Il geco a strappo del Madagascar

Geckolepis megalepis è stato a lungo confuso con una specie imparentata, e molto simile, che vive anch'essa nel Madagascar. Fotografia di Neil D'Cruze.
Questa nuova specie ha squame grandi e a dir poco atipiche: può farle cadere in massa in caso di necessità, per sfuggire ai predatori

Visti al cinema i pantaloni a strappo sono comici, ma per alcuni gechi perdere rapidamente la pelle può essere questione di vita o di morte.

Ecco Geckolepis megalepis, una nuova specie del Madagascar con squame simili a quelle di un pesce, che può far cadere a piacimento fino al livello dei muscoli. Questa creatura tropicale si aggiunge alle quattro specie di lucertole note capaci di perdere la pelle quando sono minacciate, un po’ come la famosa strategia dei rettili che si auto-amputano la coda per scappare ai predatori.

Il nuovo geco è degno di nota sia per le dimensioni straordinarie che per la durezza delle squame; il suo nome, in latino, significa “squame molto grandi”. Quasi come piastre ossee, le squame si staccano da G. megalepis senza causare perdite di sangue, lungo uno speciale strato di cellule alla base della pelle, la cosiddetta “zona di strappo”. Poi si rigenerano rapidamente, nel giro di poche settimane.

Il geco G. megalepis dopo che 
ha abbandonato le sue squame.
Può farle ricrescere in poche settimane. Fotografia di Frank Glaw
Questo geco è diverso dalle specie imparentate anche perché sembra cambiare pelle con estrema facilità. “Personalmente sono riuscito solo una volta a catturare uno di questi gechi senza perdere la maggior parte delle squame”, racconta Mark Scherz, studente di dottorato all'Università Ludwig Maximilian di Monaco e autore dello studio. “Ero entusiasta! A guardarli in qualunque museo li abbia in esposizione, è evidente quanto di rado la pelle rimanga intatta. È quasi ridicolo”.

Scambio di identità

Nel tardo XIX secolo, gli scienziati che hanno scoperto questo gruppo di strani gechi in Madagascar hanno avuto lo stesso problema e descritto quanto fosse complicato catturare i gechi “a strappo” senza perdere un gran numero di squame (più di recente, i ricercatori hanno provato a evitare del tutto il contatto diretto, attirandoli all’interno di borse).

Quando il geco perde la pelle, aggiunge Scherz, probabilmente cerca un riparo umido. “Immagino che vi rimanga almeno fino a quando il processo di rigenerazione è iniziato, ma in natura non ho mai incontrato un geco che avesse ancora la carne esposta dall’incontro precedente”.

Numero e trama delle squame sono elementi cruciali che gli erpetologi usano per identificare e distinguere le specie tra loro, nonché uno dei motivi per i quali ci è voluto così tanto per identificare G. megalepis come una nuova specie. Non solo somiglia molto ai suoi parenti, è anche piuttosto riservato e bravo a mimetizzarsi.

I ricercatori, infatti, hanno raccolto i primi esemplari nel 2004 nel terreno roccioso calcareo e carsico dell’Ankarana National Park, ma gli animali sono stati erroneamente messi insieme a quelli di una specie molto simile, G. maculata.

Quando nel 2013 le analisi genetiche hanno suggerito che esistessero -o fossero esistite in passato- almeno 12 specie distinte di Geckolepis, Scherz ha deciso di tentare un nuovo approccio per analizzare i gechi che non fosse basato sull’aspetto fisico: osservare nel dettaglio la struttura scheletrica.

Scherz ha lavorato insieme a uno dei suoi tutor di dottorato, Frank Glow, per ottenere delle scansioni dello scheletro di G. megalepis con la microtomografia computerizzata.

Identificate delle piccole differenze nell’anatomia dello scheletro, compresa la forma di alcune vertebre e delle ossa del naso, Scherz e colleghi hanno capito che G. megalepis era una specie a sé stante. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PeerJ.

Varietà di rettili

Nonostante Scherz e colleghi abbiano trovato un nuovo posto per la specie sull’albero genealogico dei gechi, lo scienziato non ha idea di come questi animali si riconoscano tra loro. “Spesso vediamo animali di diversa discendenza genetica stare insieme, nella stessa area, e non abbiamo idea di come possano distinguersi. Forse è legato al comportamento, forse si tratta di feromoni o della forma delle squame. Non lo sappiamo”.

Nonostante l’habitat carsico dei gechi sia protetto, sono minacciati dalle operazioni minerarie in corso per la ricerca degli zaffiri, ma anche dagli incendi di origine umana, dal bestiame che pascola in libertà e da un areale ristretto. Per questi motivi, Scherz suggerisce che l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) includa la specie tra quelle quasi minacciate.

Il Madagascar ospita 350 specie di rettili terrestri, il 90% delle quali non si trova in nessun altro luogo al mondo, dice Neil D’Cruze, che guida la ricerca e le politiche sulla tutela della fauna selvatica alla World Society for the Protection of Animals di Londra. “È necessario continuare a fare censimenti per comprendere -e di conseguenza tutelare- l'autentico tesoro che sono i rettili di questo hotspot della biodiversità”.

http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2017/02/07/news/geco_perde_squame_madagascar-3415106/

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