“Universe 25”: lo strano esperimento con i topi che descrive come finirà la nostra civiltà



Cibo e acqua per tutti, nessun predatore, clima controllato, pulizia e superiorità genetica. Il paradiso: eppure non ha funzionato!

[LegaNerd] Nel 1962, il ricercatore John B. Calhoun realizzò l’habitat ideale per roditori.

Un luogo dove le cavie non avrebbero mai dovuto preoccuparsi di nulla, con cibo, acqua e un rifugio a disposizione per tutti.

Un’utopia a misura di topo, la cui società nel giro di un anno raggiunse il suo massimo splendore, per poi collassare in un’escalation di caos, violenza e pansessualità.

Ma andiamo con ordine. Calhoun era un etologo noto per i suoi studi sulla densità della popolazione e gli effetti che tale fattore ha sul comportamento.

Egli sosteneva che i risultati ottenuti con i topi fossero un triste pronostico sul futuro dell’umanità, in un’epoca peraltro in cui le discussioni sul boom demografico e le ripercussioni sulle risorse a nostra disposizione erano all’ordine del giorno.

Durante i suoi studi, Calhoun coniò il termine “behavioral sink” (che potremmo tradurre come “sprofondamento comportamentale”), per descrivere il comportamento patologico che deriva dal sovrappopolamento.

Universe 25
L’esperimento che gli diede risalto internazionale fu chiamato “Universe 25”. Ogni aspetto fu accuratamente studiato e selezionato per garantire il benessere dei roditori ed incrementare la loro aspettativa di vita.

L’universo aveva la forma di un serbatoio di 2,7 metri quadrati, con mura alte un metro e mezzo circa. Il primo metro era strutturato in modo che i topi potessero arrampicarsi liberamente sulle pareti, senza tuttavia poter scappare; su ogni muro erano saldati 16 tunnel in maglia di ferro, con 4 corridoi orizzontali che li attraversavano da parte a parte, fornendo così 256 ripari in cui costruire altrettanti nidi. Ogni nido era abbastanza grande da ospitare 15 topi.

Facendo un rapido calcolo, Universe 25 poteva contenere una popolazione di oltre 3800 topi, con abbastanza acqua pulita, cibo, e materiale per creare il nido per tutti.

L’habitat veniva pulito ogni 4 settimane, la temperatura era tenuta costantemente intorno ai 20° e persino il rischio di malattie genetiche era stato drasticamente ridotto, selezionando i migliori esemplari dalle colonie del National Institute of Health.

Quattro coppie di topi furono introdotte in questo paradiso artificiale.
Dopo 104 giorni di adattamento, in cui familiarizzarono tra loro e con l’ambiente circostante, iniziarono a riprodursi.

Le condizioni di assoluta perfezione del loro nuovo mondo garantirono un’esplosione demografica esponenziale, con la popolazione che raddoppiava ogni 55 giorni. Ma il disfacimento era dietro l’angolo.

Calhoun si dedicò alla realizzazione di habitat per roditori sin dal 1940, e come il nome stesso dell’esperimento suggerisce, Universe 25, ce ne sono stati altri 24 prima, e quasi tutti hanno portato al medesimo risultato. Il paradiso, inevitabilmente, diventava un inferno.



Popolazione, risorse, ambiente
Il periodo in cui Calhoun conduce i suoi esperimenti è segnato da una concreta paura per il sovrappopolamento.

La società, già profondamente segnata dalla più sanguinosa guerra dell’epoca moderna, è seriamente preoccupata delle ripercussioni che l’incremento senza sosta della popolazione umana potrebbe avere sulle risorse naturali.

Ecologisti come William Vogt e Fairfield Osborn avevano lanciato i primi allarmi sulla pressione che l’espansione demografica stava avendo sulle risorse di cibo già dal 1948.

Nel 1968, Paul Ehrlich pubblicò il libro “The Population Bomb”, un’opera allarmista in cui si suggeriva che il mondo sovraffollato, prima o poi, sarebbe stato spazzato via da carestie e guerre.

Il tema raggiunse la massima importanza quando nel 1972 fu pubblicato un rapporto della Rockfeller Commission sulla popolazione degli Stati Uniti, in cui si suggeriva che la crescita senza freno della popolazione dovesse essere rallentata o addirittura invertita.

Ma Calhoun non si occupava di scarsità di risorse, al contrario degli altri. Universe 25 aveva tutto ciò di cui i suoi abitanti potessero aver bisogno.

L’unica cosa che cominciava a scarseggiare era lo spazio, e ciò era proprio il punto che il ricercatore del Tennessee intendeva dimostrare: sovraffollare un habitat ne avrebbe causato la distruzione prima ancora che la carestia avesse avuto modo di iniziare.

Giorno 315
Siamo giunti al 315esimo giorno dall’inizio dell’esperimento. I topi non hanno fatto altro che mangiare, socializzare e procreare, portando la popolazione di Universe 25 a oltre 600 individui. Ma è qui che comincia il declino. La crescita demografica inizia improvvisamente a rallentare.

I nuovi nati si ritrovano in un mondo ogni giorno sempre più affollato, in cui ci sono più topi che ruoli sociali. Lo stress di dover difendere il proprio territorio e le proprie femmine da innumerevoli contendenti, porta i maschi alfa ad abbandonare il compito, diventato troppo oneroso.

Le normali interazioni sociali vanno in frantumi, e con loro anche la capacità dei roditori di relazionarsi gli uni agli altri. I maschi dominanti diventano estremamente aggressivi e attaccano le femmine e i piccoli. Altri diventano pansessuali e iperattivi, e tentano di accoppiarsi con qualsiasi topo a disposizione.

Le femmine, abbandonate a loro stesse in nidi invasi da aggressori, cominciano a rifiutare e in seguito ad attaccare i loro stessi neonati, incapaci addirittura di costruire nidi adeguati.

In alcune aree dell’habitat, la mortalità infantile raggiunge il 96%, con i morti cannibalizzati dai vivi (ricordiamolo, anche in questa fase c’era ancora cibo in abbondanza per tutti).

Gli individui più deboli sopravvivono a grossi costi, resistendo fisicamente ma crollando psicologicamente. Questi emarginati si ritirano al centro del recinto, dove la loro vita scorre inerme se non con qualche insensato e occasionale atto di violenza.

In controtendenza, un altro gruppo di roditori, che Calhoun chiamò “i belli”, non si accoppia né combatte. Interessati solo a loro stessi, le loro uniche attività sono mangiare, dormire e lisciarsi il pelo, e si distinguono dagli altri per l’assenza di ferite e per il pelo bianco e lucido. La società dei topi è al collasso.

Giunti al giorno 560, la popolazione ha raggiunto i 2200 individui (contro gli oltre 3500 che Universe 25 poteva ospitare) e la sua crescita si ferma del tutto.

Alcuni riescono a superare lo svezzamento, ma passato il 600esimo giorno si contano poche gravidanze e nessun cucciolo sopravvissuto.

Anche quando la popolazione ritorna ai livelli iniziali dell’esperimento, non si registrano nuove nascite. I topi ancora in grado di riprodursi, come “i belli” ed alcune femmine rintanatesi ai livelli più alti della gabbia, avevano perso la capacità sociale di farlo.

Le cavie, semplicemente, avevano smesso di essere topi, e di portare avanti le relazioni sociali necessarie per l’accoppiamento. Una sorta di prima morte, come fu definita da Calhoun stesso – una morte sociale che precedette la morte fisica. C’è da notare una cosa.

Nel 1947 Calhoun aveva già tentato questo esperimento, ma in larga scala, in un habitat di circa 4000 metri quadri. La popolazione raggiunse il picco sulle 200 unità, e poi si stabilizzò sulle 150, laddove Calhoun aveva calcolato che l’habitat potesse ospitarne oltre 5000.

Chiaramente mancava qualcosa, ed era il sovraffollamento, il vivere costantemente spalla a spalla con decine di vicini, e che nei successivi esperimenti portò sempre allo stesso risultato: esplosioni di violenza, ipersessualità seguita da asessualità, e quindi l’autodistruzione.

E gli esseri umani?
I risultati di questi esperimenti si applicano a topi e ratti, ma potrebbero essere veri anche per gli esseri umani?

Per Calhoun non c’erano dubbi: non importa quanto sofisticati crediamo di essere, una volta che il numero di individui in grado di ricoprire un ruolo supera largamente il numero di ruoli disponibili,

«L’inevitabile conseguenza è la distruzione dell’organizzazione sociale. Individui nati in queste circostanze sarebbero così distaccati dalla realtà da essere incapaci persino di alienarsi. I loro comportamenti più complessi diventerebbero frammentati.
L’acquisizione, la creazione e l’utilizzo di idee appropriate per il sostentamento della vita in una società post-industriale sarebbe impossibile.
La crescita della popolazione umana, se lasciata incontrollata, porterebbe la società a soccombere al nichilismo e quindi al collasso, risultando nella fine della specie».

Alcuni ricercatori tentarono di ripetere l’esperimento sugli umani, ovviamente con scarsi risultati. Tuttavia dall’osservazione di alcune realtà urbane densamente popolate si potevano ravvisare delle somiglianze col modello di Calhoun.

Ed era proprio questo lo scopo di Calhoun, dimostrare che la crescita della popolazione umana, se lasciata incontrollata, porterebbe la società a soccombere al nichilismo e quindi al collasso, risultando nella fine della specie.

http://www.ilnavigatorecurioso.it/2016/10/25/universe-25-lo-strano-esperimento-con-i-topi-che-descrive-come-finira-la-nostra-civilta/

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