Il futuro del circo è senza animali?



Secondo il primo rapporto LAV-CENSIS in Italia gli spettacoli tradizionali sono in crisi. Gli animalisti chiedono una riforma che metta a riposo tigri ed elefanti

Un numero di spettacoli che in cinque anni è calato dell’11 per cento, sempre meno spettatori sotto i tendoni e almeno duemila animali che vivono in condizioni non adatte a soddisfare i loro bisogni. Nel frattempo diventa evidente la preferenza del pubblico verso un “circo contemporaneo”, moderno, che ruoti intorno all’artista umano e non a spettacoli basati su felini, dromedari, ippopotami, ma anche pinguini, piranha, alligatori.

È il quadro di un settore, quello circense, come appare nel rapporto appena pubblicato dal CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali) su iniziativa della LAV (Lega Anti Vivisezione); all’orizzonte c’è la possibile approvazione della riforma sullo spettacolo dal vivo, contenuta nel disegno di legge 2287-bis, che vedrebbe la progressiva “dismissione” degli animali dai circhi.

I numeri del circo in Italia

Quello del circo italiano è un mondo complesso da raccontare con i dati e trovarli non è semplice, dicono gli esperti CENSIS. Anche solo capire quanti siano davvero i circhi è virtualmente impossibile: non esiste un registro nazionale “certificato” delle unità circensi, proprio come non c’è un’anagrafe nazionale degli animali che vengono utilizzati negli spettacoli. Secondo i dati SIAE, nel 2015 gli organizzatori di attività circensi in Italia erano 151, molti meno però gli associati all’Ente Nazionale Circhi (l’unica associazione di categoria) che nello stesso anno ne contava 43. Diventano 80 secondo il progetto “Censimento Circo Italia”, terminato nel 2016.

La gestione degli animali è altrettanto fluida e difficile da tracciare. In base al rapporto, gli ultimi dati consistenti sono quelli raccolti nel 2010 in una stima della stessa LAV, che contava 2000 animali tra i quali 50 elefanti, 160 tigri, 20 ippopotami e sei rinoceronti. Ma è probabile che oggi siano molti di più, anche perché la loro riproduzione in cattività non è controllata e i criteri che regolano la detenzione di animali nei giardini zoologici non si applicano a quegli stessi animali se fanno parte di un circo.

Fermi a una norma di 50 anni fa

In Italia l’universo circense è regolato da una norma ormai obsoleta, che risale al 1968 e ci affianca a una manciata di paesi dell’Unione Europea (come Francia, Germania, Lituania, Romania e Irlanda) che ancora non vietano né limitano in alcun modo l’impiego di animali nei circhi a livello nazionale.

Lo stesso mondo circense “sembra un sistema in sospeso, che quasi aspetta un cambiamento. Negli anni si sono praticamente azzerati i contributi dati ai circhi per le nuove attrezzature e le attrazioni, ma anche quelli per le tournée all’estero, particolarmente complesse per i circhi con animali, sono calati di oltre il 60%”, spiega Giorgio De Rita, segretario generale del CENSIS. “Dobbiamo ragionare su una tradizione che nel nostro paese è radicata, perché gli animali in passato hanno dato vita e forza al circo, ma ora si deve guardare avanti”.

Attraverso il FUS, il fondo unico per lo spettacolo in Italia, nel 2015 il contributo alle attività circensi è stato di circa tre milioni di euro e ha privilegiato la capacità progettuale. Un aspetto sul quale i circhi moderni puntano molto, mentre i circhi “tradizionali” con animali sembrano avere importanti mancanze che riducono la loro capacità di accedere ai contributi. Dal 2010 al 2015 i circhi contemporanei senza animali a beneficiare di questi fondi sono passati da uno a dieci, una crescita impressionante se si considera che nello stesso arco di tempo il 60% dei contributi totali è andato a soli 22 soggetti.

Verso un circo moderno?

Esempi positivi come il Cirque du Soleil, che senza impiegare animali ha conquistato una grandissima popolarità, dovrebbero essere la bussola per orientare i circhi tradizionali verso nuove forme di spettacolo e dire addio a un tipo di detenzione degli animali che è oggi inaccettabile. Pareri condivisi dalla FVE, la Federazione Europea dei Veterinari, e dalla FNOVI, la Federazione Nazionale Ordine Veterinari Italiani, secondo le quali la presenza di specie selvatiche nei circhi non ha benefici di alcun tipo, né educativi né economici: è impossibile garantire il loro benessere fisiologico, sociale ed etologico, anzi si promuove una visione obsoleta degli animali e si creano rischi non necessari anche per la salute umana. Non solo in termini di possibili aggressioni, ma anche della trasmissione di zoonosi.

Rinunciare agli animali ed evolversi verso nuovi format, sottolinea il CENSIS, per un circo è anche un enorme risparmio. La sola alimentazione di una tigre o di un ippopotamo costa quasi 6.000 euro l’anno, che diventano ben 16.000 per un elefante asiatico. Senza contare le spese per l’addestramento del personale e i controlli sanitari, anche quelli a carico dello Stato: all’ “attendamento” di un circo è infatti obbligatorio per legge condurre visite sanitarie che costano (secondo una stima LAV) circa 270 mila euro l’anno. Costi che potrebbero essere destinati alla riconversione delle strutture circensi e alla nuova collocazione degli animali in strutture consone.

Ma dove li mettiamo duemila (o più) animali, gran parte dei quali esotici e che richiedono spazi, infrastrutture e l’attenzione costante di personale con competenze veterinarie e tecniche adeguate? È senz’altro uno degli aspetti più complicati, ma non deve essere un freno al passaggio della riforma. Oltre ai fondi risparmiati dalle visite sanitarie appena menzionati, nel rapporto i ricercatori CENSIS identificano alcune risorse -come il FEASR, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale- dedicate alla salvaguardia della biodiversità, parte delle quali potrebbe essere destinata proprio a dare una nuova casa agli animali dei circhi.

“Le forme di circo contemporanee, senza animali, sono quelle che incontrano sempre di più il favore del pubblico, concentrandosi sul migliorare la qualità artistica degli spettacoli umani”, conclude Sergio Vistarini, ricercatore CENSIS tra i curatori dell’indagine. “Qualora la riforma non venisse approvata, speriamo che questa indagine aiuti comunque a migliorare la legislazione, dando il via a una fase di passaggio nella storia del circo italiano”.

http://www.nationalgeographic.it/italia/2017/02/23/news/il_futuro_del_circo_e_senza_animali_-3433799/

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