Per Antiche carte: l'Archivio di Stato di Milano


Tanti sono i tesori racchiusi negli angoli di Milano, nei suoi palazzi o nei suoi cortili ai più del tutto sconosciuti. Conservano tessere di storia dall’inestimabile valore, come Palazzo del Senato, sede dell'Archivio di Stato cittadino

Colonnato del piano superiore del secondo cortile del Palazzo del Senato, Milano. Foto di G. Dall'Orto, da Wikipedia

Ci sono città di evidente bellezza che si mostrano a tutti, e altre, più discrete, che amano essere scoperte. Milano appartiene a questa categoria, al punto che almeno all’inizio riesce difficile stabilire le ragioni del suo fascino antico. Tra i luoghi utili a comprendere quanto appena detto di certo dobbiamo prendere in considerazione l’Archivio di Stato di Milano, sesta tappa del nostro viaggio negli archivi italiani.

L’istituto nasce su impulso del cancelliere austriaco Kaunitz nel 1781, quando si decise un versamento di documenti fino allora conservati nel castello di porta Giovia nel complesso di San Fedele, ex Collegio dei Gesuiti, da dove, insieme ad altri archivi, fu definitivamente trasferito alla fine del XIX secolo, nel 1872, nel bellissimo Palazzo del Senato, ex Collegio Elvetico, in zona Turati.

L’Archivio di Milano conserva un patrimonio documentario dall’inestimabile valore che testimonia le vicende salienti della storia della città, della signoria Viscontea e del Ducato Sforzesco, della Lombardia spagnola prima e di quella austriaca poi, fino a giungere allo Stato unitario e all'età contemporanea.


Archivio di Stato di Milano, Museo Diplomatico. Atto notarile in corsiva longobarda datato 12 maggio 721 riguardo il “pagamento di mundio per il matrimonio di Anstruda con un servo”, in lingua latina. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

Si stima che il materiale attualmente custodito occupi circa 45 chilometri lineari di scaffali, per un totale di oltre 180.000 unità archivistiche (tra buste, volumi e registri), 150.000 pergamene, fra le quali il più antico documento pergamenaceo conservato negli Archivi di Stato italiani, datato 12 maggio 721, noto come "Cartola de accepto mundio", oltre 76000 mappe per la maggior parte catastali, tra queste spiccano quelle appartenenti al Catasto Teresiano.

La “Cartola” è un atto notarile scritto in latino su una pergamena di cm 25 x 48,5 che risale al Regno di Liutprando; nel documento, una giovane non ancora ventenne Anstruda (chiamata anche Anserada) figlia di Autareno, riceve da Sigirad e Arochis, fratelli, tre soldi d'oro, quale "mundio", per avere sposato un loro servo. L’istituto del mundio era, nell'antico diritto germanico, il potere domestico - assoluto e illimitato - esercitato dal capo della famiglia o del gruppo parentale, e il corrispondente dovere di protezione.


Archivio di Stato di Milano, Fondo Miniature e Cimeli, cart. 1, n°1: "Chartula pacti conventionis donationisque", frammento papiraceo ravennate, VI secolo d.C., in lingua latina. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

Tra gli altri fondi presenti nell’Archivio di Stato di Milano si segnalano quelli appartenenti agli Atti di governo e quelli del fondo Cimeli, dove sono stati collocati documenti di particolare valore o rappresentativi della storia di Milano. Tra questi, un frammento di papiro Ravennate (VI sec.), documenti in lingue orientali (dal 1472 al 1873), pergamene miniate, documenti dell’imperatore Carlo V, tra cui la famosa Bolla d'oro, il Codice Civile di Napoleone Bonaparte con apposta in calce la sua firma, un autografo scritto col sangue da Silvio Pellico del 1820.


ASMi, Diplomi e Dispacci Sovrani – Germania, Cart. 4, diploma imperiale in pergamena, Diploma di Carlo V (detto anche bolla d'oro), “Carlo V concede a Francesco II Sforza l’investitura del Ducato di Milano”, 30 ottobre 1524, “in oppido de Tordesillas” (ovvero “nella città di Tordesillas”), lingua latina. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

Meritano particolare attenzione alcuni documenti relativi a Leonardo da Vinci, che a Milano visse per circa 20 anni.
Tra questi segnaliamo il contratto per la realizzazione del celebre dipinto la Vergine delle Rocce che il Genio Toscano firmò, ad oggi unico caso riconosciuto (e unica sua firma autografa), il 25 aprile 1483 davanti al notaio Antonio de Capitani assieme ai fratelli Evangelista e Giovanni Ambrogio De Predis. “Io, Lionardo da Vinci, in qualità di testimone, come sopra sotto scrivo...” .

Nel documento sono descritti minuziosamente tempi e modalità di esecuzione dell'opera, compresi gli abiti dei personaggi e i colori da utilizzare. Nel contratto si stabilisce inoltre che l'opera debba essere ultimata l'8 dicembre dell'anno successivo (1484) per festa dell’Immacolata, per un compenso complessivo di 800 lire da pagarsi secondo modalità concordate.


Contratto per la Vergine delle Rocce, 1483 aprile 25, Milano. Commissione a Leonardo da Vinci e ai fratelli Evangelista e Gian Ambrogio de' Predis per la Vergine delle Rocce. Atto rogato dal notaio Antonio de Capitani. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

Desta curiosità anche la lettera scritta da Ludovico il Moro al suo segretario Marchesino Stanga, nella quale si parla di Leonardo da Vinci, del Cenacolo in Santa Maria delle Grazie e del ritardo nella consegna, cosa abbastanza usuale per il Maestro “Item de solicitare Leonardo fiorentino perché finischa l’opera del Refetorio delle Gratie principiata per attendere poy ad l’altra fazada d’esso Refetorio; et se faciano con luy li capituli sottoscripti de mane sua che lo obligano ad finirlo in quello tempo se convenerà con luy.” (Registro Missive 206bis)

Nella secolare storia del capoluogo lombardo non si può non parlare della dominazione spagnola del XVII secolo della quale, Alessandro Manzoni ci ha consegnato un’immagine vivida nella sua opera più famosa: I Promessi Sposi. Tra le carte custodite nell’Archivio di Stato di Milano è possibile imbattersi nei personaggi che popolano il romanzo; è il caso della monaca di Monza, o meglio Marianna de Leyva (chiamata suor Virginia Maria) e dell’amante Giovanni Paolo Osio (Egidio nel racconto).

Sfogliando le carte, è possibile ripercorrere, anche grazie al Catasto Teresiano, il luoghi frequentati dai protagonisti, come l’odierna sede del Comune, Palazzo Marino, nonché luogo di nascita di Marianna. Il monastero di Santa Margherita di Monza, dove la monaca viveva e dove avvenne lo scandalo che culminò con la nascita di due figli e l’assassinio del nobile, oltre alla condanna inflitta a suor Virginia a essere murata viva, su ordine del cardinal Borromeo.

Nel romanzo, celebri sono le pagine concernenti la terribile piaga della peste che devastò Milano nel 1630. Non è del tutto peregrino pensare che il Manzoni, per descrivere questo nefasto evento, abbia consultato o studiato le fredde liste contenute nei liber mortuorum del Magistrato di Sanità, sui quali venivano registrati i decessi giornalieri.


ASMi, Atti di Governo, Popolazione pa, b. 119, n. 1, 28 giugno 1630. Liber Mortuorium. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

I liber, conservati nella serie Atti di Governo, Popolazione parte antica, bb. 73-202 sono una fonte pressoché continua per il periodo 1451-1801 e rappresentano, malgrado alcune lacune, un eccezionale e, per certi versi, unico patrimonio di conoscenza per diverse discipline, a partire dalla demografia storica e dalla storia della medicina, questo grazie alla ricchezza delle informazioni biografiche e sanitarie relative ai deceduti.

Tra le diverse serie di grande valore meritano particolare attenzione i complessi documentali relativi alla dominazione austriaca, cominciata nel 1706, con l’entrata in città delle truppe imperiali e protrattasi, tranne brevi periodi fino alla seconda guerra d’indipendenza nel 1859. Possiamo dividere questo periodo in due: un prima e un dopo la Rivoluzione francese e l’esperienza napoleonica.

Al primo periodo appartengono i regni di Maria Teresa d’Austria e del figlio Giuseppe II, che più o meno corrispondono alla seconda metà del secolo XVIII. Di questi anni l’archivio ci restituisce l’immagine di una Milano in netta ripresa economica e sociale rispetto alla dominazione spagnola. Le riforme varate dall’imperatrice e dal figlio cambiarono radicalmente il volto della città. Basti pensare al già citato Catasto Teresiano, il nuovo sistema censuario inizialmente voluto da Carlo VI nel 1718, portato a termine da Maria Teresa ed entrato in vigore solo nel 1760.


Mappa del Comune Censuario di Verano Brianza nel 1721 (Subfondo Catasto teresiano. Mappe di attivazione). Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

La sovrana creò una magistratura incaricata di regolare tutta la materia, la cosiddetta “Giunta del censimento”. Furono inviate in ogni comune diverse squadre di geometri, agrimensori, architetti con il compito di misurare materialmente tutto il territorio dello stato, rilevando i confini di ogni comune e ogni particella agraria. Il risultato è impressionante e dallo straordinario valore perché, attraverso decine e decine di mappe e disegni, ci dà la possibilità di conoscere il volto reale di una città della quale oggi rimangono poche tracce visibili.

Ben diverso è il clima che si respira a Milano dopo la sconfitta di Napoleone e la Restaurazione, a partire dagli anni Venti del XIX secolo, nella città si comincia a circolare un forte sentimento antiasburgico che si manifesta attraverso la nascita di società segrete, come la famosa Carboneria. La serie Processi Politici, che copre un arco temporale che va dal 1814 a 1854, con alcuni documenti del 1803, ad esempio ci aiuta a comprendere gli accadimenti di quegli anni.

Il fondo in questione contiene le carte relative alle indagini di polizia, agli interrogatori e ai numerosi processi a cui furono sottoposti gli oppositori. E’ il caso della sentenza emessa dal Cesareo Regio Senato Lombardo Veneto del Supremo Tribunale di Giustizia contro la setta dei Carbonari del 16 febbraio 1822 con cui tra gli altri, furono condannati alla pena capitale poi commutata in carcere a vita per alto tradimento, Silvio Pellico e Pietro Maroncelli.


ASMi, Fondo Miniature e Cimeli, cartella 3, n° 14, cartaceo, “Biglietto scritto col proprio sangue da Silvio Pellico, e allegato al rapporto del custode agli arresti Angelo Calvi”, Milano 17 ottobre 1820. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

Del primo, come già detto all’inizio, l’Archivio conserva un biglietto scritto in carcere utilizzando il proprio sangue (Cimeli, cart. 3, documento 14, Pezzo XVIII), destinato all’amico Maroncelli, di cui l’Istituto custodisce, oltre ai verbali degli interrogatori, l’originale di un codice cifrato (una sorta di alfabeto utilizzato dai carbonari) che gli venne sequestrato dalla polizia, (Processi Politici, cart. 8).

Di straordinario interesse sono gli scritti provenienti dalle Cancellerie Austriache dove troviamo la conferma di quanto la polizia asburgica fosse in questo periodo capillarmente presente sul territorio milanese. Nel giro di pochi anni la città e il suo territorio furono avviluppati da una rete inestricabile di delatori, il cui numero aumentò di giorno in giorno grazie anche a discrete forme di remunerazione.

Dell’epopea risorgimentale oltre alla documentazione prodotta dalle diverse magistrature austriache, l’archivio di Milano conserva nel fondo Piccoli acquisti, doni, depositi, rivendicazioni diverse mappe che hanno per oggetto alcune delle grandi battaglie che portarono all’unità d’Italia.

La riproduzione dei piani fu realizzata da Martino Cellai, ufficiale ingegnere dell’esercito italiano, specializzato in topografia militare. Dopo il 1861 lo Stato Maggiore dell'esercito italiano incaricò l’ufficiale di effettuare uno studio analitico dei principali combattimenti nelle varie campagne del Risorgimento nel periodo dal 1848 al 1862. Gli esiti di questi studi furono raccolti in un'opera in quattro volumi dedicata ai Fasti militari della Guerra dell'Indipendenza d’Italia dal 1848 al 1862, pubblicata tra il 1863 e il 1868.

Troviamo così il piano e la disposizione degli schieramenti della battaglia di Custoza (1848), della battaglia di Palestro (1859) ma anche quello della battaglia sul fiume Cernaia del 16 agosto 1855, che ci riporta all’intervento del Regno di Sardegna nella guerra di Crimea e dunque all’esordio sulla scena internazionale di Cavour.

La storia di Milano è indissolubilmente legata alla musica e in modo particolare dell’opera lirica, che un notevole peso ebbe anche nelle vicende risorgimentali. In forza del loro stile e della qualità universale dei sentimenti che esprimono attraverso la musica, grandi compositori d’opera diventano in questo preciso momento storico dei simboli di lotta all’oppressione straniera.

La figura centrale di questo stretto rapporto è senza alcun dubbio quella di Giuseppe Verdi, sentito come “compositore nazionale” e risorgimentale per eccellenza, al punto che il suo nome veniva usato come acronimo per inneggiare segretamente a Vittorio Emanuele (“Viva Verdi”, ossia “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia”).

Di lui l’archivio conserva alcuni autografi tra i quali lo spartito di un Inno delle Nazioni, che gli fu commissionato nel 1862 in occasione della grande esposizione universale dedicata all'industria a Londra e che fu eseguito il 24 maggio, presso la Royal Opera House di Londra.


L’Inno delle Nazioni da Verdi a Toscanini. Inno delle nazioni. Testo di Arrigo Boito, musica di Giuseppe Verdi. Spartito a stampa per canto solista, coro e pianoforte. Milano, G. Ricordi & C [1862]. Numero di lastra: 34275. 26 p., 34 cm. Archivio di Stato di Milano, fondo Toscanini, serie Musica, b. 2, n. S 46. Fotografia per gentile concessione di Archivio di Stato di Milano

Tra le mura dell’ex Collegio Elvetico, troviamo inoltre una lettera del 1872, diretta probabilmente Cesare Correnti, Ministro della Pubblica Istruzione nella quale Verdi si dichiara onorato per essere stato nominato, da Sua Maestà il Re, “Grande Uffiziale dell’Ordine della Corona d’Italia.

Più in generale l’archivio conserva un’incredibile mole di documentazione che testimonia il rapporto privilegiato della città con la musica nelle diverse epoche. In questo senso di grande interesse è il fondo Toscanini, un insieme di materiali (musiche, lettere, fotografie e documenti vari) acquistati dalla Direzione Generale degli Archivi in due aste, svoltesi sul finire del 2012 a Londra (Sotheby’s) e a Milano (Bolaffi). La serie Musica consta di 172 fra manoscritti (molti dei quali autografi di Toscanini), libri a stampa e qualche altro materiale, inclusi tre dischi.

Come per gli altri archivi fino a qui descritti, anche quello di Milano è ospitato in uno degli edifici storici più importanti della città: il Palazzo del Senato, ex Collegio Elvetico.

L’isolato, compreso tra via Senato, via Marina, via Boschetti e via San Primo, situato tra l’antico Sestiere di Porta Orientale e quello di Porta Nuova era occupato sin dal XIII secolo da due case o monasteri degli Umiliati: il monastero femminile di Santa Maria detto di Vigevano e il monastero maschile di San Primo. La storia della trasformazione di quest’area inizia però il 27 settembre 1576 con il motu proprio di papa Gregorio XIII che istituisce il Collegio degli Elvezi e dei Grigioni, una nuova istituzione voluta da Carlo Borromeo per la formazione del clero che operava in Svizzera contro la crescente diffusione del protestantesimo.

La costruzione vera e propria dell’edificio prese avvio nel 1608, Durante il periodo cardinalizio di Federico Borromeo, cugino di Carlo. In questa prima fase furono coinvolti l'ingegnere Aurelio Trezzi, il capo mastro Cesare Arano già attivi in altre “fabbriche” della città in quel periodo e solo in un secondo momento (1613) l'architetto Fabio Mangone.

Il cortile, la parte architettonicamente più bella del complesso, è stato realizzato con uno stile molto severo e sobrio. Non sappiamo come e da chi sia sorta questa idea alla quale certo non fu estraneo il cardinale Borromeo, austero e raffinato conoscitore dell’arte classica. Chi ne trasse vantaggio fu il Mangone, che venne anche in seguito apprezzato come l’autore della migliore architettura classica di Milano tanto che Carlo Bianconi nella sua Nuova Guida di Milano del 1787, definirà il Collegio “una delle più belle, e corrette Fabbriche, rispetto all’interno, che vanti l’Italia”.

Morto il Mangone nel 1629, durante l’epidemia di peste di cui si è già parlato, subentra nel cantiere il Richini, nominato dal cardinale Federico Borromeo "architetto delle fabbriche ecclesiastiche". A lui dobbiamo l’originale soluzione ellittica della facciata, che alcuni hanno inteso come un’anticipazione del Borromini e del barocco a Milano.


Palazzo del Senato - 1608 - facciata di F.M.Ricchino con la scultura "Mere Ubu" donata nel 1973 dall'artista Joan Mirò - Milano. Fotografia di Stefano Stabile / @Wikimedia.org

Dopo la chiusura del Collegio Elvetico e il trasferimento dei chierici nel Seminario della Canonica nel 1786, l'edificio ebbe varie destinazioni d'uso. Dal 1786 al 1796 fu sede del Consiglio Governativo di Milano, e subì alcune modifiche secondo i progetti degli architetti Giuseppe Piermarini e Marcellino Segrè. Dopo il periodo napoleonico, in cui l’edificio fu destinato ad essere la sede del Gran Consiglio degli Juniori della Repubblica Cisalpina (1797 - 1802); poi del Ministero della Guerra della Repubblica Italiana (1802 - 1808); infine, del Senato del Regno d'Italia (1809); l’ex Collegio ospitò quindi il Comando Imperiale e la Cancelleria austriaca (1814 - 1816) e divenne poi il Palazzo della Contabilità di Stato (1816 - 1859). A seguito dell’unità d’Italia, dal 1865, iniziarono le pratiche per la trasformazione del palazzo in sede dell'Archivio di Stato di Milano, operazione che si concluse definitivamente negli anni Settanta.

di Gastone Saletnich
http://www.nationalgeographic.it/popoli-culture/2019/10/31/news/per_antiche_carte_vi_l_archivio_di_stato_di_milano-4600473/

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