compreso il futuro; risiede insieme alla sua sposa in templi chiamati “la Casa Bianca” (E’ BABBAR).

Shamas è rappresentato da un disco solare. Come tra gli egiziani ed altri popoli di tradizione plurimillenaria, gli dei mutano il nome nel tempo.

In Babilonia comparve successivamente il culto della Regina del Cielo (Isthar) e di suo figlio Tammuz, il dio creduto la reincarnazione del Sole. La nascita di questo Dio avveniva proprio durante il solstizio d’inverno: in questa veste di bambino a Babilonia il Dio Sole Tammuz prendeva il nome di Yule e il Giorno di Yule veniva festeggiato il 25 dicembre.

La dea Ishtar veniva rappresentata anch’essa (come Iside in Egitto) avente tra le braccia il suo “unico figlio” con una aureola di dodici stelle intorno al capo (i 12 segni zodiacali).

Il culto di Tammuz/Yule era talmente forte e diffuso che nella stessa Bibbia troviamo il profeta Ezechiele, nel VI secolo a.C, rimproverare le donne di Gerusalemme perché piangevano la morte di Tammuz (in questo culto Tammuz dio-pastore muore e poi risorge dopo tre giorni).

Altra grande divinità di Babilonia era Marduk, o Bel-Marduk che in babilonese voleva dire “vitello del Sole”.

6. DIO SOLE ARABO: IL CULTO DI DUSARES/HELIOS

A Petra (nell’attuale Giordania) il Dio Sole Dusares era celebrato il 25 dicembre già dal 600 a.C.

Epifanio, il vescovo cristiano della città di Salamina, padre della Chiesa e noto storico, affermava nel IV secolo d.C. che da tempo a Petra (la capitale del Regno di Palmira) era festeggiato Dusares/Helios, il Dio Sole, nel giorno 25 dicembre.

Era la festa principale di questo Regno, governato da una donna nel suo momento massimo di espansione, e che dalla penisola arabica si era esteso fino all’Etiopia ed a buona parte dell’Egitto prima di essere distrutto dall’imperatore romano Aureliano nel III secolo d.C.

Dusares veniva celebrato sopra una pietra nera quadrangolare di lato cm 60 e alta cm 120; la presenza della pietra richiama ad una origine animista (i culti delle pietre) della divinità, ma altri studiosi ne sostengono l’origine dalla città egiziana di Heliopolis, o mesopotamica di Babilonia.

7. DIO INDIANO KRISHNA

C’è scritto nei Rig Veda (Veda della Lode) indiani in epoca antecedente al primo millennio a.C.: “Il capo degli anacoreti chiamò a sé Devaki e le disse: - Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il salvatore del mondo. Ma fuggi, perché il tiranno Kansa ti cerca per farti morire col tenero frutto che rechi nel seno. Darai al mondo il figlio divino e lo chiamerai Krishna il sacro –.

Krishna nacque da una vergine: “Mahadeva, il Sole dei Soli, le apparve nel lampo di un folgorante raggio sotto forma umana. Allora concepì il figlio divino.” (Rig Veda, brani tratti dalla traduzione di E. Shurè, I Grandi Iniziati, Bari, 1941).

Anche la storia di Krishna suggerisce influenze sulle religioni posteriori, compreso il cristianesimo. E’ partorito da una vergine, chi la feconda compare sotto forma di luce, è perseguitato da un tiranno che ordina l’uccisione di migliaia di bambini, è la seconda persona della trinità indiana, è denominato il dio pastore, fa miracoli e ascende al cielo. La radice del suo nome è similare a quella di Cristo (Il nome completo di Gesù Cristo fu definito integralmente e ufficialmente solo nel 325 d.C. nel Consiglio di Nicea). La vita di Krishna è ricchissima di particolari che ritroviamo nella storia narrata di Cristo.

8. ALTRI CULTI SOLARI

Vengono dati per nati o festeggiati ogni anno nel solstizio d’inverno: Dioniso (di cui Microbio riferisce:”…subito dopo la sua sepoltura, egli risuscitò dalla morte e salì al cielo”), Apollo, Eracle, il Dio Siriano Adone, il Dio frigio Ati (Attis), lo scandinavo Freyr (figlio di Odino), il celtico-irlandese Samhein (anche lui risorto dalla morte dopo tre giorni).

Inoltre durante il solstizio invernale nelle Americhe del Centro-Nord abbiamo i festeggiamenti di questi Dei: Bacab (Yucatan) messo al mondo dalla vergine Chiribirias ed il Dio azteco del Sole,Huitzilopochtli

LA DATA DI NASCITA DI GESU’

Questa ricostruzione della data di nascita di Gesù è la versione più recente e attestata.

Chi stabilì che Cristo nacque nell’anno 1 fu il monaco Dionigi il Piccolo nel secolo VI, al quale risultava dai suoi calcoli che fosse nato in corrispondenza dell’anno 754 dalla fondazione di Roma. La sua datazione fu poi adottata come inizio dell’era cristiana dal Monaco Beda il venerabile nel 725 d.C. ed è la datazione attualmente in uso.

Gli storici hanno ampiamente dimostrato che è una data errata, anche basandosi sul Vangelo di Matteo (3,16) dove l’evangelista raccontava che Erode decise la strage di tutti i bambini primogeniti sotto i due anni.

Di Erode si conosce la data della morte, che avvenne nel 4 a.C. pochi giorni prima dell’eclisse del 13 marzo. Luca, nel suo Vangelo, scrive che Gesù era nato durante il censimento di Quirino, funzionario romano in Siria. Quirino però fece due censimenti, uno nel 6 d.C. come governatore, l’altro nel 6 a.C. come funzionario insieme a Sanzio Saturnino. Gli storici prendono quindi il 6 a.C. come data di riferimento per ulteriore indagine.

Quando nel 330 d.C. l’imperatore Costantino stabilì la celebrazione in tutto l’impero del Natale Cristiano in luogo della festa del Sol Invictus (in occasione delle cerimonie per la nuova capitale dell’impero, Bisanzio) accadde che il Natale fu celebrato due volte in quell’anno: il 6 gennaio come da tradizione in Bisanzio e poi ancora il 25 dicembre come da decreto imperiale che fissava il definitivo cambiamento. Così l’anno 1079 dalla fondazione di Roma diventa l’anno 1080, grazie a questa doppia celebrazione.

I ricercatori hanno quindi stabilito l’anno di nascita di Cristo nel 7 a.C; poi hanno cercato la conferma astronomica, richiamandosi ai passi del Vangelo di Matteo. Matteo era un uomo istruito formatosi alla scuola dei Caldei, i più competenti in materia di astronomia. In nessun testo religioso orientale o occidentale, compresi i 72 Vangeli, tra riconosciuti ed apocrifi si parla di cometa o di stella in occasione della nascita con esclusione di quello di Matteo. Solo gli annali cinesi registrano un fenomeno luminoso proprio nel 7 a.C.

Matteo parla di una grande stella luminosa e così scrive: “I Magi partirono verso occidente seguendo la direzione della grande stella luminosa che indicava loro la via verso Gerusalemme, ma non trovarono colà nulla. Sostando nella notte e con gli occhi fissi in cielo, si accorsero che la stella questa volta indicava la nuova direzione, verso sud, verso Betlemme.”

In pratica i Magi si videro indicare prima Gerusalemme (ovest), poi Betlemme (sud). Gli astronomi utilizzando la simulazione al computer sono riusciti a riprodurre il fenomeno celeste che avvenne sui cieli notturni della Palestina: non si trattava di una stella, men che meno cometa, ma di una straordinaria congiunzione dei pianeti Giove e Saturno, che per diffrazione della luce risultavano cinque volte più luminosi della somma delle singole sorgenti, come due volte la luna piena. Questi due pianeti apparvero in cielo così vicini da sembrare una unica stella: è un fenomeno che si ripete ogni 854 anni.

Giunti su Gerusalemme, Giove e Saturno apparvero spostarsi a sud verso Betlemme. Era la notte del 13 novembre dell’anno 7 a.C.

ALTRI RITI E PERSONAGGI DEL NATALE

IL PRESEPE

La parola presepe significa “mangiatoia” ed indica la greppia nella quale, come racconta il Vangelo di Luca, fu posto il Bambino Gesù alla sua nascita.

Sono i Vangeli Apocrifi (cioè non accettati dalla Chiesa come ispirati) che parlano della grotta nella quale era collocata la stalla ed indicano la presenza del bue e dell’ asinello che con il loro alito riscaldano l’umile culla.

Pur se i soggetti della natività compaiono su alcuni sarcofaghi del IV secolo, la vera e propria origine del Presepio è da ricondurre alle antiche rappresentazioni sacre eseguite durante le feste natalizie e dalle quali S. Francesco, secondo tradizione, avrebbe tratto l’idea del presepe, realizzandolo per la prima volta in un bosco presso Greccio nel Natale del 1223.

Alla fine del 1200 apparvero rappresentazioni artistiche della natività: la più antica è “L’oratorium Praesepis” di Arnolfo di Cambio, conservato nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, su commissione del Papa Onorio IV.

La popolarità del presepio ebbe però inizio solo nel 1400, in particolare nell’Italia centro – meridionale e per l’opera divulgatrice dei frati francescani e domenicani.

Nella seconda metà del secolo, l’uso di disporre semplicemente una serie di statuine contro uno sfondo dipinto fu sostituito dall’elaborazione di paesaggi in rilievo. A Napoli sorse una vera e propria arte del presepio: famoso fu quello con figure in legno di S. Giovanni a Carbonara nel 1484.

Nell’Italia settentrionale si producevano invece opere grandi in terracotta. A Napoli nel 1700 nacque il “figurinaro”, cioè creatore di statuette, e comparvero così gli specialisti di pastori, gli animalisti ecc. Anche le composizioni diventarono più complesse, con scene di vita quotidiana.

Da Napoli questa arte si diffuse in Spagna (figure in creta in Catalogna), in Portogallo, in Francia: in Provenza venivano allestiti presepi, in teatrini o negozi, composti di vari quadri divisi da fondali e le figurine erano marionette mosse da un congegno interno.

L’Italia del nord esportava presepi nel nord Europa, in particolare su richiesta delle chiese in Polonia. Esistono presepi ritagliati nella carta o nella stagnola, presepi splendidi a forma di cattedrale gotica in Polonia. Nel presepe è tradizione del nord Italia raffigurare la capanna, e del sud Italia raffigurare la grotta.

I RE MAGI

I Magi, o Magusei, erano una classe sacerdotale del popolo dei Medi, popolo unito e alleato ai Persiani. Questa classe sacerdotale, che parlava aramaico ed era di origine semitica affiancava i grandi sacerdoti dei santuari e praticava gli insegnamenti di Zarathustra ed il culto di Mitra.

Più anticamente ancora erano chiamati “athravan” (accenditori del fuoco) e praticavano il culto del fuoco sacro. Il compito principale dei Magi era quello di tenere sempre il fuoco acceso; facevano questa cerimonia (di ravvivare il fuoco) cinque volte al giorno e suonavano una campanella per farvi assistere i fedeli, i quali portavano loro offerte di cibo.

I cultori di Zarathustra si tramandavano uno scritto attribuito allo stesso Zarathustra dove si profetizzava l’apparizione di una stella lucente in cielo, e vi erano indicate istruzioni sui doni da offrire al Salvatore.

Dei Magi ne parla, nel Proto-Vangelo, Giacomo che era un maestro di giustizia degli esseni; numerosi esseni ebrei erano rimasti influenzati dalla religione di Zoroastro, portata dai Persiani quando li liberarono dalla dominazione babilonese.

Nel “Vangelo arabo-siriaco dell’infanzia” la predizione della venuta del Messia è attribuita a Zarathustra: “e vennero a Gerusalemme dei Magi, come aveva predetto Zarathustra”.

L’evento della nascita di un Salvatore era atteso da molti seguaci delle religioni dell’epoca, in particolare dagli ebrei. L’usanza dei doni nel giorno della Epifania risale al fatto che il Natale in oriente veniva e viene festeggiato il 6 gennaio e in concomitanza con l’arrivo dei Magi, che portavano i doni.

A Milano, nella Basilica di S. Eustorgio erano conservare le presunte ossa reliquarie dei Magi fino a che Federico Barbarossa, dopo l’anno mille, le prelevò e portò in Germania.

La Cattedrale di Colonia custodisce ora queste reliquie (presunte). Successivamente una parte di queste reliquie venne restituita a Milano e sono conservate nella basilica milanese.

I nomi dei Magi (che successivamente furono fatti “diventare” re) compaiono per la prima volta su un mosaico nella basilica di S. Apollinare Nuova a Ravenna: Gaspare (il Moro), Melchiorre, Baldassarre. I loro tre doni consistevano in oro (dono per i Re), incenso (per le adorazioni sull’altare), mirra (considerato un balsamo per i defunti).

LA STELLA COMETA

La stella cometa è entrata nella tradizione del natale cristiano, ma anch’essa indica la confusione che circonda le radici del Natale. Abbiamo visto che nessuna cometa è osservata e registrata negli anni presunti della nascita di Cristo, e che il fenomeno luminoso fu da addebitarsi alla congiunzione di Giove e Saturno il 13 novembre del 7 a.C., nella costellazione dei Pesci.

Tutta la storia della cometa nasce da un quadro di Giotto, nel 1301 alla Cappella degli Scrovegni; il pittore, accanto alla Natività, dipinse l’Epifania e inserì sopra la capanna una cometa. Per un motivo molto realistico e contemporaneo del suo tempo: proprio in quell’anno, nel 1301, a Dicembre, apparve in cielo la famosa cometa di Halley, allora molto luminosa ed appariscente.

BABBO NATALE

Babbo Natale è San Nicola. San Nicola nacque a Patara (Turchia) da una ricca famiglia, fu il Vescovo di Myra nel IV secolo d.C. e li venne seppellito.

Nel 1087 la sua salma e il suo tesoro presunto furono trafugati da cavalieri crociati italiani. La salma fu lasciata a Bari e di questa città San Nicola diventò il santo protettore. Di lui parla anche Dante nel Purgatorio (XX-31-33).

La leggenda più antica su San Nicola ha subito poi leggere correzioni per renderla adatta ai bambini, ma così raccontava: tre giovani povere erano destinate alla prostituzione. Un nobiluomo caduto in miseria voleva sposarne una ed era commosso dai loro pianti. Andò da S. Nicola che promise di aiutare tutti: per due notti consecutive lanciò un sacco di monete d’oro all’interno della casa delle tre fanciulle. Al terzo giorno trovò le finestre chiuse, ed allora fece entrare in casa il sacco calandolo dal camino. Intorno al camino erano stese delle calze, che si riempirono di monete d’oro.

Nella fantasia popolare S. Nicola diventò “il portatore di doni”, nella notte del 6 dicembre (S. Nicola) e successivamente nella notte di Natale.

Il culto di San Nicola, che si era diffuso nel nord Europa, fu poi portato dagli immigrati olandesi in America. Il santo in olandese veniva chiamato Sinter Klass ma negli Stati Uniti si affermò come Santa Klaus.

Nel 1809 lo scrittore Washington Irvin raccontò per la prima volta gli spostamenti di Babbo Natale nel cielo per la distribuzione dei regali; nel 1821 il pastore americano Clement Clarice Moore scrisse una favola sul Natale, per i bambini, nella quale il personaggio di Babbo Natale appariva con una slitta tirata da otto renne.

Nel 1860 Thomas Nast, illustratore e caricaturista del giornale New Yorkais Illustrateur Weekly, rivestì Babbo Natale di una lunga mantella guarnita di pelliccia. Per quasi 30 anni Nast illustrò tutti gli aspetti della leggenda di Natale e nel 1885 stabilì la residenza di Babbo Natale al Polo Nord.

L’anno seguente lo scrittore americano Gorge P. Webster precisò che la fabbrica di giocattoli e dimora di Babbo Natale erano nascosti tra i ghiacciai del Polo Nord.

Nel 1931 la Coca Cola decise di usare Babbo Natale nelle sue campagne pubblicitarie e commissionò ad un artista americano, tale Haddon Sundblom, l’incarico di ridisegnare e standardizzare il vecchio santo gentiluomo.

L’artista si ispirò al suo vicino di casa, commesso viaggiatore sempre indaffarato con pacchi e pacchetti, un uomo grasso con barba bianca e fare pacioso. Vicino di casa + colori bianco e rosso della coca cola = Babbo Natale.

L’immagine convinse i dirigenti della Coca Cola che la riportarono su una delle prime pubblicità: un folletto ciccione con la pancia a botte, il barbone bianco, che indossa un abito rosso bordato di pelliccia bianca, stivali neri e cinturone con in mano una bottiglia di Coca Cola. Da quando quella campagna pubblicitaria fu conclusa, nessuno al mondo ha mai più visto Babbo Natale raffigurato con colori diversi. Come invece il cavallo bianco di San Nicola si sia trasformato in quattro renne, questo non si sa.

L’ALBERO

L’Albero è una cattedrale delle culture animiste più antiche ed il suo culto è ancora diffuso.

Chi ha viaggiato nell’India nel nord, nell’Asia Centrale, in Cina, in Tibet, in Siberia avrà sicuramente notato che alcuni alberi, in genere i più antichi o maestosi, sono oggetti di culto: vengono legati sottili fili intorno al tronco per mettervi incensi accesi, infilarvi ghirlande di fiori; alla base dell’albero vengono deposti fiori, cibo, lumi accesi. Questa tradizione si conserva un po’ in tutto il mondo.

G. Moussian ha rinvenuto una tavoletta babilonese molto antica, del 1850 a.C., dove vi è raffigurato un albero schematizzato, e sui rami delle losanghe che raffigurano gli astri, ed alla sommità il Sole che domina. E’ il più antico albero di Natale finora rinvenuto (considerato poi che a Babilonia festeggiavano il Dio Sole Samash il 25 dicembre….).

I babilonesi usavano decorare l’albero con frutti. L’albero è presente in tutte le religioni arcaiche: è l’albero cosmico della mitologia germanica (la tradizione odierna riparte proprio dai germani), è l’albero indiano dei Veda, è l’albero della Vita persiano e biblico…

Celti, Sassoni, Normanni portavano alberi in casa per tener lontani gli spiriti cattivi, gli Egiziani portavano le palme ed i Romani gli abeti. Come segno di venerazione verso gli alberi consacrati gli antichi erano soliti appendere mele ed altri frutti come offerta alle divinità.

La tradizione era estesa in tutto il nord Europa: per ringraziare la terra della sua generosità ed in segno di buon auspicio per i successivi raccolti, i contadini appendevano sugli alberi i frutti dei loro raccolti. Gli antichi Germani vi appendevano anche pietre ai rami della quercia per far tornare gli spiriti fuggiti con la caduta delle foglie. Successivamente gli alberi si arricchirono di frutti colorati, ghirlande, e candeline.

La prima ripresa di questa usanza la troviamo a Strasburgo in Germania nel 1539, ma solo nel 1800 diventò una usanza generale. Fabbricanti germanici e svizzeri. cominciarono a produrre ninnoli di vetro soffiato, gli americani successivamente aggiunsero l’idea delle lampadine. Poi nel 1840 la duchessa di Orleans, imitando l’ambasciatore asburgico, fece addobbare un enorme albero nel giardino di Tuilleries e… la moda dilagò tra tutte le corti europee.

IL CEPPO NATALIZIO

Dalla festa del Sol Invictus proviene l’usanza di bruciare un ceppo a Natale: Il ceppo doveva essere di quercia e doveva bruciare per 12 giorni: da come era bruciato o dalle scintille si prediceva il futuro. Le ceneri venivano conservate e usate come rimedi contro malattie e calamità.

IL VISCHIO

Nei culti dei druidi, i sacerdoti celtici, c’era l’usanza di tagliare il vischio con un falcetto a forma di serpe d’oro. Il vischio poi veniva raccolto in un drappo bianco avendo cura di non farlo toccare per terra e lo si immergeva nell’acqua di un lago.

A questo punto, abbracciarsi sotto il vischio per il natale-festa del Sole era benaugurante; infatti il vischio era anche chiamato “guarisci-tutto” per le sue proprietà medicinali. Questa sua natura invita a superare ogni dolore e calamità; secondo i druidi il vischio assicurava il bel tempo, il raccolto abbondante e la protezione contro i malefici: per questo si usa regalarlo ad inizio d’anno. Con l’affermazione della religione cristiana, il vischio, a causa dei suoi legami con la tradizione pagana, fu sostituito dall’ agrifoglio.

Il CAPODANNO

Chiamato in epoca romana “Caledae Ianuariae”, dal 332 d.C. viene celebrato a Roma come festa liturgica della Circoncisione di Gesù Cristo. E’ il capodanno civile per quasi tutti i paesi del mondo, e religioso per cattolici, anglicani ed evangelisti. I cristiani ortodossi celebrano l’anno nuovo il 14 gennaio.

In Occidente il 1° gennaio si fa cominciare l’anno solare, in Cina l’anno inizia con la prima luna nuova nel segno dell’“Acquario”, i mussulmani (che hanno come anno d’inizio delle datazioni il 622 d.C.) seguono un calendario luni-solare e la data del capodanno, come per i cinesi, varia ogni anno.

Indiani, persiani, curdi lo inaugurano il 21 marzo, i buddisti dello Sri Lanka iniziano l’anno il 14 aprile. A settembre viene festeggiato il capodanno ebraico e l’antico capodanno cristiano-copto.

LA STRENNA

Per strenna natalizia si intendevano, nell’antichità tra i Romani, i rami d’albero che venivano regalati alle Calende di Gennaio come augurio di prosperità ed abbondanza. I Re dei Sabini volevano che questi rami fossero raccolti nel bosco dedicato alla Dea Strenia.

L’EPIFANIA E LA BEFANA

L’Epifania, che vuol dire Manifestazione, agli inizi del IV secolo coincideva con la festa per la nascita di Cristo che andava affermandosi il giorno 6 gennaio. Ma a seguito della decisione dell’Imperatore Costantino di anticipare la festa cristiana del 6 gennaio e di farla coincidere con la festa del Natale del Sole pagano del 25 dicembre, si creò una difformità di rituali. La Chiesa Cattolica allora riempì la festa del 6 gennaio con l’arrivo dei Magi, e la chiamò festa dell’Epifania.

Secondo alcuni studiosi la parola Epifania nel corso del tempo, in particolare in Toscana, è stata corretta dalla lingua locale in Befania e poi Befana. A Firenze nel 1400 si usava festeggiare l’Epifania rievocando l’ultima tappa del viaggio dei Magi con cortei-processioni spettacolari, ma con ridotta valenza religiosa. Comparvero i primi cortei mascherati con riferimenti alle sacre rappresentazioni medievali ed al viaggio dei Magi a Betlemme. E mimi che rappresentavano i significati religiosi dell’ Epifania.

Pian piano l’aspetto profano della festa prese il sopravvento su quello religioso, prese piede la libertà nel mascherarsi ai cortei, successivamente comparvero i carri che raggiunsero il massimo splendore nel 1700. Sui carri, spesso decorati da artisti, c’erano figure femminili chiamate Befane e che rappresentavano la festa.

All’Epifania o Befania del 1766 il carro più ammirato fu quello del “Trionfo di Bacco”. Si passò anche dallo splendore delle vesti dei primi cortei alla cura del grottesco.

Intorno alle Befane c’erano numerosi Befani, o Befanotti, col volto spesso dipinto di nero, vestiti in modo sgargiante e col volto tinto di nero, che in qualche modo richiamavano i re Magi.

I Befani chiedevano soldi per sé e per pubblica beneficenza oppure vino, ed in cambio recitavano canzoni, religiose o profane, dette Befanate. I partecipanti ai cortei portavano fantocci fatti di stracci e issati su pertiche (“Befane”), venivano caricati su carri illuminati da fumose torce.

I carri erano attorniati da giovani che soffiavano in stridule e lunghe trombe di vetro. Giunti i carri ed i partecipanti nella piazza principale, veniva dato fuoco ai fantocci-befane: questa usanza a Firenze è durata fino a fine 1800.

L’Epifania si caratterizzò così come anticamera, festa di apertura del periodo carnevalesco. In seguito, e dappertutto, l’Epifania si è caratterizzata come festa per bambini, con il recupero della tradizione dei doni dei Magi.


http://www.homolaicus.com/nt/vangeli/natale/sintesi.htm

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Mondo Tempo Reale è il blog che dal 2010 vi racconta le notizie più incredibili, strane, curiose e divertenti: fatti imbarazzanti, ladri imbranati, prodotti assurdi, ricerche scientifiche decisamente insolite.
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