Tradizioni e orgoglio delle tribù africane dell'India



Asha Stuart ha realizzato un documentario su una realtà poco nota: la difficile vita della comunità Siddi, composta dai discendenti degli schiavi portati in India dall'Africa

La documentarista Asha Stuart stava attraversando una stazione dei bus nei pressi di Bangalore nel 2012 quando ha notato un uomo dall'aspetto africano.



Ha tentato di rivolgergli la parola, ma Stuart parla solo inglese e l'uomo capiva solo il Kannada, la lingua officiale del Karnataka.

"Capivo che era intrigato dalla mia comparsa", dice Stuart. "E io lo ero altrettanto".

Stuart, che è una afroamericana, ha voltuo capirne di più e ha svolto ricerche per individuare a quale comunità indiana poteva appartenere l'uomo che aveva incontrato e cercare di scoprire cosa lo avesse condotto in questa regione. L'indagine l'ha portata ai Siddi, un gruppo di indiani che secondo gli esperti sono discendenti delle tribù Bantu dell'Africa orientale.

"L'India è un paese con oltre un miliardo di persone e pertanto la sua diversità mi ha sempre interessato", aggiunge Stuart. "Una volta che ho scoperto l'esistenza di questa tribù afro-indiana ero molto interessata essendo io stessa un'afroamericana".

Stuart sostiene che le battaglie dei Siddi in India - alle prese con alti livelli di razzismo e mancanza di voce e visibilità - e il confronto con quelle degli afroamericani negli Usa l'hanno spinta a realizzare un documentario sulle loro vite.

La maggior parte dei Siddi furono portati in India come schiavi, prima dagli arabi e poi dai colonizzatori britannici e dai portoghesi. Una percentuale minore discende invece da mercenari e altri africani che sono emigrati per aproffitare del crescente benessere economico dell'India.

Una volta arrivati in India, gli schiavi furono costretti a lavorare per i colonizzatori, mentre i Siddi liberi trovavano impiego come guardie, musicisti e braccianti. Dopo averla praticata per secoli, l'India ha abolito la schiavitù a metà del XIX secolo rendendo quindi liberi tutti i Siddi. Impossibilitati a lasciare il paese, molti hanno dato vita a delle comunità autonome. Relegati alla casta degli "intoccabili", la più bassa nella gerarchia sociale indiana, hanno dovuto battersi per sopravvivere.

La maggiore concentrazione di Siddi vive nello Stato del Karnataka, nell'India meridionale. Il resto si è distribuito invece negli Stati di Goa, Gujarat e Maharashtra.

Ancora sottoposti a discriminazioni, attualmente gli appartenenti alla popolazione Siddi sono impiegati soprattutto come domestici e in campagna, sia nell'agricoltura che nell'allevamento, al servizio dei bramini, la casta più alta nel sistema di caste indiano. Alcuni hanno lasciato il paese per lavorare in Medioriente, ma quasi sempre tornano a casa dopo aver messo da parte un po' di soldi.

Malgrado viva in India da secoli, questa comunità conserva la sua eredità africana. Il governo indiano li considera una tribù in quanto sono un'etnia distinta e ciò permette loro di ricevere alcuni benefici da parte dell'amministrazione.

Secondo Stuart, sono ancora ben distinguibili sulla base delle tradizioni culturali che continuano a conservare, come musica, danze e cerimonie. Le loro performance musicali prevedono il largo ricorso alle percussioni e in particolare a quelle africane realizzate in bambù.

Il loro dialetto ricorre ancora a parole la cui origine si può far risalire ai linguaggi delle tribù africane dei Bantu.

"Le donne della comunità godono di un po' più di libertà rispetto a quanto accade in un tradizionale villaggio indiano", spiega Stuart.

Malgrado le difficoltà che devono affrontare, secondo Stuart i membri della comunità si sostengono l'un l'altro.

"Essendo emarginati, sono molto uniti", racconta. "Hanno molti eventi culturali e festival che sono specificatamente loro. E' così che riescono ad andare avanti. E' da qui, dal loro orgoglio e dal loro senso di comunità, che trovano la forza di resistere".

http://www.nationalgeographic.it/multimedia/2018/04/17/video/africani_in_india-3941029/1/

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