Ricerca Ingv scopre sisma in Appennino originato dal magma

Un dettaglio della nuova frattura che si è creata sul monte Vettore dopo il terremoto che il 30 ottobre 2016 ha colpito l'Appennino Umbro-Marchigiano. La nuova ricerca dell'Ingv ha preso in esame il sisma che tra il 2013 e il 2014 ha interessato l'Appennino meridionale, nel Sannio-Matese. Foto di Piero Farabollini e Gianni Scalella.
Per la prima volta è stato dimostrato che la risalita di magma può generare terremoti di notevole magnitudo anche in aree montuose. Ora si tratta di capire se il fenomeno interessa altre zone della catena

La buona notizia è che ieri la sismologia ha compiuto un importante passo in avanti. Quella cattiva è che oltre alla tettonica oggi sappiamo che un'altra causa può scatenare terremoti nei nostri Appennini: il movimento di magma in profondità.

La scoperta è stata annunciata il 9 gennaio dall'Ingv ed è il frutto di uno studio condotto insieme al dipartimento di fisica e geologia dell'Università di Perugia. Il lavoro 'Seismic signature of active intrusions in mountain chains', è stato pubblicato su Science Advances. Per la prima volta in Italia, e a quanto risulta a Ingv anche nel mondo, è stato osservato un terremoto in aree montuose prodotto da risalita di magma nella crosta terrestre. Fino ad ora, infatti, si pensava che in queste zone la terra si muovesse solo per il movimento di faglie.

I ricercatori hanno studiato la sequenza sismica che ha interessato l'Appennino meridionale, nel Sannio-Matese, tra il 2013 e il 2014, che ha raggiunto l'apice con un sisma di magnitudo 5. L'evento principale è avvenuto sotto i 20 chilometri di profondità, "mentre tutti gli altri sono avvenuti più in alto, ma lungo la stessa 'colonna': ed è anche questo che ci fa pensare a una risalita del magma", spiega a National Geographic Francesca Di Luccio, sismologa Ingv e coordinatrice del gruppo di ricerca insieme a Guido Ventura.

Nella zona del Sannio-Matese ci sono delle faglie già note ai ricercatori e "durante la sequenza alcuni eventi sono stati di origine tettonica, ma abbiamo dimostrato che quello più forte è stato causato da un'intrusione magmatica in profondità", continua Di Luccio.

Siamo abituati ad associare la presenza di magma ai vulcani. "Ma non è necessariamente così, potrebbe significare che in quell'area ci sono fluidi che risalgono dal mantello". Solo in quell'area o anche in altre parti dell'Appennino? La sismologa è cauta: "Al momento non abbiamo altre evidenze. In futuro vogliamo studiare altre aree della catena per capire se ci sono similitudini con il Sannio".

Alcuni indizi fanno pensare che il fenomeno possa interessare anche altre aree appenniniche: "La possibilità che possa risalire magma in queste catene non è una novità di per sé - spiega Emanuele Tondi, geologo e direttore sezione geologia dell'Università di Camerino - fa parte dei processi orogenetici. E nel Reatino ci sono testimonianze antiche del fatto che il magma, centinaia di migliaia di anni fa, sia già risalito in superficie". Secondo Tondi, "la ricerca presentata ieri è importante perché non era mai stato dimostrato che il magma potesse generare terremoti appenninici, tantomeno terremoti così forti: generalmente si pensa che un sisma di magnitudo 5 sia di origine tettonica, a prescindere dalla profondità. Mentre i terremoti di origine vulcanica sono quasi sempre di bassa magnitudo. Oggi sappiamo che non è necessariamente così".

http://www.nationalgeographic.it/ambiente/disastri-naturali/2018/01/10/news/ricerca_ingv_scopre_sismi_in_appennino_originati_dal_magma-3815536/

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