Kenya, la tragedia di un leone in città



Il primo caso è stato quello di una leonessa che si è avventurata in città per distrarre le forze dell'ordine che stavano cercando i suoi cuccioli, finiti per sbaglio in una caserma dell'esercito.

Poi, poche settimane dopo, un branco di sei leoni ha sfondato una recinzione e ha fatto irruzione in un pascolo, uccidendo 120 tra capre e pecore. Uno dei leoni ha perso il senso dell'orientamento ed è finito su una strada principale, prima di riuscire a tornare nel Nairobi National Park, che costeggia la capitale del Kenya.



Infine, la settimana scorsa, un leone di nome Mohawk, molto conosciuto nella zona, si è spinto per più di 30 chilometri oltre i confini del parco. Circondato e disturbato dalla popolazione, ha finito per aggredire una persona, e a quel punto i ranger del parco non hanno potuto far altro che abbatterlo a fucilate. Le foto (sopra) e il video dell'esecuzione hanno fatto il giro del mondo, suscitando commozione e preoccupazione.

Perché tanti leoni si stanno avventurando fuori dal Nairobi National Park? Per alcuni esperti è colpa della costruzione di una nuova ferrovia e di una nuova autostrada lungo i confini del parco: gli animali sarebbero disturbati e confusi dai lavori e dal rumore. Altri ipotizzano che all'interno del parco i felini trovino sempre meno prede, e siano costretti a cercare cibo altrove. Probabilmente si tratta di una combinazione di entrambi i fattori: cresce la popolazione dei leoni del parco, ma cresce anche la città di tre milioni di abitanti che lo circonda.

Secondo Paul Gahitu, portavoce del Kenya Wildlife Service, nel Nairobi National Park vivono oggi 35 leoni, più di quanti ce ne siano stati in passato. Ma mentre il territorio di un leone può espandersi fino a 400 chilometri quadrati, l'area del parco è di soli 138 kmq. Alla fine, quando la fauna selvatica entra in conflitto con la popolazione umana, “sono quasi sempre gli animali a perdere”, commenta Luke Dollar, un esperto di conservazione che collabora alla Big Cats Initiative, il programma di protezione dei grandi felini di National Geographic.

Un dramma evitabile

Nel caso del leone Mohawk, il problema è stata la comunità”, spiega Gathitu. Quando gli abitanti dei dintorni di Isinya, una cittadina a una trentina di chilometri a sud del parco e a una sessantina di chilometri di distanza da Nairobi, hanno scoperto che Mohawk si aggirava nella zona, circa 400 persone si sono ammassate per vederlo. I guardaparco hanno parcheggiato una serie di auto in fila in modo da creare un cordone, invitando la gente a stare a distanza. Ma in tanti, racconta Gathitu, hanno continuato a tirargli pietre, gridargli contro e suonare il clacson.

“È stata una scena orribile”, racconta Gathitu. “Uno di loro ha provato a inseguirlo con una motocicletta, così il leone si è avventato contro di lui e l'ha morso sulla schiena”. Vedendo che il leone si stava dirigendo verso la folla, i ranger – che non avevano in dotazione un fucile a tranquillanti – gli hanno sparato per impedirgli di ferire altre persone. In realtà, Mohawk si stava comportando in maniera perfettamente naturale, percorrendo una rotta migratoria usata da leoni e altri animali da decenni.



La novità delle ultime settimane, sostiene Gathitu, è che i leoni del parco hanno cominciato a lottare per il controllo del territorio. E a 13 anni, Mohawk non era più un giovanotto. “Era stato scacciato da un altro leone”, spiega. “Quando un leone viene battuto da uno più giovane, che lo sostituisce come 'capofamiglia', non può far altro che andare via”. Già negli anni Cinquanta i ricercatori avevano notato che quando la popolazione di leoni del parco supera i 40 individui, lo spazio diventa troppo angusto per tutti e gli animali cominciano a lottare per il territorio.

Inoltre, paradossalmente, i leoni del Nairobi National Park sono abituati agli esseri umani e sono a proprio agio sulla strada. E non sono affatto spaventati dai veicoli a motore, visto che tutti i giorni vedono macchine che si avvicinano a loro – magari a pochi metri - con turisti che sporgono per scattare le foto.

Per questo non si può parlare di leoni “fuggiti” dal parco. Il Nairobi National Park non è uno zoo, e l'intero lato sud – quello che non dà sulla città – è del tutto privo di recinzioni.

“'Fuga' è decisamente la parola sbagliata”, dice Anne Kent Taylor, esperta di conservazione alla Riserva del Masai Mara, nel sud del Kenya, e beneficiaria di un fondo di ricerca National Geographic. “I leoni vagano. Non conoscono confini”. Aggiunge Dollar: “Non vanno a scuola per imparare che cos'è una recinzione e perché non devono scavalcarla. È molto pericoloso antropomorfizzare i leoni e poi stupirsi se non si comportano bene. Perché dovrebbero?”.



Human-Lion Conflict Forse, se i ranger avessero avuto con sé un fucile a tranquillanti, la vita di Mohawk avrebbe potuto essere risparmiata. Per Kent Taylor, però, i guardaparco avrebbero dovuto essere meglio addestrati alla gestione della folla, più che degli animali.

Oggi, per impedire altri sconfinamenti, i ranger stanno esaminando eventuali brecce nel recinto del parco (là dove c'è una recinzione) e stanno sbarrando le condutture d'acqua simili a quella usata dalla leonessa e dai suoi piccoli per introdursi nella caserma. Ma Dollar avverte: “La prossima volta che dal parco un leone sconfinerà nelle trafficate strade di Nairobi, dobbiamo ricordarci che in quel posto gli animali c'erano prima di noi. Siamo noi umani gli intrusi”.

http://www.nationalgeographic.it/

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